il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2025
Ecco l’Eldorado del nichel: morti, veleni e affari tra Parigi e Pechino
Mentre Emmanuel Macron si prepara a partire per l’Indonesia, con l’intenzione di costruire “l’economia del futuro” nel settore dei “metalli critici”, un’inchiesta di Mediapart, realizzata insieme al giornale indonesiano Narasi e al settimanale tedesco Der Freitag, rivela che la direzione della miniera indonesiana di Weda Bay Nickel (WBN), di cui è co-proprietario il gruppo minerario francese Eramet, insabbia da anni incidenti gravi, anche mortali, mai dichiarati, e contaminazioni dei corsi d’acqua, e falsifica i dati ambientali legati alla sua attività. Uno scandalo che ora viene a galla grazie ad alcuni dipendenti della WBN che hanno lanciato l’allerta.
Tsingshan (57%) ed Eramet (43%)
Nel 2017, il colosso dell’acciaio cinese Tsingshan (57%) ed Eramet (43%) sono diventati azionisti di Strand Minerals Indonesia, che possiede il 90% di Weda Bay Nickel, la società responsabile della gestione della miniera. Il restante 10% è detenuto da una società statale indonesiana. L’entrata di Tsingshan nel capitale ha portato alla rapida espansione della concessione mineraria di WBN, di 45.000 ettari, e alla creazione di una zona industriale per la raffinazione del nichel, il parco IWIP, interamente di proprietà del gruppo cinese. L’arrivo sull’isola di circa 50.000 nuovi lavoratori del settore, ha praticamente raddoppiato la popolazione locale, rendendo irriconoscibile la regione. Nel giro di pochi anni, l’Indonesia è diventata il primo produttore mondiale di nichel, indispensabile per la produzione di veicoli elettrici, con il 55% della produzione globale nel 2023. Dalle loro partecipazioni in WBN, Eramet e Tsingshan hanno generato nel 2024 un reddito netto rispettivo di 166 milioni di euro e 220 milioni di euro. Ma questa corsa al nichel, un’opportunità economica per alcuni, ha un impatto distruttivo per altri. Tra questi c’è Adlun Fikri, un abitante del villaggio di Sagea: “Qui, se non usi una mascherina protettiva a due strati, i polmoni si riempiono di polvere in cinque minuti”, dice. Abdallah, di Lelilef, un villaggio vicino alla miniera WBN sull’isola di Halmahera, fa notare: “Prima il fiume diventava torbido solo dopo le forti piogge. Da quando la produzione mineraria è stata intensificata, lo è sempre”. Secondo le informazioni che abbiamo potuto raccogliere, i colossali profitti della WBN sono stati realizzati a spese delle popolazioni locali e degli ecosistemi da cui dipendono. Il tutto tramite un vasto sistema di “frodi” organizzato dalla direzione della miniera”. Eramet viene presa per i fondelli dai cinesi”, osserva Maï (nome di fantasia), che ha lavorato in subappalto per WBN. Secondo Maï, la politica dirigenziale è orientata esclusivamente a fare gli interessi dei cinesi, ai danni dell’azionista francese. Al punto che dei dirigenti di WBN sono inviati a lavorare in miniere esterne al portafoglio di Eramet, come la miniera cinese “Position”. “Qui le condizioni di lavoro e di sicurezza per i lavoratori cinesi e indonesiani sono deplorevoli. Alcuni vivono in più di dieci in una capanna dormendo nella stessa stanza. In caso di incidente, si rivolgono alle autorità indossando una divisa diversa per non fare incriminare la WBN”. Su questo sito, “gli incidenti gravi vengono sistematicamente nascosti al gruppo Eramet”, aggiunge. Diversi decessi e incidenti non sono mai stati segnalati. All’inizio dell’anno, la morte di un lavoratore è stata taciuta non solo dal gruppo, ma anche dagli stessi dipendenti: “Una persona è stata investita da un camion. Quando il personale lo ha scoperto, è stato rispettato un minuto di silenzio. Ma la direzione non ha dato nessuna spiegazione sulle modalità dell’incidente né sono state discusse nuove misure di sicurezza”. Il fatto è stato confermato a Mediapart da altri due dipendenti. La direzione della miniera ha dichiarato che il decesso è avvenuto al di fuori della concessione, per evitare di doverlo denunciare. Secondo Maï, le cose sono andate peggiorando dall’arrivo di Tsingshan: “Alcuni dipendenti cinesi lavorano ventiquattro settimane di fila con solo due settimane di riposo”.
