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 2025  maggio 15 Giovedì calendario

Pfizergate, la Corte Ue “condanna” Von der Leyen

Per la seconda volta in dieci mesi il Tribunale dell’Unione europea ha censurato la Commissione guidata da Ursula von der Leyen per la mancanza di trasparenza nella gestione degli acquisti dei vaccini contro il Covid-19. La sentenza resa ieri riguarda la vicenda emblematica degli sms scambiati dalla presidente Ue con Albert Bourla, ad di Pfizer, nella primavera del 2021, nel pieno cioè della trattativa che a maggio portò alla firma del più oneroso degli undici contratti sottoscritti per conto degli Stati dell’Unione: quello da 900 milioni di dosi per un valore attorno ai 18 miliardi (c’era anche l’opzione per altrettante dosi che però non fu attivata).
Qui il ricorso l’aveva fatto il New York Times, che si era visto negare l’accesso agli atti, sms compresi: il rifiuto era illegittimo, i giudici di Lussemburgo l’hanno annullato, ma tanto gli sms non li vedremo mai perché la Commissione dichiara di non disporne. Nel luglio 2024, proprio alla vigilia della nomina di Von der Leyen per un secondo mandato, il Tribunale aveva dato ragione alle europarlamentari dei Verdi e stabilito che la Commissione “non ha concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio ai contratti” per i vaccini anti-Covid, costati nel complesso oltre 60 miliardi di euro ma coperti da omissis nelle parti relative ai prezzi e alle clausole più favorevoli alle aziende produttrici, dai tempi delle consegne alla responsabilità per gli effetti avversi. Su questa sentenza pende tuttavia il ricorso in appello della Commissione, che potrebbe impugnare anche il verdetto di ieri.
Il New York Times, con la giornalista Matina Stevis allora a capo dell’ufficio di Bruxelles del quotidiano, voleva vedere gli sms per meglio valutare le condizioni in cui la Commissione – aggirando le procedure e gli esperti nominati dagli Stati, come già rilevato dalla Corte dei Conti dell’Ue – decise di puntare soprattutto sull’azienda più grande e su quantitativi che poi risultarono in eccesso, tanto da giustificare nel 2023 un contratto riparatore per ridurre le consegne previste anche per gli anni successivi e il prezzo dovuto per ciascuna dose.
La Commissione, dopo aver intrattenuto qualche ambiguità sull’effettivo scambio degli sms, l’ha sostanzialmente riconosciuto, sostenendo però che non erano stati conservati in quanto “non rilevanti”, cioè non erano equiparabili ai documenti a cui le regole Ue garantiscono l’accesso tra i quali, per esempio, ci sono le email, pure quelle “non rilevanti”, soggette all’obbligo di conservazione per sei mesi. Von der Leyen non si è mai presentata davanti ai giudici di Lussemburgo, si è fatta rappresentare dai suoi funzionari.
“La Commissione – si legge nella sentenza – non può limitarsi a invocare la mancata registrazione nel suo sistema di gestione dei documenti richiesti per dimostrare che essa non possedeva detti documenti, senza ulteriori spiegazioni”. L’esecutivo Ue, rilevano i giudici, non ha chiarito “se i messaggi di testo richiesti esistano ancora o se siano stati eliminati e se, eventualmente, una siffatta eliminazione abbia avuto luogo volontariamente o automaticamente e, dall’altro, se il telefono cellulare o i telefoni cellulari della presidente della Commissione siano stati sostituiti e, in tal caso, che cosa sia avvenuto di tali apparecchi, o ancora se essi siano stati oggetto delle ricerche effettuate a seguito della domanda iniziale e della domanda di conferma”. E ancora, “la Commissione non ha neppure spiegato in modo plausibile perché ha ritenuto che i messaggi di testo scambiati nell’ambito dell’acquisto di vaccini contro il Covid-19 non contenessero informazioni sostanziali o che richiedessero un monitoraggio di cui dovesse essere garantita la conservazione”. Quindi, “le spiegazioni della Commissione, che sono fondate su supposizioni, non possono essere considerate plausibili”.
Il Nyt ha accolto con soddisfazione il verdetto, una nuova richiesta di accesso agli atti potrebbe peraltro essere respinta dalla Commissione con una motivazione più articolata. La sentenza, hanno sottolineato i portavoce della Commissione, non obbliga affatto alla pubblicazione degli sms. È stata comunque accolta con grande favore dai gruppi politici della sinistra, dei Verdi e della destra sovranista, compresa la Lega, che hanno contestato le “opacità” evidenti di Von der Leyen nella gestione della pandemia. È bene ricordare che rilevanti censure erano già arrivate dalla Corte dei Conti come dal Mediatore dell’Ue, mentre sono ancora in corso le indagini di natura penale della Procura europea e della Procura di Liegi, che potrebbero illuminare i possibili conflitti di interessi attribuiti alla presidente della Commissione.
“È il secondo colpo a Von der Leyen in materia di trasparenza e di accesso alle informazioni”, ha osservato Tilly Metz, eurodeputata lussemburghese dei Verdi, che con altre colleghe aveva innescato il procedimento sull’acceso ai contratti dei vaccini. “Qui non sono coinvolta – ricorda Mertz – ma spero che Ursula Von der Leyen tragga le conclusioni da questo secondo giudizio che va nella stessa direzione di quello del luglio 2024 sull’opacità dei contratti, vedo invece che all’inizio di questo suo secondo mandato ha adottato misure che vanno nel senso opposto di negare l’accesso a certi documenti e a certe informazioni. Dobbiamo fare di tutto perché la gente abbia fiducia, c’è già molta diffidenza rispetto alla politica e ai partiti, la trasparenza dev’essere la priorità assoluta”.