la Repubblica, 19 maggio 2025
“A Cannes papà pianse per il mio successo”
Lo sguardo socchiuso e sornione di Benicio Del Toro brilla di eccitazione. «Wes Anderson m’ha fatto un gran regalo», il ruolo di Zsa-Zsa Korda eccentrico magnate dai loschi traffici al centro diLa trama fenicia,stiloso girotondo in gara a Cannes e in sala con Universal il 28. La Croisette ha segnato momenti importanti per la carriera del divo di origine portoricana, tra cui il Prix da migliore attore per aver incarnato il suo mito, Che Guevara, nel 2008. Oggi, 58 anni, nella conversazione c’è molta leggerezza in più.
Ricordi a Cannes?
«Ogni volta qui è stata potente. La prima trent’anni fa, I soliti sospetti.Non era in concorso, ma fu davvero intenso, tipo: “Wow, guarda questo mondo di film”. Non solo americani ma da tutto il mondo. Dicono che in Francia ci siano due sport, il calcio e il cinema. A Cannes senti che è così. E poi sono tornato con Paura e delirio a Las Vegas ma il ricordo più forte è per il Che, con mio padre nella sala del Grand théâtre Lumière. Quando ho deciso di fare l’attore, lui non era proprio a favore ma quella volta eccolo lì, a guardare con gli occhi lucidi la sala piena che applaude».
Essere nel mondo di Anderson?
«Straordinario. I film di Wes sono un’esperienza unica, sono fatti a mano. Niente effetti speciali, è un cinema che puoi ancora toccare».
Zsa-Zsa è un “cattivo” buffo.
«L’ho affrontato con verità, affinché facesse ridere. Vivi il momento e, se è divertente, rideranno. È un ruolo pazzesco, qualsiasi attore vorrebbe un ruolo così, ben scritto, anche nel rapporto con la figlia. Le sequenze oniriche (il nostro, a intermittenza, incontra Dio in Paradiso, ndr.) aiutano: è come avere uno psicanalista che ti dice dove si trova il personaggio emotivamente. È come se potessi analizzarlo in quel momento della storia, con tutti quei sogni, importanti per il suo arco emotivo».
È vero che si è un po’ ispirato a Dino De Laurentiis?
«Sì, un po’. Anche se non l’ho mai incontrato. Ma potrebbe esserci anche un po’ di Fellini. Abbiamoparlato, con Wes, di8½, perché c’è qualcosa di simile, quella ricerca di emozioni infantili. In questo film l’infanzia di Korda non la vediamo, ma lui ne parla e questo ci spiega chi è, da dove arriva quel senso di competitività che ti assilla fin da ragazzo: “Vediamo chi batte chi”. La competitività può essere anche pericolosa, rischia di annullare la tua capacità di empatia, d’amore».
Di fronte a questo mogul dal passato discutibile è facile pensare a miliardari alla Bezos o Musk. Nel film c’è spazio per la redenzione del personaggio, ma nella vita reale?
«Non lo so. Ma devi crederci, che ci sia speranza, redenzione. Alcune persone non cambieranno, il bene in loro si è spento. Ma io credo più nel fatto che ci sia del buono, devi sperare. Il mio personaggio si evolve, migliora, alla fine diventa persino ottimista. Tutti possiamo cambiare: io non sono la stessa persona che ero trent’anni fa».
Ha detto che era più cinico a vent’anni rispetto ad ora.
«Quando ero adolescente non credevo in nulla, non ne avevo bisogno, mi sentivo immortale. Il mio personaggio inizia a cambiare quando sfiora la morte, lì scatta qualcosa, è l’inizio della sua redenzione. Si rende conto che tutto potrebbe finire. Con l’età, inizi a guardare la vita in modo diverso e oggi sono più vicino alla fine. Non puoi restare la stessa persona. In realtà ci sono aspetti di me che sono gli stessi di quando avevo sei anni, ma non sono più quello che ero a diciotto. La vita mi ha regalato tante esperienze, mi ha cambiato ma resta un’essenza. E credo e spero che il cambiamento – e non sono io a dover giudicare, o forse dovrei esserlo – sia per il meglio».
Il suo momento più difficile?
«Quando ho perso mia madre. Avevo 9 anni. L’oscurità. Noi siamo la somma delle nostre esperienze, degli alti e bassi, dei momenti felici, tristi, stupidi. Forse anche una somma di cose successe prima che nascessimo. La mia madrina, che mi è stata vicina dopo la morte di mia madre, diceva: “Ti conosco da prima che tu nascessi”. Già. Penso a quella frase e dico: era saggia. Me lo disse quando avevo ventun anni, mi entrò da un orecchio e uscì dall’altro. Ma è rimasta nella mia testa e ora capisco esattamente cosa volesse dire. Ringrazio Dio di avermela mandata».
Da cattolico che cosa ricorda di papa Francesco e cosa pensa di Leone?
«Ho letto una cosa che Francesco scrisse quando era in ospedale. Celebrava tutti coloro – infermieri, dottori – che lavorano negli ospedali. E celebrava ciò che le persone vivono in un ospedale, dove esce fuori la verità. Quella lettera è una delle ultime cose che ha scritto. È incredibile. Non ha nulla a che vedere con la religione o la politica, ma con la gentilezza umana. Sul nuovo Papa non so molto. Vedremo. Che sia americano è interessante, sa?».