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 2025  maggio 19 Lunedì calendario

Sempre meno donne ai vertici delle grandi partecipate pubbliche

Tre donne spazzate via dalla presidenza di tre grandi società pubbliche in un colpo solo. È accaduto nei giorni scorsi, quando le assemblee degli azionisti hanno rinnovato i cda di Snam, Italgas e Autostrade per l’Italia, tutte società controllate dalla Cassa depositi e prestiti. Al loro posto tutti uomini: Monica de Virgiliis è stata sostituita alla presidenza di Snam da Alessandro Zehentner, già candidato di FdI trombato alle elezioni 2018 e 2022, Benedetta Navarra sbalzata di sella da Italgas a favore di Paolo Ciocca, Elisabetta Oliveri sostituita in Aspi da Antonino Turicchi.
Erano state nominate dal governo Draghi tre anni fa. Il ricambio, a prescindere dai meriti, rientra nello spoil system che il governo Meloni ha attuato in maniera sistematica, senza fare prigionieri. Potremmo dire nulla di nuovo in una prassi discutibile, ma emerge una contraddizione tra la riduzione delle poltrone di vertice attribuite alle donne e quanto aveva affermato la premier Giorgia Meloni: “La sfida non è quante donne siedono in un consiglio di amministrazione, la sfida è quando avremo il primo amministratore delegato di una società partecipata statale donna. È uno degli obiettivi che mi do”, aveva detto il 7 marzo 2023.
Poche settimane dopo la premier ha fatto nominare Giuseppina Di Foggia, capo di Nokia Italia, una microsocietà, Ad di Terna, l’azienda che gestisce la rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica. Di Foggia è amica di Arianna Meloni, la sorella della premier che guida Fdi. Una scelta basata sull’amichettismo. Qui, però, approfondiamo un altro argomento, il peso delle donne nelle cariche di vertice delle società pubbliche, cronicamente inferiore a quello degli uomini in tutte le aziende, anche quelle private. Meloni si è detta soddisfatta delle (sue) scelte per Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna, perché “per la prima volta nella storia delle grandi aziende quotate e partecipate dallo Stato abbiamo una donna amministratore delegato”. Non è proprio così: una donna era già stata alla guida di una società pubblica quotata, Roberta Neri è stata Ad di Enav (traffico aereo) dal 2015 al 2020, nominata dal governo di Matteo Renzi e confermata nel 2017 da Paolo Gentiloni. Se si comprendono anche le non quotate, risale al luglio 1981 (quando Giorgia aveva 4 anni) il primo caso in cui una donna è diventata Ad di una grande azienda pubblica, Marisa Bellisario all’Italtel, con l’appoggio del Psi di Bettino Craxi.
Quello che Meloni non ha detto è che nel complesso, calcolando anche i presidenti, che contano meno dell’Ad ma sono importanti, con le nomine del suo governo il peso delle quote rosa nelle maggiori società pubbliche si è ridotto. Già nello stesso giro di nomine del 2023 alla presidenza dell’Eni la giurista Lucia Calvosa, che era stata nominata dal governo di Giuseppe Conte nel 2020, è stata sostituita da Giuseppe Zafarana, ex comandante della Guardia di finanza. E alla presidenza di Terna Valentina Bosetti, docente della Bocconi in carica dal 2020, è stata sostituita dal leghista Igor De Biasio.
La rivoluzione rosa era stata avviata dal governo Renzi. Nell’aprile 2014 il suo governo ha nominato quattro donne presidenti delle cinque maggiori società pubbliche: l’ex presidente della Confindustria Emma Marcegaglia all’Eni, Patrizia Grieco all’Enel, Luisa Todini a Poste, Catia Bastioli a Terna. Solo a Leonardo un vertice tutto al maschile. L’anno successivo il governo Renzi ha nominato Roberta Neri Ad di Enav e Gioia Ghezzi presidente di Ferrovie dello Stato. Sei donne al vertice di sette grandi società. La situazione è rimasta sostanzialmente identica con le nomine fatte da Gentiloni nel 2017, con il cambio alle Poste tra Maria Bianca Farina e Todini.
Con i due governi Conte tra il 2018 e il 2020 ci sono stati cambiamenti, le donne hanno mantenuto cinque presidenze nelle principali otto società: Eni, Poste, Enav, Terna, oltre a Mps, entrata nell’orbita statale, con Patrizia Grieco presidente nel 2020, uscita dall’Enel per far posto a Michele Crisostomo. Un passo indietro invece alle Ferrovie, dove nel 2018 il leghista Gianluigi Castelli ha sostituito Gioia Ghezzi. Leonardo sempre tutta al maschile.
Con Draghi la presenza femminile nelle grandi società pubbliche si è estesa a nove presidenze su 11, mettendo nel conto anche Italgas, Snam e Aspi. E alla presidenza di Ferrovie è tornata una donna, Nicoletta Giadrossi. Il governo Meloni l’anno scorso l’ha sostituita con Tommaso Tanzilli. Dopo le nomine di questo governo, nelle stesse grandi 11 società pubbliche sono solo tre le donne al vertice: Silvia Rovere presidente di Poste, Alessandra Bruni presidente di Enav, Giuseppina Di Foggia Ad di Terna, che ha peraltro un compenso record per una donna nelle società pubbliche: 2,88 milioni lordi nel 2024, rispetto ai 500mila di una presidenza importante come Eni o Enel.