Avvenire, 17 maggio 2025
Il buco nell’ozono ha 40 anni Ed è quasi scomparso
Ormai non se ne parla quasi più. Ma il buco dell’ozono, la cui scoperta risale ormai a 40 anni fa è quasi completamente sparito. E non solo dai dibattiti dell’opinione pubblica ma anche e in parte da quelli scientifici. A 40 anni dalla sua scoperta, il team scientifico lo ricorda però con orgoglio: era il 16 maggio 1985 quando quel “buco” venne scoperto studiando dati e mappe. Una scoperta che, con la pubblicazione su Nature, ha cambiato il corso della storia. Sono stati loro, gli scienziati del British Antarctic Survey (Bas) – Joe Farman, Brian Gardiner e Jon Shanklin – ad aver identificato una riduzione significativa dello strato di ozono sopra l’Antartide: non un vero e proprio “buco” – anche se in realtà poi è passato come tale nell’immaginario collettivo, innescando paure e preoccupazioni globali per la salute degli uomini e del pianeta. «Quando lo abbiamo notato per la prima volta – ricorda Jon Shanklin, che ancora oggi continua a collaborare con la Base antartica britannica (Bas) Abbiamo controllato e ricontrollato tutti i dati. Ma alla fine ci siamo resi conto che stavamo assistendo a qualcosa di importante e potenzialmente allarmante.
Pubblicando le nostre scoperte su Nature 40 anni fa, non avremmo potuto prevedere la risposta globale che ne sarebbe seguita». La scoperta scientifica ha portato, nel 1987, alla firma del Protocollo di Montréal, un accordo con l’obiettivo di ridurre gradualmente i Clorofluorocarburi (Cfc), conosciuti anche come Freon all’epoca largamente utilizzati in refrigerazione, aerosol, schiume e solventi. I Cfc oggi sono ampiamente vietati a causa, appunto, del loro elevato potenziale di riduzione dello strato di ozono. Il protocollo di Montreal è riuscito, nel tempo, a congelare la produzione e l’uso delle sostanze nocive. Oggi rappresenta uno dei trattati ambientali internazionali di maggior successo mai attuati.
«Questo 40° anniversario ci ricorda il profondo impatto che la scoperta scientifica può avere sulla politica globale e sul benessere dell’uomo – aggiunge Dominic Hodgson, direttore scientifico della base britannica – La scoperta del buco dell’ozono è stata una delle più importanti scoperte ambientali del 20° secolo e dimostra come scienza, informazione e cooperazione internazionale possano affrontare le minacce su scala planetaria».
Un’analisi del 2015 di Deloitte ha rivelato come senza la tempestiva scoperta di Farman, Gardiner e Shanklin, il Protocollo di Montreal avrebbe potuto essere ritardato fino a dieci anni, peggiorando l’impatto della riduzione dell’ozono sul pianeta e naturalmente sulla vita dell’uomo.
Impedendo alle radiazioni UV dannose di raggiungere la superficie della Terra, l’accordo di Montreal ha salvato migliaia di vite.