ilmessaggero.it, 19 maggio 2025
Garlasco, la Twin Peaks Italiana: quando la realtà supera la finzione
L’hanno ribattezzata la Twin Peaks di Garlasco, ma se la riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi dovesse portare a una verità giudiziaria diversa da quella accertata con la sentenza di condanna definitiva di Alberto Stasi, la realtà – come sempre più spesso capita – supererebbe la finzione. E a quel punto bisognerebbe rallegrarsi per una giustizia capace di ravvedersi a 18 anni da un delitto efferato, o disperarsi per una giustizia che tiene in carcere un innocente per 10 anni? La risposta è sospesa, al pari degli esiti delle perizie che dovranno comparare il dna trovato sotto le unghie della vittima. Intanto ci spinge ad affacciarsi con una certa inquietudine sul precipizio di questa vicenda, nera come la perdita di una giovane vita, gialla come il mistero che si riapre in continuazione. E possiamo solo immaginare il dolore della famiglia Poggi, che vede rimessa in discussione l’unica chance di consolazione, la certezza di una sentenza.
Il finale aperto
Come in un gioco di specchi, o in una trama kafkiana, vediamo rimbalzare la verità da una parte all’altra, e non è mai dove crediamo di averla fissata. Si direbbe, scomodando Ungaretti, che è come d’autunno sugli alberi le foglie. Il finale è aperto: la procura ha deciso di interrogare simultaneamente i tre protagonisti: Alberto Stasi, che sta scontando in regime di semilibertà la condanna a 16 anni per l’omicidio di quella che era la sua fidanzata; Andrea Sempio, il vecchio-nuovo indagato; e Marco Poggi, fratello di Chiara, testimone di ciò che accadeva nella villetta di Garlasco, nella provincia lombarda un po’ placida, un po’ viziata, forse annoiata, adesso macchiata da un sospetto terribile. E cioè di aver coperto i veri responsabili di un delitto per tanto tempo, in una congiura del silenzio, lasciando che un innocente pagasse per qualcosa che non ha fatto. Ma non v’è certezza nemmeno di questo, camminiamo su un terreno malfermo e insidioso, quello delle congetture, sul filo del cosiddetto tritacarne giudiziario e mediatico.
Comunque si concluderà l’inchiesta bis (o ter, ne abbiamo perso il conto) sarà un dramma. In un caso, semmai la nuove piste dovessero dimostrarsi inconsistenti, ci saranno esistenze stravolte, segnate da una ribalta che avrebbero evitato. Nell’altro caso, saremmo testimoni di uno degli errori giudiziari più clamorosi della storia italiana e di una giovane vita – quella di Stasi – bruciata dal pregiudizio. Non sappiamo quali carte abbia in mano la procura di Pavia, e il triplice interrogatorio contestuale servirà ad evitare fughe di notizie, a non concedere vantaggi nell’eterna lotta tra la luce e le ombre. Ma immaginiamo che chi ha in mano quelle carte conosca la posta in gioco: una giustizia che si scredita per riabilitarsi.