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 2025  maggio 15 Giovedì calendario

«Io calunniato e cancellato ora mi riprendo la mia vita»

«Le donne devono sempre denunciare gli abusi sessuali. Ma in questa vicenda hanno solo cercato di trarne profitto e farmi del male. E questo finisce per danneggiare chi davvero ha subito violenza e merita ascolto e giustizia». Ha il viso scavato, il corpo più asciutto di un tempo, e lo sguardo di chi ha attraversato una tempesta lunga tre anni. Paul Haggis, sceneggiatore e regista canadese, premio Oscar per Crash e autore della sceneggiatura di Million Dollar Baby, rompe finalmente il silenzio. Lo incontriamo nei camerini del programma tv “Paradise” di Pascal Vicedomini, agli Studi De Paolis di Roma, la città dove oggi cammina ogni giorno e prova a ricominciare.
«Non mi sento una vittima, ma dentro un errore giudiziario sì. Ho sofferto molto. È stato un periodo durissimo», dice con voce ferma. Ora che la gip di Brindisi, Vilma Gilli, ha archiviato definitivamente l’inchiesta per violenza sessuale e lesioni aggravate che lo travolse nel giugno del 2022 a Ostuni, in Puglia, Haggis può voltare pagina. Il regista aveva professato fin da subito la sua innocenza: «I rapporti con la turista inglese di 28 anni furono consensuali». E oggi la giustizia gli dà ragione. Nessun reato. Nessuna prova. Solo tre anni di buio. E un nome, il suo, passato al tritacarne dalla stampa. A 72 anni, Haggis tornare a scrivere e lo fa proprio qui, in Italia.
Ha deciso di vivere nella Capitale. Non si sente giudicato in questo Paese?
«Mai. Sto aspettando la residenza, dovrebbe arrivare il prossimo mese, e intanto lavoro a una nuova sceneggiatura nella mia casa affacciata su Piazza Navona. Roma e l’Italia mi hanno accolto, non mi sono mai sentito giudicato. Cammino due ore al giorno, parlo con i vicini, mi sono abituato al caffè ristretto e al caos del centro».
Che periodo è stato quello che ha appena attraversato? Pensa che la sua vita sia rovinata?
«È stato un periodo molto duro, ma non mi sento rovinato. Ho perso amici e colleghi. Ne sono rimasto amareggiato, ma capisco: la paura è umana. Ho subito danni personali e professionali, ma so che c’è chi soffre molto più di me. Sono profondamente grato alla mia compagna e ai miei figli, che mi sono sempre rimasti accanto». Non fa nomi, ma non serve. Si riferisce al mondo del cinema, a chi si è affrettato a cancellarlo dalle locandine, a disdire inviti, a chi – anche al festival di Puglia del 2022 dove avrebbe dovuto partecipare – ha preso le distanze.
Come si sono svolti esattamente i fatti?
«Le false accuse sono rare, ma esistono. E questo caso ne è un esempio. Paradossalmente, posso dire di essere stato fortunato che tutto si sia svolto in un tribunale penale: questo ha garantito un’indagine immediata e approfondita. Devo riconoscere che il magistrato incaricato, l’onorevole giudice Vilma Gilli, ha inizialmente dato pieno credito alla denuncia della donna. Ma due settimane dopo, quando l’ha interrogata, ha trovato la sua versione dei fatti totalmente inverosimile. Per fortuna, anche le decine di testimoni indipendenti ascoltati dalla polizia hanno smentito il suo racconto. Quella stessa sera, la giudice si è pronunciata in mio favore, dichiarando che il caso non aveva alcun fondamento e invitando il pubblico ministero ad archiviarlo. Ma lui ha scelto di proseguire, presentando ricorso. Un mese dopo, altri tre magistrati – guidati da una seconda giudice donna – hanno confermato con decisione la mia innocenza, alla luce di nuove prove, tra cui messaggi che dimostravano un piano orchestrato con almeno un’altra persona. Il caso poteva chiudersi lì, ma l’indagine è proseguita per altri due anni. Non so perché. Alla donna però è stato concesso ogni possibile beneficio del dubbio»
È fondamentale che le donne si sentano libere di denunciare: ma come possiamo, come società, distinguere il vero dal falso?
«È importante continuare a incoraggiare le denunce. Ma è altrettanto importante riconoscere che esistono – seppur rare – anche accuse infondate. Il problema è che, quando accadono, come in questo caso, fanno danni enormi. Perché mettono in ombra i tanti casi seri. Durante questi tre anni, mentre l’inchiesta continuava, la stampa ha continuato a trattarmi come colpevole. Sì, forse tre anni di indagini sono stati inutili, ma meglio un’indagine in più che nessuna attenzione su accuse così gravi».
Ha mai più parlato con quella donna?
«No, assolutamente».
Dopo questa vicenda come considera il suo successo: un miracolo o una dannazione?
«Per me è pur sempre un miracolo che non mi sarei mai aspettato. Non avevo alcuna formazione, non conoscevo nessuno nel settore. Ho solo lavorato duramente e scritto molte cose (anche brutte) finché finalmente è successo qualcosa».
Scriverà mai di questa vicenda, magari in un film?
«Trovo poco interessante la mia vita. Mi piace scrivere degli altri ma non ci sarà un film su questa vicenda».
Eppure la sua storia ha tutte le tinte di un dramma moderno. Un uomo famoso, accusato in un Paese straniero, una macchina giudiziaria lenta ma – alla fine – conclusa con un’archiviazione. Tre anni sospesi, due settimane agli arresti domiciliari, e il sospetto di un’accusa motivata anche dal denaro, come ipotizzato dall’avvocato Michele Laforgia. Poi, mentre si accende una sigaretta, lo sguardo di Haggis si sposta sull’America e sugli sviluppi in corso.
Cosa pensa dei nuovi dazi imposti da Trump e del loro impatto su Hollywood?
«L’amministrazione Trump sta influenzando il mondo intero, non solo il cinema. Hollywood è solo una piccola parte di tutto ciò, ed è questo che mi preoccupa». Nel suo sguardo non c’è rabbia. Solo lucidità. E la voglia di ricominciare. Da Roma. Da una sceneggiatura nuova. Da una verità che, per quanto tardi, è arrivata.