Corriere della Sera, 18 maggio 2025
Le tensioni Roma-Parigi. Così si è allargato il solco con l’Eliseo. L’opposizione accusa.
È difficile se non impossibile dire chi abbia iniziato. Di sicuro dispetti, incomprensioni e persino provocazioni, pubbliche e private, sono diventate una sorta di collezione. Sul filo diretto fra Eliseo e Palazzo Chigi, in entrambi i sensi di marcia, sia Giorgia Meloni che Emmanuel Macron hanno offerto ora ai propri elettori, ora ai propri staff, una serie di gesti, omissioni, parole, punzecchiature, sino al picco di Tirana, la polemica diretta ed esplicita, sicuramente il punto più acuto.
Fra i colleghi che seguono Palazzo Chigi la chiamano la sindrome Macron: è ormai tale il livello di idiosincrasia che spesso ogni domanda rivolta alle autorità italiane, anche se non riguarda la Francia, ottiene una risposta che alla fine va a stigmatizzare un comportamento o un atto politico del presidente francese. Ma all’Eliseo non sono da meno: registrano e annotano con perizia certosina ogni minuscola e persino irrilevante sbavatura della diplomazia italiana, per poi poterla stigmatizzare.
E pensare che il rapporto fra i due, dopo mesi iniziali di incomprensioni, era in qualche modo avviato a diventare meno ruvido e più fluido: la visita all’Eliseo di Meloni, le chiacchierate in hotel a notte fonda, a Bruxelles, sembravano sino all’anno scorso raccontare un rapporto politico diventato normale, fatto di intese e competizioni, com’è normale che sia, ma più che accettabile dal punto di vista personale.
Con l’ingresso sulla scena di Trump, con la nascita della coalizione dei Volenterosi, dalla quale Meloni ha preso le distanze, il solco fra i due leader si è di nuovo allargato. Sino alla punta di due giorni fa, quando Macron ha accusato la premier italiana di diffondere fake news. A proposito delle riunioni, più o meno ristrette, che vertono sul ruolo degli europei nei confronti di Kiev e dei negoziati.
Meloni ha rivendicato una coerenza, non dover essere presente alla riunioni dove comunque si discute di un’iniziativa che prevede anche truppe sul terreno, cosa che Roma ha deciso di scartare. Ma l’opposizione continua ad attaccarla. Il dem Francesco Boccia, ad esempio, parla di «Italia umiliata» e accusa la premier di «inventarsi bugie». Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ribatte che «non siamo isolati», anche se un pizzico di isolamento sembra lo stia sperimentando anche l’azione della Farnesina, nelle ultime settimane. Ma sarebbe strano il contrario, di fronte a un’iniziativa ome quella dei Volenterosi che la premier ha giudicato in modo critico.
Ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, ha detto che «non si capisce bene cosa sia questo format ristretto dei Volenterosi e la sua utilità», quello che a Tirana ha visto Germania, Gran Bretagna, Polonia e Francia discutere da soli. E poi chiamare al telefono Trump. Per Fazzolari, sembra che si tratti di qualcosa che fa guadagnare a qualcuno «un po’ di forzata visibilità» ma «mina l’unità dell’Occidente». E siamo di nuovo alle stoccate, pan per focaccia rispetto alle parole di Macron. È chiaro che il merito e le scelte di ciascun governo scolorano di fronte a questo registro, per questo il ministro Guido Crosetto dice che «Macron potrebbe risparmiarsi le battute». Non si tratta certo di una crisi diplomatica, ma nemmeno di un cosa normale fra due Stati che condividono molteplici interessi.