Corriere della Sera, 17 maggio 2025
Fiamme nell’ex base Raf, tre morti. La lunga ombra dei sabotaggi russi
Una spessa coltre di mistero avvolge gli incendi di varia natura che sono divampati in Gran Bretagna nel corso della scorsa settimana. L’ultimo, di proporzioni devastanti, ha colpito una ex base della Raf, l’aviazione militare britannica, situata a Bicester, nei pressi di Oxford: tre persone, fra cui due pompieri, sono morte, mentre altri due vigili del fuoco sono in ospedale in condizioni critiche.
Il sito ospita attualmente svariate aziende attive nel campo dell’aviazione e della motorizzazione: il rogo si è acceso nel tardo pomeriggio di giovedì e solo ieri mattina è stato domato, con un’operazione che ha visto l’intervento di decine di mezzi dei pompieri, auto della polizia e ambulanze. I testimoni hanno raccontato di aver udito diverse esplosioni, prima come fuochi d’artificio, poi più forti, infine come un tuono: detriti cadevano dal cielo e agli abitanti della zona è stato raccomandato di chiudersi in casa.
Non una parola è stata detta sulle possibili cause dell’incendio e l’inchiesta aperta non è al momento di tipo criminale, anche se la polizia si riserva un riesame in base alle prove che emergeranno. Il primo ministro Keir Starmer ha parlato di «notizie devastanti».
E proprio il capo del governo è stato invece il bersaglio di tre attacchi incendiari, per i quali è stato arrestato e incriminato un ucraino di 21 anni, Roman Lavrynovych. Il primo episodio è avvenuto giovedì della scorsa settimana, quando un’automobile che era appartenuta fino all’anno scorso a Starmer è stata data alle fiamme mentre era parcheggiata per strada; poi, nella notte fra sabato e domenica, c’è stato un tentativo di appiccare il fuoco a una abitazione che era appartenuta al premier negli anni ’90; infine, nelle prime ore di lunedì, è stata incendiata la porta della casa di famiglia di Starmer a Kentish Town, quartiere nord di Londra, che è attualmente data in affitto a sua cognata.
Sulla sequenza di attacchi sta indagando l’antiterrorismo e gli investigatori non hanno escluso legami con «attori stranieri». Lo stesso Starmer ha denunciato l’accaduto come un «assalto alla democrazia».
I precedenti
La storia ricorda casi avvenuti in molti Paesi, dalla Germania fino a Polonia e Lituania
La storia si specchia – in attesa di sviluppi – con quanto è avvenuto da oltre un anno in numerosi Paesi europei. Con uno schema diventato come una firma. Ripetitivo, «economico» perché a pagare sono gli «spendibili». Elementi usa e getta, pescati in un vasto mare di persone «in offerta», pronti a collaborare in cambio di denaro.
I tedeschi hanno appena arrestato due ucraini e un terzo è stato consegnato dagli svizzeri, un fermo permesso dalla soffiata di un’intelligence amica. Hanno spedito dei pacchi con Gps per testare i movimenti di merci e cose dal territorio tedesco verso l’Ucraina. Una prova in vista di possibili sabotaggi contro spedizioni di materiale bellico. Il modus operandi si è sviluppato su un asse costituito da tre punti: un referente in Russia, un facilitatore in Europa occidentale e poi la manovalanza. La vicenda ha subito ricordato le esplosioni a bordo di jet Dhl avvenute a Lipsia e Birmingham nell’estate di un anno fa: attentati attribuiti ai russi.
I polacchi, a loro volta, hanno messo le mani su un altro ucraino, un simpatizzante della causa del Cremlino agganciato attraverso un intermediario. Aveva ricevuto istruzioni su come appiccare un incendio e per questo aveva condotto delle ricognizioni in un centro commerciale. Se avesse concluso il «lavoro» avrebbe incassato 4 mila euro. Lo hanno però arrestato prima che potesse combinare altri guai. Pesanti. Come quelli provocati dalle fiamme che hanno distrutto un mercato coperto a Varsavia ancora nell’estate del 2024: attentato – ha accusato il governo polacco – ispirato da Mosca e per il quale sono finite in prigione diverse persone. Un sabotaggio non diverso aveva devastato un magazzino dell’Ikea in Lituania. Chi erano i colpevoli? Ancora due ucraini pilotati dal Gru, il servizio militare russo.
Quasi ogni Paese Nato ha prodotto informazioni sulla «guerra ibrida» varata dal Cremlino. Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Alleanza ha espulso decine di diplomatici russi sospettati di essere delle spie e ciò ha privato l’avversario di molti «occhi e orecchie». Un gap colmato con personale meno esperto, pedine «amatoriali», stranieri. Sorprendente il caso del gruppo bulgaro appena condannato da un tribunale britannico e «ispirato» dall’uomo d’affari austriaco Jan Marsalek, un agente responsabile di una clamorosa infiltrazione nella sicurezza. Una volta piazzate le talpe, è scappato in Russia.