Disboscamento selvaggio
Maï è tuttavia convinta che a Eramet venga “nascosta la verità”. Quando i responsabili del gruppo visitano il sito sono “raramente accompagnati da un traduttore”. “I fatti descritti sono estremamente gravi”, ha dichiarato Eramet a Mediapart, precisando di non essere a conoscenza del recente incidente mortale e assicurando che verranno rafforzate le misure di controllo. Secondo Henrik (anche questo è un nome di fantasia), ex dipendente di Eramet, WBN nasconde anche l’impatto della miniera sull’ambiente: “Le misure della qualità dell’aria e dell’acqua vengono falsificate. WBN sta disboscando ben al di là della concessione assegnata per legge – ha osservato Henrik -. Sei dipendenti di Eramet hanno denunciato la situazione alla sede centrale di Parigi”. Eramet ha confermato di aver ricevuto diverse segnalazioni e di aver avviato “un’indagine interna”. La multinazionale assicura di essere trasparente sui rischi ambientali: “Siamo pienamente consapevoli che la lavorazione delle risorse minerarie ha un impatto sull’ambiente e deve quindi essere fatta in modo responsabile”, assicura. Durante un’operazione di estrazione mineraria, gli elementi tossici naturalmente presenti nel sottosuolo tornano in superficie con i sedimenti estratti, noti come roccia di scarto. Se non vengono gestiti correttamente, diversi metalli pesanti, gas e particelle fini contenute in questa roccia di scarto possono contaminare i fiumi circostanti. Nel 2021 un rapporto delle autorità indonesiane ha del resto constatato il problema. Ma Eramet sostiene di aver implementato un “sistema di gestione” per “limitare i solidi sospesi nelle acque di deflusso”, in linea con gli standard indonesiani. Uno studio del settembre 2024, portato avanti dall’Università di Khairun, ha concluso tuttavia che WBN dovrebbe sviluppare nuovi “bacini di sedimenti” e isolare i suoi siti di rifiuti B3, classificati come pericolosi e tossici. Lo studio ha rilevato che quindici fiumi erano contaminati da metalli pesanti (cromo 6, piombo e mercurio) e cianuro, a causa delle attività minerarie. Per Henrik, la persistenza di questi problemi è dovuta alle “continue bugie” di WBN: “Tutto viene falsificato o insabbiato”. Sulla base di dati forniti da un ex subappaltatore di WBN, Mediapart ha potuto rilevare valori di solidi sospesi nei sedimenti fino a 12,6 volte superiori a quelli dichiarati dalla miniera nei rapporti settimanali inviati al gruppo Eramet. Tre ex dipendenti di WBN hanno confermato l’esistenza di una vera e propria “logica di dissimulazione” nella miniera. Le segnalazioni alla sede centrale di Eramet hanno scatenato il panico alla WBN: “I server sono diventati inaccessibili e i nostri computer di lavoro e personali sono stati temporaneamente sequestrati”. Due dirigenti, il direttore e la vicedirettore della miniera, che era stata promossa di recente a questa funzione, sono incriminati nello scandalo.
Pagano i pesci piccoli
Di recente Eramet ha dichiarato a Mediapart di essere solo un “azionista di minoranza”, senza alcun “ruolo decisionale” nella gestione della miniera. L’argomento non convince. Un ex dipendente di Eramet conferma che due manager chiamati in causa nello scandalo hanno lavorato per diverse filiali di Eramet dal 2018. Per Klervi Le Guenic, dell’associazione francese Canopée, che da anni mette in guardia sulla deforestazione causata da WBN, Eramet “si rifugia costantemente dietro questo argomento. Ma poi, nelle sue comunicazioni, si presenta con orgoglio come co-azionista, spiegando che questa miniera è un pilastro della sua strategia”. Callum Russell, della ONG Survival International, denuncia anche “il rischio di genocidio delle tribù indigene isolate”.
Pochi giorni prima della pubblicazione di questa inchiesta, Eramet ci ha informato che i due dirigenti di WBN sono stati licenziati: “Un’indagine interna ha rivelato che le procedure implementate e gestite dall’azienda non garantivano al 100% la trasparenza e l’integrità di alcuni dati consolidati da PT Weda Bay Nickel”, afferma Eramet. Il gruppo precisa che “è previsto un audit indipendente a partire dal 2026”.