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 2025  maggio 17 Sabato calendario

Cittadinanza, ci sperano in 1 milione e 420mila. È il reddito a ostacolarli

Quanti sono i beneficiari della riforma della cittadinanza, qualora il referendum dell’8 e 9 giugno raggiunga il quorum e approvi la riduzione da 10 a 5 anni del tempo di residenza continuativa utile a ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione? A questa domanda ha cercato di rispondere il Centro studi e ricerche Idos con la prima stima scientifica realizzata sull’argomento, facendo emergere come il diritto di cittadinanza per naturalizzazione sia «un diritto limitato di fatto attraverso una discriminazione indiretta basata sul censo».
Con ordine, se dovessero vincere i Sì al referendum sulla cittadinanza, la quota più probabile di potenziali beneficiari della riforma sarebbe costituita da 1 milione e 420mila cittadini non comunitari, pari a oltre 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia. Tra loro, gli adulti sarebbero 1 milione e 136mila, tutti titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, e i minori sarebbero 284mila, dei quali 229mila soggiornanti di lunga durata e 55mila che, pur non avendo maturato in proprio il requisito minimo previsto dalla riforma, diventerebbero italiani per automatica trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori che si saranno naturalizzati grazie alla modifica referendaria.
Va ricordato che attualmente un adulto straniero, cittadino di un Paese che non fa parte dell’Unione Europea, deve risiedere legalmente dieci anni in Italia per poter chiedere la cittadinanza italiana; l’obiettivo del referendum abrogativo è ridurre da dieci a cinque anni questo periodo di residenza, senza modificare, però, gli altri requisiti richiesti, come reddito e conoscenza della lingua. Il presupposto alla base è che divenire cittadini italiani consolidi lo status giuridico, offra diritti, tutele e opportunità, riduca le limitazioni all’accesso a determinate professioni e permetta di ottenere un passaporto considerato “potente” che garantisca una maggior libertà di movimento.
Per comprendere meglio il metodo seguito dal Centro studi e ricerche Idos per raggiungere questa stima vanno considerati tre diversi fattori: una quota significativa di potenziali beneficiari della riforma (dati Istat 2023, ndr) vive a rischio di povertà (con un reddito netto annuo inferiore al 60% di quello mediano, pari a 11.900 euro nel 2023) e dunque non ha i requisiti di accesso per il reddito; i costi per le pratiche di naturalizzazione sono considerevolmente aumentati e, infine, ci sono Paesi extra Ue che non consentono di acquisire la doppia cittadinanza.
Rispetto alle prime proiezioni dei promotori del referendum, riferite a una platea generica di potenziali beneficiari, questo calcolo del Centro studi e ricerche Idos «quantifica la quota più probabile, partendo dagli immigrati con permesso di soggiorno di lunga durata, che a fine 2023 erano 2.139.000, di cui 347mila minori. Oltre a escludere i cittadini di Paesi Ue, non toccati dalla riforma perché possono già richiedere la cittadinanza italiana dopo soli 4 anni di residenza, la stima dei potenziali beneficiari effettivi decurta dal computo anche una consistente quota di cittadini di Paesi non Ue che non ammettono la doppia nazionalità». Partendo da quest’ultimo punto bisogna considerare che i cittadini dei 50 Paesi che non ammettono la doppia cittadinanza siano presumibilmente meno propensi ad acquisire la cittadinanza italiana perché sanno che ciò comporta l’automatica rinuncia a quella della propria patria. In particolare, tra questi Paesi ci sono la Cina, l’Ucraina e l’India che sono comunità straniere tra le più numerose in Italia. Questo aspetto rappresenta un fattore sociale che limita l’accesso alla cittadinanza italiana per naturalizzazione: circa 509mila soggiornanti non comunitari, inclusi 72mila minori, provengono da questi Paesi. Ipotizzando che solo il 15% di essi sia disposto a rinunciare alla propria cittadinanza d’origine, è stato stimato che circa 433mila persone (inclusi 61mila minorenni) non cambierebbero nazionalità, di fatto riducendo significativamente la platea dei potenziali beneficiari della riforma sulla cittadinanza. Anche se forse la più importante tra le barriere che limitano l’accesso alla cittadinanza italiana resta la debole situazione economica della popolazione straniera: nello specifico, la legge prevede che per ottenere la cittadinanza italiana sia necessario dimostrare il possesso dei requisiti di reddito o abitazione. Il permesso di soggiorno di lungo periodo, ad esempio, richiede un reddito minimo non inferiore all’assegno sociale annuo (pari a 6.079,45 euro nel 2023). Una quota significativa di potenziali beneficiari della riforma vive “a rischio di povertà” (con un reddito netto annuo inferiore al 60% di quello mediano, pari a 11.900 euro nel 2023) o “a rischio di esclusione sociale”. Nel 2023, in Italia, il 40% di tutti gli stranieri residenti (comunitari e non) rientrava in questa categoria. Si presume che queste persone non siano in grado di soddisfare i requisiti economici necessari per ottenere la cittadinanza. Questa “barriera del censo” ridurrebbe significativamente il numero effettivo di beneficiari, portando la stima massima potenziale di 1.706.000 (di cui 286mila minori) all’ipotesi minima di 1.024.000 (di cui 172mila minori).
«In un Paese civile e con una politica attenta a quel che succede nella realtà – ha commentato Luca Di Sciullo, presidente del Centro studi e ricerche Idos – non ci sarebbe stato bisogno di un referendum per varare questa modifica legislativa sulla naturalizzazione. Basterebbe constatare che la popolazione italiana diminuisce in media di oltre 300mila unità all’anno, tra decessi che surclassano le nascite e l’incremento dell’emigrazione all’estero, e che negli ultimi cinque anni l’Italia ha inanellato altrettanti record negativi, arrivando al minimo storico di appena 370mila nascite nel 2024, mentre oltre 1 milione di minorenni stranieri, quasi tutti in Italia dalla nascita, e altrettanti adulti che risiedono da almeno 5 anni nel nostro Paese, ancora non accedono alla cittadinanza italiana».