il Fatto Quotidiano, 14 maggio 2025
Dentro, cioè fuori
Devo confessare una grave lacuna: non sono mai riuscito a capire perché un condannato per gravi delitti a tot anni debba uscire con largo anticipo per questo o quel permesso. “Certezza della pena” non è un’invenzione dei giustizialisti forcaioli, ma del padre del garantismo Cesare Beccaria. Vuol dire che la condanna scritta nella sentenza definitiva deve corrispondere a quella effettivamente espiata. E, se la pena è la “reclusione”, il condannato deve restare recluso fino all’ultimo giorno previsto dalla sentenza. Solo così la pena ha effetto deterrente: dissuadere il condannato dal riprovarci e tutti gli altri cittadini dal provarci. Altrimenti non solo non scoraggia nessuno dal delinquere, ma incoraggia tutti a farlo, e diventa financo criminogena. L’ultimo caso è quello di Emanuele De Maria. Nel 2016, a Castel Volturno, taglia la gola a una ragazza tunisina di 23 anni e la uccide. Poi fugge all’estero e resta due anni latitante nei Paesi Bassi, fino all’arresto in Germania nel 2018. Siccome siamo il Paese di Bengodi, neppure un omicidio volontario così efferato basta per l’ergastolo: nel 2021 la Cassazione lo condanna a 14 anni e 3 mesi. Ma, se li scontasse tutti, sarebbe già grasso che cola. Invece nel 2023, a cinque anni dall’arresto e a due dalla sentenza definitiva, è già fuori in permesso diurno di lavoro. Su richiesta del generoso carcere di Bollate, il Tribunale di sorveglianza lo manda a lavorare come receptionist in un hotel, visto il curriculum di “detenuto modello” (in cella non ha ammazzato nessun altro).
Il tempo di ambientarsi, e De Maria sgozza una collega con la solita tecnica, più altre coltellate ai polsi, uccidendola; poi taglia la gola pure a un collega, che non muore solo per miracolo; infine si suicida. Seguono le solite geremiadi dei politici che hanno approvato o ampliato o mantenuto i demenziali benefici penitenziari (pensando a se stessi) e ora strillano contro i giudici che li applicano. Questi ribattono che hanno applicato le leggi e non potevano certo prevedere la recidiva di De Maria, tantopiù che Bollate vanta il più basso tasso di ricadute d’Italia. I “garantisti” temono una stretta ai permessi e citano le solite statistiche come prova che chi esce di galera in anticipo torna a delinquere molto meno di chi sconta la pena per intero. Naturalmente nessuna statistica può dimostrare una tale sciocchezza: il numero dei condannati non corrisponde a quello dei delitti, che in grandissima parte restano impuniti. Però le statistiche sono una bella consolazione per le vittime dei delinquenti a spasso: “Caro, ci dispiace tanto, ma tranquillo: quello che ha tagliato la gola a te o a tua figlia è una rarità che rientra nel solo 17% dei tagliagole in pena alternativa al carcere. Ora non ti senti già meglio?”.