il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2025
Par condicio boomerang: così silenzia i 5 referendum nei talk
Partita con le migliori intenzioni, la legge sulla par condicio rischia di ostacolare l’informazione sui referendum dell’8 e 9 giugno. Se i promotori denunciano la volontà dei conduttori vicini al governo di oscurare i quesiti sul Jobs Act e quello sulla cittadinanza, dall’altra c’è un problema pratico: la delibera Agcom che regola tg e talk show è un groviglio di 30 pagine piuttosto astratte, difficili da mettere in pratica.
Non è un caso che le lamentele dei promotori – Più Europa e la Cgil – siano identiche a quelle del 2022, in occasione dei referendum sulla giustizia voluti da Lega e Radicali italiani. Matteo Salvini parlò di “quesiti oscurati”, Roberto Calderoli si spinse allo sciopero della fame.
Ma cosa impone la par condicio? Le linee guida Agcom prevedono che “quando vengono trattate questioni relative ai temi oggetto dei 5 referendum, le posizioni dei diversi soggetti politici impegnati a favore o contro ciascun quesito devono essere rappresentate in modo corretto e obiettivo” e “deve essere garantita la presenza equilibrata e il contraddittorio tra i soggetti favorevoli o contrari a ciascun quesito”.
Primo problema: la delibera Agcom distingue tra sostenitori del Sì e sostenitori del No, ma è noto che nei referendum abrogativi la sfida sia tra i favorevoli e chi punta al mancato quorum. Non i contrari, dunque, che pure esistono (Matteo Renzi ha dichiarato che voterà no ai quesiti sul Jobs Act), ma i sostenitori dell’astensione, come il presidente del Senato Ignazio La Russa. In questo contesto diventa difficile distinguere le categorie con l’accetta. A maggior ragione in partiti, come il Pd, dove esponenti di rilievo hanno offerto un kamasutra referendario che prevede, per esempio, di ritirare solo due schede (cittadinanza e subappalti). Anche solo parlare in tv dei referendum, però, potrebbe portare acqua al mulino del quorum. Senza dimenticare la linea sottile su cui si muovono “direttori, conduttori, giornalisti e registi”, che devono “attenersi a un comportamento corretto e imparziale, tale da non influenzare, anche in modo surrettizio e allusivo, le libere scelte degli elettori”.
Un groviglio che manda in confusione i talk. Lo conferma Luca Sommi, al timone di Accordi&Disaccordi sul Nove: “È una par condicio all’italiana, è molto difficile applicarla. Confrontandomi con Loft (la casa di produzione del programma, ndr), ci siamo detti che è impossibile parlare del referendum senza correre il rischio di sanzioni”. Non è solo questione di bilancino: “Il principio è giusto, ma la messa in pratica è difficile e credo che in molti abbiano problemi. Ci vorrebbe il timer: 1 minuto e 15 per il Sì e 1 minuto e 15 per il No, ma in ogni caso non copri tutte le posizioni in campo”.
Sulla complessità della faccenda concorda Paolo Del Debbio, giornalista Mediaset conduttore di 4 di Sera e Dritto e Rovescio. “La delibera dell’Agcom è complessa e le posizioni in campo sono diverse e trasversali, non combaciano perfettamente con la contrapposizione destra-sinistra o maggioranza-opposizione, all’interno di partiti e coalizioni ci sono posizioni e sfumature diverse. Un ginepraio”, osserva Del Debbio. “Oltretutto quando in tv si parla di referendum, specie quelli così tecnici, lo share cala a picco, rischi di fare il 2%. Ricordo una puntata sul referendum di Renzi dove facemmo il 3%…”, aggiunge il conduttore. Nicola Porro ha le stesse preoccupazioni, ma per rispettare la par condicio su Rete 4 ha un suo metodo. “Io dividerò i 4 quesiti economici, compreso quello sui subappalti, da quello sulla cittadinanza e, quando ne tratterò, metterò a confronto chi è per il Sì e chi è per il No, includendo tra questi anche chi invita a non votare”, spiega il giornalista. Secondo cui “sarebbe divertente avere in trasmissione un confronto tra due esponenti del Pd pro e contro il Job Act, ma non credo che accetterebbero…”.
Intanto i dati dell’Agcom e dell’Osservatorio di Pavia parlano chiaro. Secondo Agcom, la Rai tra tg e talk ha parlato di referendum per uno 0,62% del tempo, mentre Mediaset per lo 0,45%. Quasi niente. Dai dati dell’Osservatorio di Pavia sulla Rai si evince inoltre che a trattare dei quesiti sono stati, molto poco, solo i tg mentre quasi nulla, fino al 15 maggio, è la copertura dei programmi, con la sola eccezione di qualche raro passaggio a Porta a Porta, Il cavallo e la torre, Agorà e Tg3 Linea Notte.