repubblica.it, 17 maggio 2025
Brexit, Starmer cede sulla mobilità giovanile: gli under 30 europei potranno lavorare e studiare
Keir Starmer ha ceduto. E molti giovani europei, e dunque anche italiani, saranno contenti. Per la prima volta, il premier britannico ha detto sì alla mobilità giovanile tra under 30 di Regno Unito e Unione Europea, nell’ambito dei negoziati tra i due blocchi prima del grande vertice di lunedì a Londra. Ossia il primo vero summit tra Uk e Ue per il “reset” dopo la Brexit, per quello che sarà un (forte) riavvicinamento dei britannici all’Unione.
Il primo ministro britannico lo ha confermato in una intervista al Times: “Abbiamo una linea rossa chiara nel nostro programma di governo: niente ritorno alla libertà di movimento”, ossia uno dei pilastri del mercato unico europeo, cui Londra faceva parte prima di dire addio all’Ue. Tuttavia, continua Starmer, “la mobilità giovanile non è libertà di movimento. Abbiamo già altri programmi di questo tipo”, facendo riferimento ad accordi del Regno con l’Australia e altri Paesi che permettono ai giovani degli stati coinvolti di studiare e lavorare liberamente per un certo periodo di tempo.
Starmer non ha fornito altri dettagli, che saranno annunciati lunedì. Ma secondo fonti diplomatiche a Repubblica, Regno Unito e Unione Europea porranno le basi su una mobilità giovanile di due anni per i maggiorenni under 30 dei due blocchi. Che dunque potranno studiare e lavorare in Uk o Ue senza un vero visto lavorativo, e per un periodo di tempo massimo di due anni. Attenzione, con limiti chiari: i giovani europei e britannici non potranno decidere autonomamente di trasferirsi dall’altra parte della Manica, perché andrà richiesto un permesso speciale alle autorità competenti (le modalità saranno pubblicate nelle prossime settimane). Molto probabilmente, non si avrà accesso al welfare dello Stato dove ci si trasferisce temporaneamente. E ci saranno delle quote massime di giovani che potranno usufruire di questa speciale mobilità, come il Regno Unito fa per esempio proprio con l’Australia. La ratio dovrebbe essere di uno a uno: ossia, per esempio, un giovane europeo nel Regno Unito in cambio di uno britannico in Ue.
Ma soprattutto, stiamo parlando di uno schema diverso rispetto alla dura stretta sui migranti decisa da Starmer a inizio settimana. Che, tra le altre cose, sbatterà le porte in faccia a tutti gli stranieri che non hanno già una laurea e non hanno già un livello di lingua inglese alto, come invece, soprattutto prima della Brexit, facevano molti giovanissimi italiani per accumulare esperienza lavorativa, studiare e imparare la lingua. In questo caso, si tratta della concessione di visti lavorativi tradizionali, che permettono agli stranieri di trasferirsi e provare anche a stabilirsi definitivamente nel Regno. La mobilità giovanile, invece, concederà a europei (e dunque anche italiani) di studiare e lavorare liberamente per un massimo di due anni, al termine dei quali però dovranno tornare nel loro Paese, senza poter richiedere di restare sul ruolo britannico (o europeo). Se volessero tornare, dovrebbero richiedere un visto lavorativo e iniziare un nuovo iter burocratico.
In ogni caso, si tratta di un passo significativo compiuto da Starmer, visto che lui e il suo governo negli ultimi mesi sono stati decisamente riluttanti ad accettare la mobilità giovanile richiesta dalla Ue, per paura di non offrire un altro assist a Nigel Farage: il leader della destra che, con il suo partito Reform Uk e con la sua retorica anti-migranti, sta dominando i sondaggi. Farage ha trionfato alle elezioni amministrative di due settimane fa in Inghilterra, e dunque gli europei temevano che Starmer indietreggiasse nuovamente sulla mobilità giovanile, cui è stata a lungo contraria la ministra dell’Interno Yvette Cooper che deve tagliare gli altissimi numeri dell’immigrazione regolare (oltre a quella illegale).
Invece, non è successo, per la felicità degli europei. Che però vorrebbero anche il ritorno dell’Erasmus e la possibilità, per gli under 30 cui sarà concessa la mobilità giovanile, di pagare le stesse rette universitarie ridotte, come capita oggi solo agli autoctoni e come era la norma per gli europei prima della Brexit. Si tratterebbe di un grande vantaggio per i cittadini dell’Ue perché pagherebbero un massimo di circa 10mila sterline all’anno invece di 40-50mila. Ma su questo punto Starmer molto difficilmente cederà, anche perché molti atenei britannici sono sull’orlo della bancarotta, e possono sopravvivere soltanto con le rette degli studenti stranieri.
Un sondaggio YouGov per il Times suggerisce un ampio sostegno popolare al piano di “reset” di Starmer con l’Unione Europea. Più del 70 per cento dei britannici è favorevole a un programma di mobilità giovanile, mentre il 17 per cento si dichiara contrario. Inoltre, quasi la metà (46 per cento) ritiene che la Gran Bretagna sia “troppo distante” dall’Ue, mentre il 12 per cento pensa che sia troppo vicina. Ma lo stesso sondaggio ha anche rilevato che la popolarità personale di Starmer è al livello più basso mai registrato, con un calo particolarmente marcato tra gli elettori laburisti. La percentuale di britannici di centro-sinistra con un’opinione favorevole del primo ministro è scesa dal 62 al 45 per cento in un solo mese. È la prima volta che Starmer registra un indice di approvazione netto negativo tra i sostenitori del suo partito.
Nel resto dell’intervista al Times, Starmer ha dichiarato che l’accordo tra Regno Unito e Unione Europea, che sarà annunciato lunedì a Lancaster House a Londra, rappresenterà un “momento davvero significativo”, aggiungendo che gli effetti si faranno sentire “nelle tasche dei lavoratori”, presupponendo dunque anche un possibile accordo commerciale, oltre a quello su Difesa e Sicurezza che al momento sembra l’altra intesa certa che verrà annunciata nella capitale britannica. “Su tutti i fronti, per le nostre imprese e per i nostri lavoratori, questa è davvero un’opportunità importante per far progredire il nostro Paese,” ha continuato Sir Keir, “nessuno vuole riaprire il dibattito degli ultimi nove anni sulla Brexit. Penso che ciò che più preoccupa le persone sia il proprio benessere e prospettive, e sarà proprio questo il primo vero banco di prova di questo accordo”.