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 2025  maggio 17 Sabato calendario

Le silenziose sanzioni di Mosca colpiscono le auto cinesi: a picco l’export verso la Russia

Auto da una parte, gas dall’altra. L’amicizia tra Cina e Russia è sempre più profonda, eppure ha ancora dei limiti. Non solo sul fronte militare, dove comunque i due Paesi promettono di rafforzare ulteriormente la cooperazione, ma anche su quello commerciale. Negli ultimi anni, la Cina ha conquistato una posizione dominante nel mercato automobilistico russo, approfittando del vuoto lasciato dalle case automobilistiche occidentali dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022. Tuttavia, nel 2025, Mosca ha silenziosamente introdotto una serie di misure protezionistiche per rallentare l’afflusso di veicoli cinesi, sollevando qualche interrogativo sul futuro spazio strategico nel mercato russo per uno dei comparti cruciali delle cosiddette “nuove forze produttive” di Xi Jinping.
Negli anni scorsi, dopo il ritiro delle case automobilistiche occidentali, i produttori cinesi come Chery, Geely e Great Wall Motors hanno rapidamente colmato il vuoto nel mercato russo. Nel 2024, le esportazioni cinesi verso la Russia hanno raggiunto 1,16 milioni di unità, rappresentando circa il 30% delle esportazioni totali di veicoli cinesi e conquistando una quota di mercato del 63% in Russia. Ma di recente è cambiato qualcosa. Preoccupata per la crescente dipendenza dalle importazioni cinesi e per la crisi dell’industria automobilistica nazionale, la Russia ha introdotto diverse misure per limitare l’afflusso di veicoli stranieri. A partire dall’aumento delle tasse di riciclaggio, più che raddoppiate da gennaio 2025 per la maggior parte delle auto passeggeri importate, portandole a 7.500 dollari. Queste tasse sono destinate ad aumentare del 10-20% ogni anno fino al 2030. Le autorità russe hanno bloccato la vendita di alcuni modelli cinesi per presunte violazioni della sicurezza e hanno annunciato controlli più rigorosi sugli standard di conformità dei veicoli importati. Dal 2024, la Russia richiede inoltre il pagamento completo di dazi, IVA e tasse di consumo per i veicoli spediti dalla Cina attraverso paesi dell’Asia centrale, chiudendo le rotte di importazione indirette.
Le nuove misure hanno avuto un impatto immediato sulle esportazioni cinesi verso la Russia. Nel primo trimestre del 2025, le spedizioni sono crollate del 44% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo calo riflette sia l’effetto delle nuove tasse che una saturazione del mercato dovuta a precedenti eccessi di importazione. Secondo il media finanziario Caixin, tra gennaio e marzo 2025 la Cina ha esportato in Russia solo 99.000 veicoli. Un cambiamento drastico rispetto al 2024, quando la Russia era diventata il primo mercato di esportazione per le auto cinesi, con 1,16 milioni di unità vendute, in aumento del 27% su base annua.
Gli analisti spiegano che la Russia continua a volere auto cinesi,ma desidera che siano prodotte localmente. Il governo russo sta in effetti cercando di incentivare i produttori cinesi a stabilire impianti di produzione locali, offrendo la possibilità di compensare le tasse di riciclaggio attraverso accordi di investimento speciale (SPIC). Tuttavia, le trattative sono complicate dalla resistenza dei produttori russi, come AvtoVAZ, che temono una concorrenza ancora più agguerrita.
Dall’altra parte, la Cina fa qualche resistenza sul fronte energetico. Durante la recente visita di Xi in Russia, il presidente cinese non ha concesso a Vladimir Putin un obiettivo prioritario: il via libera definitivo al famigerato gasdotto Forza della Siberia 2. Annunciato in pompa magna da oltre tre anni, il progetto non è mai partito. Il Cremlino continua a spingere e alla vigilia il dossier era stato indicato in agenda. Ma Xi continua a temporeggiare, in attesa del summit di giugno con le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, dove potrebbe accelerare su progetti alternativi (o complementari) con Kazakistan e Turkmenistan.