La Stampa, 18 maggio 2025
Un invito da Trump alla call con i leader Nato così la premier ora cerca di rientrare in gioco
Ammorbidire e ammansire, ma mai negare. E, soprattutto, ripartire da Donald Trump e J.D.Vance, tarando la propria comunicazione su un obiettivo inattaccabile: «tenere unito l’Occidente».
Poche ore dopo l’esclusione dal vertice della Coalizione dei Volenterosi a Tirana, Giorgia Meloni prova a rimettere in carreggiata una politica estera terremotata dallo scontro con il presidente francese Emmanuel Macron. Pur incassando una smentita plateale anche da Friedrich Merz circa l’ipotetica discussione sull’invio di truppe in Ucraina, la premier spinge nel dimenticatoio le ultime riunioni del format franco-britannico. Palesando in qualche modo di aver subito il contraccolpo della feroce replica macroniana (il francese, intanto, ieri abbracciava felice Matteo Renzi), Meloni cerca di ridimensionare e superare quanto accaduto.
Per farlo, però, le carte nelle sue mani paiono essere tutte a stelle e strisce. Il faccia a faccia che oggi avrà con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il vicepresidente statunitense volato di nuovo a Roma per l’intronizzazione di Papa Leone XIV, a Palazzo Chigi è vissuto come l’occasione per dimostrare che l’Italia è intenzionata a recitare un ruolo di rilievo, in primis rispetto al dossier dazi ma non solo. Un obiettivo per cui, ora, la premier scommette anche sulla sua inclusione da parte dell’amico Trump alla call di aggiornamento con i leader Nato che il presidente americano ha già annunciato per domani, subito dopo le telefonate che ha in mente di indirizzare a Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin.
Il tentativo meloniano di smaltire le scorie di Tirana, giova dell’agenda ricca di bilaterali di ieri. Nell’ufficio della premier sfilano in poche ore il presidente libanese Michel Aoun, il primo ministro canadese Mark Carney e – appunto – il cancelliere tedesco Merz. Quest’ultimo, in particolare, sembra offrire qualche sponda alla premier. Nelle dichiarazioni congiunte alla stampa, e poi durante la successiva cena di lavoro, Meloni marca infatti vicinanze ed obiettivi comuni con Berlino, nel tentativo di dimostrare che lo storico asse franco-tedesco non è l’unico esistente. Una logica della contrapposizione che beneficia del nuovo corso del governo Merz, pressato dall’ascesa dei neonazisti dell’Afd. Sul no al Green deal, ad esempio, o sul rilancio del settore automotive o sulla condanna delle ultime azioni di Israele. Ma anche sulle azioni congiunte da intraprendere per garantire la competitività delle aziende europee e il futuro del mercato unico. E pazienza se, a Palazzo Chigi, davanti a Meloni, Merz ringrazia due suoi predecessori come Enrico Letta e Mario Draghi.
Il cardine della rinnovata vicinanza con la Germania, è però rappresentato dall’immigrazione. Punto, questo, su cui la presidente del Consiglio può muoversi con meno accortezze. La sostanziale inclusione di Merz all’interno del format ristretto dei Paesi “like-minded” messo in piedi da Meloni a margine degli ultimi Consigli europei, ha infatti tutta l’aria di una frecciata a Macron, escluso dal formato. Una stilettata più sottile del «basta personalismi» scandito da Meloni davanti alle telecamere. Anche se, forse, un minimo discordante dato che finisce con il mettere in discussione le parole del suo braccio destro Giovanbattista Fazzolari che, al mattino, ha messo nel mirino proprio il ricorso del francese a dei gruppi ristretti di lavoro. La vicinanza con il Cancelliere, d’altro canto, non offre la copertura totale che la presidente del Consiglio vorrebbe. In pubblico, mentre Meloni prende appunti e si morde le guance con un minimo di nervosismo, Merz ribadisce come oggi «non sia in corso alcuna discussione sull’invio di truppe in Ucraina». Una smentita secca di quanto sostenuto a Tirana da Palazzo Chigi. La premier però tiene botta, e rimodula la reazione «prendendo atto» del cambiamento e dicendosi nuovamente disponibile a partecipare ad iniziative di questo tipo. Svestiti i panni del bastian contrario macroniano, in pratica, Meloni prova a reindossare quelli della statista, rimettendosi in gioco: «Mi pare abbastanza chiaro che tenere unito l’Occidente, senza escludere nessuno e consentendo a tutti di esprimere il proprio punto di vista, è la priorità dell’Italia».