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 2025  maggio 16 Venerdì calendario

Ucraina, armi mai arrivate o inutillizate: così Kiev ha perso centinaia di milioni in forniture tra truffe e appalti opachi

Centinaia di milioni di dollari evaporati in un buco nero di contratti opachi, intermediari ambigui, fornitori inaffidabili. È questo il ritratto drammatico che emerge da un’inchiesta esclusiva del Financial Times, che getta luce su una delle vicende più controverse e delicate della guerra in Ucraina: la gestione degli appalti militari da parte del governo di Kiev. L’articolo, basato su documenti governativi top secret trapelati e su decine di interviste con funzionari ucraini coinvolti nell’approvvigionamento militare, commercianti d’armi e investigatori, rivela una realtà allarmante: nel tentativo disperato di armare le proprie truppe nella lotta contro l’invasione russa, l’Ucraina avrebbe perso centinaia di milioni di dollari in accordi di fornitura falliti o addirittura fraudolenti.
SISTEMA SOTTO STRESS
Il problema nasce, in gran parte, dalla necessità estrema e continua di approvvigionamento che ha investito il governo ucraino fin dall’inizio del conflitto nel febbraio 2022.
L’esercito di Kiev, in costante affanno contro una potenza bellica superiore per numero e mezzi, si è trovato a dover acquistare armi in modo frenetico e da qualsiasi fonte disponibile, aggirando spesso le procedure ordinarie di controllo, trasparenza e garanzia.Questa corsa all’armamento ha aperto le porte a intermediari improvvisati, aziende sconosciute e, in alcuni casi, veri e propri truffatori. Molti contratti, si legge nell’inchiesta, sono stati stipulati con società estere senza alcuna reputazione nel settore della difesa, alcune delle quali erano appena costituite. Il risultato? In diversi casi documentati dal Financial Times, ingenti anticipi sono stati versati a queste società, senza che le armi – o anche solo i componenti promessi – siano mai stati consegnati.
ARMI MAI ARRIVATE
Uno degli aspetti più inquietanti emersi dai documenti riservati riguarda la qualità e l’affidabilità dei materiali consegnati, quando effettivamente sono arrivati a destinazione. In almeno sei contratti citati, le forze ucraine si sono ritrovate con armi inutilizzabili o gravemente danneggiate, spesso a prezzi gonfiati rispetto al mercato. In alcuni casi, raccontano le fonti al FT, missili anticarro di fabbricazione sovietica sono stati venduti come perfettamente funzionanti, ma si sono rivelati fuori servizio da anni. In altri, droni da ricognizione pagati a peso d’oro non avevano nemmeno le componenti elettroniche installate. Sebbene il governo ucraino non abbia mai fornito un bilancio ufficiale delle perdite, l’inchiesta stima che tra il 2022 e il 2024 siano andati persi oltre 400 milioni di dollari in accordi falliti o inefficaci. Una somma che equivale, per dare un’idea, al 20% dell’intero budget per l’acquisto di armi all’estero stanziato da Kiev nel 2023. Un dato che, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere persino sottostimato, vista la quantità di contratti coperti da segreto militare e la complessità della rete di appalti, subappalti e intermediazioni.
La dipendenza ucraina dai cosiddetti “mercati grigi” delle armi – ovvero quelle aree di scambio non ufficiale, spesso tollerate o facilitate da governi terzi – ha aggravato ulteriormente la vulnerabilità del sistema. In alcuni casi, aziende di paesi dell’Asia Centrale, del Medio Oriente e perfino dell’Africa subsahariana si sono improvvisate fornitori di armamenti, sfruttando la deregulation bellica in tempo di guerra. A peggiorare la situazione, la fragilità normativa del diritto internazionale che regola il commercio di armi in zona di conflitto: una giungla dove certificazioni, responsabilità e tracciabilità diventano concetti spesso teorici. Ma la questione non riguarda solo fornitori esterni. L’inchiesta del Financial Times solleva dubbi anche sulla gestione interna dell’approvvigionamento da parte del governo di Zelensky, in particolare attraverso il Ministero della Difesa. Fonti riservate parlano di personale inesperto, carenza di controlli interni, mancanza di trasparenza nei contratti e favoritismi. In alcuni casi, si fa menzione di “pressioni politiche” per affidare contratti multimilionari a società vicine a funzionari o oligarchi. Nel 2023, dopo uno scandalo relativo alla fornitura di giubbotti antiproiettile scadenti, alcuni alti funzionari del Ministero della Difesa sono stati rimossi, ma l’inchiesta del FT dimostra che i problemi strutturali sono tutt’altro che risolti.
IL PARADOSSO
L’Ucraina, va ricordato, ha ricevuto decine di miliardi in aiuti militari dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dalla NATO. Ma una buona parte di questi aiuti si traduce in fondi diretti che Kiev può utilizzare per acquistare armamenti sul mercato internazionale. Proprio in questa zona grigia – tra aiuto esterno e autonomia gestionale – si è generato un paradosso: mentre i partner occidentali chiedono accountability e trasparenza, Kiev si è vista spesso costretta ad agire in fretta e senza poter attendere i lunghi tempi burocratici delle verifiche.
Il risultato è stato un sistema ibrido, dove fondi occidentali finiscono, anche inconsapevolmente, in canali opachi e inefficaci. Se da un lato il governo Zelensky è impegnato in una delle guerre più asimmetriche e drammatiche della storia contemporanea europea, dall’altro questa inchiesta rischia di diventare un’arma nelle mani dei critici interni e internazionali. In Ucraina, i partiti di opposizione hanno già chiesto la creazione di una commissione parlamentare speciale per indagare sui contratti falliti. A Bruxelles e Washington, alcuni esponenti del Congresso e del Parlamento europeo hanno sollevato dubbi sulla gestione dei fondi destinati a Kiev. La questione, però, non si limita all’Ucraina. Come dimostrano altri casi simili – dalla Libia all’Afghanistan – la difficoltà di controllare i flussi bellici in contesti di guerra asimmetrica è un problema globale, che impone una riflessione sulla responsabilità collettiva di fornitori, governi, organismi multilaterali.