La Stampa, 16 maggio 2025
Filippo Inzaghi: "Il Pisa in serie A un capolavoro Ora vado a Monaco per Simone"
Il presidente era Romeo Anconetani: sale dietro la porta e, alla fine del cammino, la serie A. Tempi di un calcio dove all’Arena Garibaldi gli eroi si chiamavano Piovanelli e Incocciati e dove, in mezzo al campo, gli ingranaggi li faceva girare l’olandese Mario Been.
Sei maggio ’90, Pisa-Cosenza è il momento della festa. Trentacinque anni dovranno passare perché la festa si rinnovi...
«Il Pisa in serie A mette i brividi. A me, ai miei ragazzi, alla nostra gente».
Da dove cominciamo?
«Dal ritiro, primo giorno di lavoro a Bormio. Riunisco il gruppo, li guardo negli occhi e si parte. “Possiamo fare la storia”, le mie parole».
E la storia avete fatto.
«Se pensiamo che il solo Caracciolo, di questa rosa, era nato quando il Pisa fu promosso per l’ultima volta, appare evidente la dimensione di ciò che abbiamo costruito. E Caracciolo, all’epoca, era nato da poche settimane».
Un salto così non nasce per caso.
«Nasce dal lavoro, dalla dedizione, dal coraggio, dalla voglia di stare insieme. E dalla qualità di una squadra forte».
Fonte di ispirazione?
«Passatemi il paragone, ma abbiamo trascorso ore e ore a studiare il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso: la squadra che non perdeva mai, che segnava tanto, ma che faceva anche una buona fase difensiva».
Un po’ di numeri: il record di punti in un campionato di B le appartiene, la media più alta è la sua viste le 98 vittorie in 190 panchine...
«Ho guardato il Sassuolo di Fabio (Grosso, ndr): poteva battere il primato del mio Benevento che ho nel cuore a quota 86. Sì, c’è anche la media punti: la mia è la più alta negli anni in B, ma lasciamo perdere, non si vive nel passato...».
Il Bayer l’ha ispirata come squadra. E come tecnico chi è la sua stella?
«Risposta facile, facile: Ancelotti. Se lavori con un allenatore come Carlo, te lo porti dietro sempre».
Affacciamoci alla serie dei grandi. Il livello del nostro calcio dove lo sposta?
«Verso l’alto. Questa stagione è stata bella, divertente, curiosa».
Bella, divertente, curiosa con suo fratello Simone ancora al centro.
«Simone è un professionista serio e preparato, molto».
Questione di famiglia.
«No, parlo da collega».
E da collega cosa apprezza di più del suo lavoro?
«Vorrei soffermarmi sul modo di interpretare il 3-5-2, modulo tra i più adottati, ma che l’Inter fa suo con un’efficacia diversa».
Tradotto?
«Spettacolo puro: i nerazzurri attaccano che è un piacere».
Un voto alla carriera di Simone?
«Parlano i risultati: quella di fine maggio sarà la sua seconda finale di Champions in due anni».
Già, la Champions. Lei le vinceva in campo...
«Vuol dire che è nel nostro Dna».
Ha già preso il volo per Monaco di Baviera?
«Sarò allo stadio, certo».
Con i suoi genitori?
«No, loro la vedranno da casa, ognuno nella solita postazione».
Suo fratello giocherà l’ultimo atto della coppa più suggestiva da tecnico campione d’Italia?
«Difficile dirlo, è ancora tutto aperto».
Resta aperto anche lo stesso pronostico della finale?
«Il Psg può apparire ingiocabile, come appariva, del resto, il Barcellona: eppure a passare è stata l’Inter».
Uno, ics, due...
«Sì, anche se Gigio (Donnarumma, nd) sta facendo cose senza senso: gli ho visto parare almeno sei, sette conclusioni che solo un numero uno come lui poteva riuscirci».
Un breve giro di orizzonte. Perché il Milan ha ingranato la retromarcia?
«Non lo so, da fuori non si può giudicare. Sono tifoso milanista, lo sanno tutti: proviamo a guardare avanti, la prossima dovrà essere la stagione rossonera».
Dal Milan alla Juve, sempre di retromarcia si tratta.
«Erano partiti con un progetto diverso, si sono fermati».
Igor Tudor ha condiviso con lei un pezzetto di strada in bianconero.
«Un bravissimo ragazzo, dentro e fuori dal campo: lo sentivamo come uno di noi. Da tecnico trasmette una grande energia con le sue idee: non è mai facile subentrare in corsa».
L’Italia del pallone ha trovato il suo numero nove?
«Retegui e Kean mi piacciono: se stanno bene, sta bene anche la Nazionale di Spalletti».
C’è chi dice che la perenne ricerca di un centravanti classico sia l’effetto di un vuoto generazionale, per altri non alleniamo più a fare la punta. La verità?
«Sta nel mezzo. Io, ai miei centravanti, chiedo di fare gol».
Il messaggio più bello a promozione conquistata?
«Tanti».
Il più profondo?
«Mi hanno fatto piacere i complimenti di colleghi che hanno avuto una stagione non fortunata. La migliore risposta a chi vede il nostro come un mondo di invidiosi».
Restiamo sugli allenatori. Ancelotti in Brasile?
«O l’Italia o il Brasile: se una nazionale doveva essere, giusto che fosse una delle due. Adesso dobbiamo tifare per una finalissima ai Mondiali 2026 tra noi e i sudamericani, sai che bello».
Pisa in serie A, fa un certo effetto...
«Sì. Vedere i nostri tifosi piangere di gioia è la cosa che più ci rende orgogliosi. E pensare che Simone aveva già capito come sarebbe andata a finire».
Quando?
«Dopo la sconfitta con lo Spezia: se giocate in questo modo, andrete in A».
Serio, preparato, moderno. E ancora in finale di Champions...
«Simone non ha mai perso il suo stile, mai».
C’è un altro Pippo Inzaghi in circolazione?
«No, ma ci sarà».
Il nome?
«Edoardo Inzagh...(sorride, ndr)».
Romeo Anconetani voleva fondare la Pisorno, Pisa più Livorno: non se ne fece niente per la rivolta di due città divise su tutto. Filippo Inzaghi con la A ha annacquato la festa dei grandi rivali: Livorno in serie C lo scorso aprile, nerazzurri tra i grandi solo un mese dopo. Distanze ristabilite in fretta.