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 2025  maggio 16 Venerdì calendario

Giovanni Veronesi e i 70 anni di Francesco Nuti: «È sempre stato avanti, ma oggi per la mortadella comunista chissà la valanga di insulti sui social»

«Francesco Nuti aveva addosso una specie di piccola grande maledizione, un dono ma anche una condanna, che a guardare Tutta colpa del paradiso oggi, 40 anni dopo, gliela leggi negli occhi».
Di quale dei suoi tanti doni parliamo, Giovanni Veronesi?
«Era una persona che attirava naturalmente a sé il dolore degli altri e lo somatizzava molto, anche senza volerlo. Era questa sua eccezionale sensibilità a renderlo ciò che era».
Allora hanno scelto il film giusto per celebrare quello che sarebbe stato il 70esimo compleanno, domani 17 maggio a Firenze...
«E in un certo senso quel film ha rappresentato per lui una specie di benedizione, perché dopo Casablanca Casablanca, che era una sorta di sequel di Io, Chiara e lo Scuro, rappresentò il suo vero debutto alla regia. Un film magico, dove tutto è stato perfetto, al posto giusto, ci è cresciuto tra le mani così come lo avevamo pensato, come baciato da una buona stella. Ancora oggi sorrido quando incontro persone che mi dicono di aver chiamato il proprio figlio Lorenzo in omaggio al bambino del film. E dire che parliamo degli anni Ottanta: era pieno di Lorenzi in ogni famiglia, uno dei nomi più inflazionati».
Sono passati 40 anni esatti da quel gioiello che avete scritto insieme – come tanti altri – con l’aiuto di Vincenzo Cerami: una commedia amara tra redenzione e accettazione, molto avanti rispetto ai tempi.
«Francesco è sempre stato avanti, se pensi a come abbiamo trattato il tema dell’omosessualità in Caruso Pascoski, alla crisi del maschio italiano di Donne con le gonne, con lui che arriva a legare e sequestrare la moglie e viene processato. Erano tempi in cui di queste cose non di poteva parlare o se ne parlavi nessuno ti stava ad ascoltare, tra la famiglia e gli stereotipi sul maschio mediterraneo, ma lui aveva intuito cosa sarebbe successo più avanti. Non era avanti coi tempi per cultura, perché non era uomo molto colto, ma per sensibilità innata: Francesco sapeva come trattarla e usarla la cultura, come usare i temi sociali per raccontare storie e personaggi per cui oggi noi possiamo dire di essere stati profetici. Ecco la sensibilità a cui mi riferivo: quel disagio che viveva e che sentiva negli altri, nei rapporti tra le persone, e lui lo catalizzava».
Apporrete anche una targa in via Sant’Antonino, la sua casa natale. E magari qualche pratese penserà che Firenze «ce lo vuole rubare»…
«C’è un piccolo giallo sulla nascita di Francesco: chi dice sia nato in via Ponte alle Mosse, chi lì dove metteranno la targa. Ed è vero che i pratesi lo hanno sempre vissuto come uno di loro, ma lui si è sempre sentito molto fiorentino. Comunque dobbiamo ringraziare Annamaria (Malipiero, l’ex compagna, ndr) e Ginevra (la figlia, ndr) che si sono date da fare molto in questi anni per fare in modo che non venga dimenticato, per lo meno nella sua città. La targa è un gesto d’affetto che la città penso gli dovesse. Anche se vivevamo a Roma, sia io che lui, Francesco tornava sempre a Firenze appena poteva, e obbligava anche e a farlo, nonostante non lo volessi quanto lui».
A due anni dalla scomparsa, cosa è stato fatto, cosa no, cosa poteva essere fatto per ricordare e celebrare Nuti?
«Tante cose belle sono state fatte ma la migliore sarebbe portare nelle scuole, almeno della Toscana, i suoi film, per farli vedere a quei ragazzi che non lo conoscono, alle nuove generazioni che non lo hanno visto da vivo. Penso che la Regione dovrebbe farsi carico di una cosa del genere».
Avete anche istituito un Premio intitolato a lui, la cerimonia sarà in Palazzo Vecchio.
«Doveroso anche questo. Ed è bello che sia presente la figlia Ginevra e che abbiano organizzato un flash mob in piazza della Signoria per cantare Sarà per te. Questo modo di ricordarlo mi piace perché non è statico, ma vivo».
L’omaggio forse più originale è quello di dedicargli la panchina alle Cascine resa celebre dalla scena della mortadella comunista e degli altri insaccati. Qui siamo in Caruso Pascoski…
«Quella scena è diventata cult, una delle poche che conoscono anche quelli che non hanno mai visto un suo film, grazie ai social dove è continuamente postata come fosse una sequenza a sé, avulsa dal film».
La storia che il prosciutto cotto era fascista vi ha portato qualche critica o lamentale, magari da qualche produttore?
«All’epoca i fascisti se ne stavano tutti nascosti, non venivano certo fuori a lamentarsi per una battuta. Oggi vivono alla luce del sole, sarebbe tutto diverso, un casino di sicuro, una valanga di insulti sui social, lo avrebbero aggredito in chissà quale quantità di modi. Meno male siamo stati liberi di scriverla e girarla, liberi dai social. È una scena che va presa con ironia e intelligenza».
Per non parlare della battuta finale, quella che paragona i Radicali alla finocchiona. Oggi vi taccerebbero di omofobia.
«Abbiamo vissuto un’epoca in cui comicamente potevi permetterti il lusso di dire qualsiasi cosa, quella di allora era una comicità più larga, oggi al massimo è un viottolo al di fuori del quale non si può andare».
Ma come vi venne in mente quella trovata bizzarra e geniale di accostare i partiti politici agli insaccati?
«Ce la siamo inventata mangiando appunto un panino alla mortadella, in una pausa di lavoro, io e lui su una panchina, esattamente come nel film. Venne fuori mangiando e dicendo quelle bischerate così a caso. Partì lui con l’idea che mortadella fosse comunista e poi ognuno di noi si è messo a menzionare un salume diverso».
Guardandosi intorno, oggi, dove si vede il Nuti, le sue tracce, i frutti del suo lavoro, il suo lascito?
«Lo chiede alla persona sbagliata perché io continuo a vederlo tutti i giorni, in qualsiasi strada che percorro. Ieri passeggiavo per Monte Mario e mi è tornata in mente la grande nevicata dell’85 che bloccò tutta l’Italia. Io e Francesco vivevamo in casa insieme sopra Monte Mario e ci mettemmo gli sci ai piedi scendendo giù in città, è stata una dele più belle mattine della mia vita. Io facendo le curve, lui a spazzaneve».