ilsole24ore.com, 16 maggio 2025
Export e consumi fanno crollare il Pil giapponese
Prima ancora di essere colpita in pieno dalla guerra commerciale di Trump, l’economia giapponese nel primo trimestre dell’anno si è contratta dello 0,7% rispetto allo stesso periodo del 2024. Il dato segna la prima flessione del Pil da 12 mesi a questa parte ed è molto peggiore delle attese, che si attestavano intorno a una flessione dello 0,2 per cento. A livello congiunturale, raffrontando quindi il primo trimestre del 2025 con l’ultimo dello scorso anno, la contrazione è stata dello 0,2%, a fronte di una previsione di un -0,1 per cento.
Per il fragile governo guidato dal primo ministro Shigeru Ishiba, si tratta di un campanello d’allarme che suona proprio mentre i suoi negoziatori si apprestano a riaprire il dialogo con l’amministrazione Trump sui cosiddetti “dazi reciproci” sospesi dopo i segnali di panico giunti dai mercati azionari e obbligazionari americani.
Un negoziato tra tariffe e valute
Nelle ultime settimane, la linea di Tokyo – avvertendo i segni di debolezza giunti da Washington e assecondando le proprie lobby industriali – ha registrato un irrigidimento sul fronte negoziale, ma un rilassamento su quello monetario, lasciando che lo yen si rafforzasse rispetto al dollaro. Una strategia che nei giorni successivi all’accordo tra Usa e Cina per la sospensione di buona parte delle tariffe annunciate nelle ultime settimane, è stata seguita anche da altri grandi esportatori asiatici come Corea del Sud e Vietnam.
Il dato sul Pil reso noto venerdì è particolarmente preoccupante perché è in parte il prodotto di una contrazione delle esportazioni, che sono una voce fondamentale dell’economia giapponese, e perché si riferisce a un periodo precedente sia agli annunci trumpiani del Liberation Day (i dazi “reciproci” del 2 aprile), sia all’entrata in vigore delle tariffe mirate a colpire il settore automotive (vetture ad aprile e componentistica a maggio). Se i dazi annunciati il 2 aprile entrassero effettivamente in vigore, le esportazioni giapponesi verso gli Stati Uniti sarebbero gravate da una tariffa del 24 per cento.
L’altro fattore che ha pesato sulla contrazione della seconda economia asiatica sono stati i consumi, sui quali hanno pesato gli enormi aumenti dei prezzi di diversi generi alimentari e in particolare del riso. «Con esportazioni e consumi deboli – spiega Yoshiki Shinke, senior executive economist del Dai-Chi Life Research Institute – l’economia giapponese si trova priva di un driver di crescita e diventa molto vulnerabile a shock come le tariffe di Trump».
Il sentiero stretto della Bank of Japan
La contrazione maggiore delle attese del Pil è destinata complicare il compito della Bank of Japan (BoJ). La banca centrale giapponese ha avviato da circa un anno una politica di rialzi dei tassi dopo la lunga stagione dell’Abenomics e rischia di trovarsi a dover percorrere un sentiero strettissimo, con da una parte da un’economia in contrazione e gravata da forti incertezze per via delle politiche commerciali Usa e dall’altra dinamiche inflattive che rischiano di erodere rapidamente gli aumenti salariali decisi negli ultimi mesi e con essi la fiducia dei consumatori.
«Se l’impatto delle tariffe di Trump sarà tutto sommato leggero, la BoJ potrebbe alzare i tassi a settembre o a ottobre», spiega Takeshi Minami, chief economist del Norinchukin Research Institute. «Ma qualora i dazi infliggessero un duro colpo a esportazioni e spese in conto capitale – prosegue – la politica di rialzi dei tassi potrebbe venire sospesa». Il membro del board a capo del “partito delle colombe”, Toyoaki Nakamura, venerdì ha lanciato un primo allarme circa il rischio di continuare ad alzare i tassi in una fase di incertezza così spiccata.
A complicare ulteriormente il quadro macroeconomico c’è il forte aumento dei rendimenti dei titoli di Stato che rischia di mettere pressione sulle finanze statali in un momento delicato. Presto il governo potrebbe essere chiamato a sostenere l’economia per attutire l’impatto dei dazi e, allo stesso tempo, potrebbe essere tentato di aumentare la spesa pubblica in chiave elettorale in vista del voto per il rinnovo della Camera Alta atteso in estate. Sul mercato ci sono titoli di Stato giapponesi per 7.800 miliardi di dollari.