Il Messaggero, 15 maggio 2025
Le finanze vaticane e la via del risanamento
Un Papa, qual è Leone XIV, che è anche un matematico, nonché un laureato in filosofia e in diritto canonico, possiede tutti gli strumenti culturali migliori per sovrintendere dall’alto alla prosecuzione della necessaria opera di riorganizzazione e per la maggiore trasparenza e correttezza della gestione della finanza vaticana promossa da Francesco. È noto che i maggiori intermediari finanziari internazionali, per selezionare i futuri dirigenti, hanno cominciato a dare la priorità a coloro che sono laureati in matematica e/o in filosofia. Affrontare questi temi economico-finanziari non significa immeschinire la vita religiosa, essendo essi essenziali per poter svolgere la missione nel mondo da parte della Chiesa. Siamo, naturalmente, lontanissimi dalla situazione di oltre quarant’anni fa, ai tempi dello Ior di Marcinkus e degli intrecci con le banche di Michele Sindona e con l’Ambrosiano di Roberto Calvi, personaggi a loro volta collegati con la mafia e la massoneria deviata P2. Come siamo lontani dalla condizione di estremo favore di cui godeva lo Ior ai tempi, ritenuta banca italiana quando operava in lire e banca estera quando operava in valuta, in presenza, per di più, di un regime vigente in Italia di rigida regolamentazione dei movimenti di capitale.
Tuttavia, anche alla luce della vicenda dell’investimento nel noto palazzo di Londra, in Sloane Avenue, che ha suscitato scandalo, ma che sarà bene venga ulteriormente approfondita per diversi aspetti non solo in sede giurisdizionale, occorre migliorare l’assetto organizzativo, le strategie e l’operatività in materia finanziaria. Da una parte sembrano ridursi le donazioni e le offerte, dall’altra crescono le necessità materiali della Chiesa. Per il 2024 si stima un deficit di bilancio della Santa Sede di 87 milioni (che secondo alcuni esperti, alla fine, si potrebbe attestare sui 70 milioni), preceduto dagli 83 milioni dell’anno precedente e dai 78 milioni del 2022. Il rendimento del patrimonio che ammonta a oltre 4 miliardi – a fronte di un debito calcolato in 2 miliardi principalmente dovuto al fondo pensione – non è sufficiente, naturalmente, a bilanciare altre fonti di entrata che si riducono. Papa Francesco, dedicando un grande impegno a questa materia, aveva promosso una sorta di “spending review” e, da ultimo, aveva costituito un’apposita Commissione per la raccolta delle donazioni per la Sede Apostolica e il loro migliore impiego.
Proseguire sulla strada della revisione della spesa, soprattutto di quella per l’autoamministrazione, rispondendo in questo modo anche alle critiche di chi ritiene inadeguati gli aiuti per la missione apostolica rispetto alle spese destinate al funzionamento delle strutture, è necessario. Quanto agli investimenti, da un lato – è ovvio – la Chiesa non può allocare risorse in attività e operazioni che contraddicano il proprio insegnamento e tutto ciò che essa proclama per osservare la parola del Signore: sarebbe il classico parlar bene e razzolare male se, invece, questa contraddizione si manifestasse, come accaduto in passato. Ciò comporta di escludere molteplici impieghi in attività finanziarie e reali (si pensi a quelle connesse alla guerra, alle armi, alla violazione di una sana ecologia, alle manifestazioni del “capitalismo selvaggio"), ma anche scegliere con grande cura e professionalità gli investimenti da effettuare, magari avvalendosi di esperti di fama internazionale.
Un tale rigoroso approccio, che tiene conto naturalmente dei rischi finanziari, non conduce affatto a un decremento dei rendimenti, tutt’altro. D’altro canto, bisogna porre grande cura nel “commercializzare” attività che possono avere dei ritorni. Avere istituito, negli anni scorsi, una struttura con il compito non solo dell’antiriciclaggio, ma anche della Vigilanza sulle attività finanziarie, alla quale è finora preposto Carmelo Barbagallo, già capo del Dipartimento Vigilanza della Banca d’Italia, è stato un efficace segnale. Occorre comunque definire una sede unitaria in grado di redigere annualmente un Piano strategico pluriennale e operativo annuale per gli interventi da compiere. Una iniziale Conferenza che veda la partecipazione dei diversi saperi e specialismi nel campo bancario, finanziario, giuridico e organizzativo, anche con riferimenti comparati, potrebbe essere utile. Aumentare e migliorare il reperimento di risorse, nella maggiore trasparenza e controllabilità dei procedimenti, nella rigorosa eticità dei comportamenti e nell’efficacia dell’impiego dei fondi, può e deve diventare un modello da seguire. Vi sono i presupposti perché ciò accada.