il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2025
Affitti brevi giù, ma salgono i transitori: residenti fregati
Calano, dopo anni – salvo l’eccezionale parentesi Covid – gli affitti turistici, in questo inizio di 2025. Un po’ per la “strettina” del governo, che ha aumentato i costi e introdotto il codice identificativo nazionale, un po’ perché il numero, in alcune città, è diventato nel 2024 talmente alto da superare l’offerta, costringendo a un ribasso. Ma per chi nelle città vuole viverci, c’è poco da festeggiare: la quota di mercato che torna agli affitti tradizionali va per buona parte sugli affitti “transitori”, che ai residenti sono preclusi, e che così tradizionali non sono, essendo stati istituiti nel 1998 per situazioni particolari: ma ormai nelle grandi città costituiscono quasi la metà della (molto limitata) offerta di affitti.
Il trend era visibile da anni ma ha assunto dimensioni macroscopiche tra la fine del 2024 e il 2025, tanto che le principali piattaforme immobiliari – per cui, per forza di cose, la raccolta dati si mischia al marketing – snocciolano numeri netti, in riferimento alle offerte sui loro portali. Secondo Immobiliare.it, tra il 2019 e 2024 le offerte di “transitori” sono aumentate del 199%. Idealista, pochi giorni fa, ha parlato di un +40% annuo (+101% a Napoli, +87% a Milano e +70% a Roma), che si mangia quasi totalmente le case che tornano sul mercato residenziale. I dati dell’Agenzia delle Entrate purtroppo in questi casi aiutano poco, riferendosi solo al periodo 2016-2022 e agli affitti con durata fino a un anno: ma i “transitori” possono durare per legge fino a 18 mesi. In ogni caso, in quegli anni, e solo per contratti fino a 365 giorni, la crescita era stata del 26%, mentre tutte le altre tipologie di affitto residenziale calavano: un trend che, tutte le evidenze suggeriscono, ha accelerato nei due anni successivi.
Questo mentre decrescono, come detto, gli affitti brevi, nonostante il governo abbia scelto di non mettere limiti, solo maggiori adempimenti. Aigab, l’associazione dei gestori di affitti brevi, parla di un calo dell’11%, un po’ più contenuto nelle grandi città.
I motivi? Vari. Tra gli altri un aumento della burocrazia, che rende sempre meno artigianale il lavoro di locatore, la crescita della tassazione, l’obbligo di check-in in presenza (valido da sempre, ma sistematicamente disatteso in questi decenni e ribadito nel novembre 2024 con una circolare del ministero dell’Interno). Per chi gestisce il suo appartamento da remoto, una bella differenza nei costi di gestione. Ma c’è anche una questione di domanda: a migliaia hanno aperto locazioni brevi in vista del Giubileo che, stando agli annunci istituzionali, prometteva un raddoppio dei turisti. Non è andata così: nel primo trimestre 2025 c’è anzi un lieve calo e i proprietari sono costrette ad abbassare i prezzi. Conti in tasca, per tanti il gioco non vale la candela: un discorso che vale soprattutto per che si affida a un’agenzia (20-30% del prezzo della stanza), dopo essersi affidato Booking e Airbnb (un altro 20%).
In questo contesto il boom dei transitori non stupisce Filippo Celata, professore di geografia economica urbana alla Sapienza: “Dovunque, dove calano gli affitti brevi, spopolano gli affitti medi, a volte come conseguenza diretta delle limitazioni”. In Italia si faticava a vedere perché, a differenza dell’Europa, regole stringenti per limitare gli affitti brevi in questo decennio non se ne sono viste, e questi hanno quindi segnato il punto record nel 2024. I motivi per cui si cerca il transitorio sono simili a quelli per cui si cerca l’affitto breve: maggiori garanzie per i proprietari di rientrare in possesso della casa, l’idea che meno l’inquilino mette radici, meno ci sia il rischio di spiacevoli permanenze indebite, maggiore redditività. E l’esistenza di nuove piattaforme che, sulla falsa riga di Airbnb, fanno da intermediario.
Ora convengono, rispetto ai brevi, pure come tassazione. La domanda c’è, tra studenti e lavoratori che devono o possono spostarsi. Ma tanti di quelli che affittano “a tempo” sono in realtà persone che un affitto normale lo vorrebbero, ma non lo trovano più. “Un fondo di garanzia per i proprietari in caso di morosità può essere utile, già esiste in alcune città, ma tanti non lo conoscono nemmeno. Il mercato immobiliare e del lavoro è cambiato e servirebbe un intervento complessivo, non polarizzato tra affitto breve e lungo, e che tenga conto del disagio sociale esistente”, conclude Celata. Lo stesso impianto legislativo, solo italiano, del “transitorio” che vieta di offrire quell’affitto a un residente, si rivela oggi problematico.
Pure Airbnb non crede più nella crescita infinita degli affitti brevi. A livello globale ha annunciato già due anni fa un passaggio agli alloggi medi (da 30 giorni a un anno, i transitori italiani), anche per superare i regolamenti di diverse città, come New York, contro gli affitti brevi, e sta allargando il suo business all’intera esperienza turistica.
Nella piccola Italia trovare casa è sempre più difficile, con offerte che restano online per poche ore (il 16% per meno di un giorno, ha stimato Idealista, ma di norma la casa è già “aggiudicata” quando viene rimossa dal portale) e non solo nelle grandi città. Coabitare per molti, ormai, non è una scelta. Immobiliare.it ha confrontato il reddito medio di una persona con i costi dei bilocali nelle diverse città (circa il 30% dovrebbe essere speso per l’affitto, per un’economia sana) e si nota che a Firenze un “single” (o comunque una persona che deve pagare un affitto da solo) in media deve spendere più del doppio dei 530 euro di budget “sostenibile”, a Milano il 79% in più. E dopo il Giubileo, che con la promessa di manna turistica ha contribuito a rarefare le case e alzare gli affitti, ora alle porte ci sono le Olimpiadi: l’effetto su Milano e soprattutto sui comuni olimpici più piccoli già si vede, con aumenti degli affitti di oltre il 100% in pochi anni.
“Con questi eventi si cerca di rimandare la crisi di un’economia che è sempre più povera, ma è spesa pubblica che finisce ad alimentare sempre il solito meccanismo della rendita”, nota Sarah Gainsforth, autrice di L’Italia senza casa (Laterza 2025): “Dovremmo leggere insieme i bassi salari e l’aumento della cultura della rendita, è un circolo vizioso, servono politiche multisettoriali. E invece non accade”.