corriere.it, 19 maggio 2025
La battaglia degli sfalci: Milano a confronto con le capitali europee: come si comportano Bruxelles, Parigi, Berlino e Londra
Chi la traduce in incuria e chi la derubrica in strategia green: la pratica dello sfalcio ridotto divide i cittadini. Il Comune dallo scorso anno ha deciso di lasciare crescere l’erba in alcune zolle di terra urbane con l’intento di salvaguardare la biodiversità. Una scelta che l’amministrazione non solo ha confermato anche per quest’anno ma, alla luce dei risultati, ha raddoppiato anche le aree interessate dalla pratica.
Il team dell’università Bicocca ha rilevato un aumento della biodiversità di insetti nelle zone a sfalcio ridotto con picchi del 30 per cento rispetto a quelle in cui è stata tagliata con più frequenza. Nelle aree con maggiore ricchezza di fiori e specie, si arriva fino al 60 per cento. Alla luce dei dati Palazzo Marino ha deciso di raddoppiare, rispetto allo scorso anno, le zone dove l’erba sarà più alta, passando da 54 a 111 aree distribuite nei Municipi per circa 1,8 milioni di metri quadrati sui 19 di verde urbano gestiti direttamente dal Comune. «Le aree – spiega Palazzo Marino in una nota – sono state individuate secondo diversi criteri, in modo da non incidere sugli usi pubblici o sulla fruizione per il gioco, il relax, lo sport, riducendo anche l’effetto isole di calore». Dunque, l’erba continuerà ad essere tagliata nelle aree giochi e negli spazi destinati ai cani. La pratica dello sfalcio ridotto interessa, secondo quanto spiega l’amminstrazione comunale, per lo più le carreggiate stradali ad alto traffico o alcuni punti «nei parchi estensivi e attrezzati». Ad esempio, l’anno scorso nei Giardini Montanelli l’erba alta è stata mantenuta intorno a un platano.
La decisione dell’amministrazione però non mette d’accordo. Se per una parte dell’opposizione è «un risparmio sul verde», come spiega il consigliere leghista Samuele Piscina, per una parte dei cittadini si tratta di uno stato di incuria che non fa distinzioni tra periferia e centro. Nel Gallaratese, ad esempio, i residenti lamentano i ciuffi d’erba che trasbordano dai marciapiedi. Ai giardini Vergani, a Pagano, le «bionde praterie di forasacchi».
A Parigi le pecore nei prati
A Parigi l’erba alta nei parchi ha anche dimensione ideologica e politica: la sinistra della sindaca Anne Hidalgo moltiplica da tempo le iniziative che cercano di ridurre la distanza tra mondo urbano e rurale, tra le proteste e i dileggi della destra. Fattorie e orti urbani, apiculture sui tetti dei palazzi, cassette della frutta esibite nei ristoranti anche costosi fanno parte dello stile «campagna in città» promosso ormai da oltre 10 anni. Lasciare l’erba alta è la raccomandazione tecnica degli esperti del Jardin des Plantes (tra i più belli d’Europa), che sul sito ricordano come «evitare di tagliare i fiori a terra permette di diversificare le specie nel vostro giardino: vedrete presto comparire piante selvatiche che, lontane dall’intervento umano, crescono, fioriscono e mettono i semi». Ma questa impostazione trova la sua applicazione più spettacolare nel giardino dell’avenue de Breteuil, davanti al duomo degli Invalides: qui la rasatura del prato è affidata qualche volta ai tagliaerba, e più spesso a una decina di pecore dell’allevamento Ecomouton fatte arrivare dalla Bretagna da un’associazione di quartiere
Berlino, l’erba «brusca» fa estetica
L’erba alta, o l’erba brusca, fa parte dell’estetica di Berlino. Così come gli ampi spazi, il vuoto, gli Altbau (case d’epoca) con gli stucchi o la geometria modulare della Ddr, è l’essenza di quell’effetto ruvido e cool che ne ha fatto la città prescelta per almeno una generazione. Quella che nessuno ha raccontato meglio di Vincenzo Latronico (primo italiano nella cinquina del Booker Prize). L’erba è alta, in molti luoghi, perché i parchi sono immensi. Tiergarten, che arriva alla porta di Brandeburgo, ha le dimensioni della cerchia dei Navigli. Tempelhof, 3,3 chilometri quadrati, l’ex aeroporto di Hitler, è più grande ancora: da quando è stato aperto nel 2009, gli spazi laterali sono lasciati incolti, rasati una volta l’anno. L’ultimo nato, il Gleisdreick (in stile High line di New York, ma dieci volte più esteso) per statuto prevede una parte «selvaggia» e una parte dedicata al giardinaggio dei cittadini. La parola «sfalcio ridotto» non esiste nelle politiche ufficiali, solo perché qui si è sempre fatto così: i Verdi erano nel governo della città, la biodiversità un mantra dagli anni Novanta. Impossibile non immaginare Berlino un po’ incolta
Londra, sfonda il No mow May
Anche quest’anno sono numerosi i parchi londinesi che partecipano al «No mow May», il maggio senza falciatura: è un’iniziativa lanciata da Plantlife, ente di beneficenza per la conservazione delle piante selvatiche che dal 2023 gestisce 24 riserve naturali in tutto il Regno Unito e di cui è patrono re Carlo III. L’obiettivo è evitare di falciare l’erba durante questo mese in certe zone dei parchi per consentire alle piante selvatiche di crescere liberamente e offrire nutrimento a specie impollinatrici come api e farfalle. Un modo per incrementare la biodiversità e sostenere la fauna locale creando habitat naturali: ma c’è anche una finalità «didattica»: incoraggiare pratiche di giardinaggio «gentili» nei giardini di casa, la cui cura ossessiva è una specie di religione nazionale degli inglesi. La circoscrizione di Londra più entusiasta a aderire al No mow May è quella di Westminster, che gestisce i parchi del centro: qui hanno cominciato a lasciare l’erba libera di crescere, in zone dedicate, fino a metà aprile e per tutto giugno, ospitando 600 specie di flora e fauna
A Bruxelles mezza città è verde
Basta un raggio di sole perché i parchi e i giardini di Bruxelles si popolino di famiglie con bambini e cani, ragazzi che ascoltano la musica, runner (anche sotto la pioggia). A pochi passi dalle istituzioni europee ci sono il Parco del Cinquantenario e Parc Léopold. Il più antico è il Parco Reale, più centrale. E poi c’è il Bois de la Cambre, versione brussellese del parigino Bois de Boulogne. L’elenco potrebbe continuare a lungo. La capitale d’Europa è ricca di verde, circa il 52 per cento del territorio di Bruxelles è coperto da vegetazione: giardini e tenute private, boschi e foreste, parchi e giardini pubblici, campi sportivi e ricreativi, spazi seminaturali, terreni incolti, terreni agricoli, orti, linee ferroviarie (alberi di allineamento, banchine e rotatorie erbose, terrapieni). Per il verde pubblico, dopo una valutazione dei siti, dell’uso e dei vincoli associati, viene scelto il metodo di gestione: un prato può essere diviso in due, una per le attività ricreative e una a sfalcio ridotto per proteggere la biodiversità. C’è talmente tanto verde che le diverse opzioni non vanno in conflitto