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 2025  maggio 13 Martedì calendario

Padova, crede morta la moglie e la avvolge nel tappeto: scoperto dal figlio, finisce in manette per tentato omicidio

L’ha picchiata a mani nude, e con quelle le ha stretto il collo fino a non farla più respirare, l’ha gettata a terra l’ha colpita ancora a calci e pugni. Poi, quando lei ha perso i sensi, lui l’ha avvolta nel tappeto di casa e l’ha trascinata in terrazza, con l’obiettivo di buttarla di sotto. Nel frattempo i vicini hanno sentito le urla e hanno chiamato i carabinieri e il 118, e sul posto è giunto anche il figlio della coppia, un ragazzo di 22 anni, che si trovava fuori casa.
Viva per miracolo
Quando il giovane è entrato nell’appartamento l’uomo gli ha detto che sua madre era morta e che anche lui avrebbe voluto buttarsi giù per farla finita. La vittima dell’aggressione è una donna di 42 anni di origini albanesi, ed è ancora viva per miracolo: è ricoverata all’ospedale di Schiavonia. In cella con l’accusa di tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia, è finito il marito, 55 anni, operaio nato in Albania. L’aggressione è avvenuta martedì 6 maggio in un appartamento a Megliadino San Vitale, nella Bassa Padovana.

L’ipotesi del rapporto sessuale rifiutato
Le indagini sono coordinate dal pm Claudio Fabris, che pur essendo in servizio alla procura di Belluno, affianca i colleghi della procura di Rovigo. A fare i sopralluoghi e a raccogliere le testimonianze i carabinieri del compagnia di Este guidati dal maggiore Vito Franchini. Le condizioni della donna sono ancora gravi, non sarebbe in pericolo di vita, ma è ancora sotto lo stretto controllo dei medici. Il giorno dell’aggressione, appena i sanitari sono riusciti a farla respirare di nuovo, la furia del suo aggressore, ben lungi dal placarsi, è riesplosa, e ha tentato ancora di assalirla, urlandole che lei gli aveva rovinato la vita. Lo hanno placcato i carabinieri. Non era la prima volta che l’uomo aggrediva e minacciava la donna. Già l’anno scorso, ad agosto, lei era finita in ospedale con botte e ferite. Stando a una prima segnalazione della donna la sua aggressione era dovuta al fatto che lei aveva rifiutato un rapporto sessuale che al contrario lui aveva preteso con tutte le sue forze. Gli accertamenti fatti dagli investigatori hanno appurato che lui la umiliava spesso, le diceva che l’avrebbe uccisa e che le avrebbe dato fuoco.
I problemi economici
Aveva anche fatto in modo che lei tagliasse ogni relazione sociale: la donna non poteva vedere nessuno, non poteva parlare con amiche o conoscenti, i vicini raccontano di averli spesso sentiti litigare. Chi la conosce conferma che lei poteva uscire di casa solo con permesso di lui, e che ogni aspetto della sua vita era direttamente controllato dal marito che la umiliava e la denigrava sempre, la insultava in modo che tutti sentissero che lei era una «sua proprietà», come hanno scritto i carabinieri nelle loro annotazioni. Anche sotto l’aspetto economico l’uomo gestiva tutto, impedendo in ogni modo qualsiasi tipo di autonomia finanziaria della moglie, gestendo direttamente tutte le entrate, e boicottando il tentativo che lei stessa aveva fatto di gestire in modo autonomo l’acquisto di una quota del centro estetico dove lavorava.
Il figlio sentito dai carabinieri
Spesso le violenze avvenivano davanti al figlio ventiduenne, un ragazzo nato in Italia e cresciuto nella Bassa Padovana, anche il giovane è stato sentito dai carabinieri per ricostruire l’insieme delle violenze inflitte alla donna. Nelle ultime ore il medico legale Antonello Cirnelli, incaricato dalla procura guidata dalla dottoressa Manuela Fasolato, ha analizzato le cartelle cliniche della donna, e ha eseguito degli accertamenti per capire la gravità dei colpi inferti e la corrispondenza con le gravi accuse mosse dagli investigatori all’uomo che l’ha aggredita. Quando la quarantaduenne è giunta in ospedale aveva ecchimosi e ematomi in tutto il corpo, ma in particolare le ferite più gravi erano quelle alla base del collo, dove il marito ha afferrata con violenza nel tentativo di toglierle la vita. Sulla base dal quadro sanitario e anche dei precedenti dell’uomo, la procura ha chiesto e ottenuto dal giudice la convalida della misura cautelare in carcere. Il cinquantacinquenne, difeso dall’avvocato Cristian Sinigaglia del foro di Verona, ora è in cella in attesa che la procura chiuda il quadro delle accuse e finisca a processo.