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 2025  maggio 14 Mercoledì calendario

Suore in fuga dal convento di clausura, il mistero dei 200mila euro spariti: «La commissione si è intestata i conti»

Non vogliono far vedere i loro volti, non vogliono far sapere chi sono. Ma per la prima volta due delle suore di clausura fuggite dal monastero di San Giacomo di Veglia a Vittorio Veneto, accettano di parlare, di fornire la loro versione dei fatti.
Che cosa è successo il giorno dopo l’espulsione di suor Aline Pereira e dell’anziana priora suor Maria Paola Dal Zotto?
«I membri della commissione hanno cambiato i nomi degli intestatari dei conti del convento. Di fatto si sono intestati i conti bancario e postale, una cifra di oltre 200.000 euro, assieme a tutti i contanti che suor Aline aveva nella sua cella».
Quale è stata la ragione che vi ha fatto letteralmente fuggire dal convento?
«Dopo la lettera delle quattro sorelle – tutte con fragilità – è iniziato un vero e proprio periodo di forte vessazione psicologica con otto visite al convento da parte di una commissione che non ha fatto altro che spaventarci e toglierci la serenità di cui avevamo bisogno in un ambiente di preghiera come il monastero. Imposizioni varie e limitazione delle nostre libertà di espressione e il riconoscimento del nostro diritto ad essere delle persone capaci di agire e pensare. Abbiamo dovuto fuggire come dei carcerati dalla prigione, di notte abbiamo portato fuori i bagagli di nascosto e al mattino presto siamo fuggite passando prima dai carabinieri per notificare loro l’accaduto. Siamo scappate senza nemmeno i soldi per la spesa».
Quali tra le decisioni che sono state prese vi hanno ferito di più?
L’accanimento verso tutte noi. La distruzione di fatto di una realtà che era semplice e pacifica, eravamo in grado di autogestirsi nello spirito Benedettino. È arrivato l’abate Lepori e ha tagliato in due la nostra comunità spezzandone per sempre l’armonia. La lettera che ha usato come pretesto è stata scritta da sorelle che purtroppo avevano grossi problemi personali».
Che tipo di problemi?
«Una di loro si era perfino accanita contro uno dei due cagnolini del convento, arrivando anche a colpirlo con calci e altri dispetti. Ad un’altra è stata diagnosticata la schizofrenia e una celebrava strani riti in cimitero. Una quarta diceva di ricevere messaggi da Gesù. Persone fragili che per debolezza e invidia hanno scatenato un inferno. Padre Lepori ha visto la possibilità di inserirsi in questo contesto e ci ha distrutte. Perché invece di dare peso alle deliranti parole delle suore con problemi non hanno dato ascolto a noi che cercavamo di far capire loro che tutto quello che era stato affermato nella lettera erano semplicemente delle infamanti calunnie? Ci siamo sentite sminuite come persone e trattate come delle incapaci».
Che cosa ne sarà del monastero?
«È inevitabile che venga chiuso. Le sorelle rimaste – undici più la nuova badessa – sono anziane e non riusciranno a gestire tutte le attività. Suor Martha ha già allontanato i ragazzi disabili che gestivano l’orto in quanto non gradisce presenze esterne nel monastero. La chiusura è solo questione di tempo».
Ma quali sono le prove oggettive di tutte le accuse che vi hanno rivolto?
«La relazione di suor Ester Stucchi (inviata dal Dicastero per asseverare le accuse, ndr) parla chiaro: “Non ci sono prove di quanto scritto nella missiva inviata al Santo Padre... Ho trovato un ambiente pacifico e sereno in grande armonia e i conti sono in ordine”. In molti altri casi la Chiesa aveva mostrato benevolenza verso le suore di altri conventi. Nel nostro caso è stato un massacro psicologico durato due anni e otto “visite”. Non meritavamo di venire divise e distrutte in questo modo».