corriere.it, 13 maggio 2025
Ninetto Davoli: «Roma ha perso l’umanità, non c’è più il "volesse bene". E Pasolini lo aveva predetto»
Ninetto Davoli ma come si ritrova in una foto col nuovo Papa?
«Ma hai visto come mi guarda ammirato? Fu un incontro casuale, vai a immaginare che lo fanno Papa, che fatalità. Pensa che era pure un po’ intimidito e io lo istruivo ‘guardi che deve dire i nomi giusti dei pittori che sta premiando’ gli feci».
Un passo indietro al 25 maggio di un anno fa. L’allora cardinale Robert Francis Prevost è invitato a Ostia Antica dai confratelli agostiniani. È la festa di Sant’Aurea, storica tradizione del territorio, tra gli eventi ci sono le targhe per gli artisti, tra cui appunto Davoli. Ma c’è di più in questa immagine simbolica, in questo incrocio di vite così differenti, il futuro Pontefice e il «ragazzo di vita», il filosofo e l’attore, il missionario girovago e il romano icona della Capitale. Perché di Ostia è patrono il Sant’Agostino a cui ha dedicato l’esistenza il Papa. Quella stessa Ostia in cui l’amico carissimo di Nino trovò tragicamente la morte. È il 2 novembre del 1975 e Pier Paolo Pasolini viene ucciso ai bordi di una strada in zona Idroscalo. Così mentre il nuovo Vescovo di Roma fa i suoi primi passi, l’attore viene contattato dagli amici che gli fanno notare che può vantarsi di avere già la foto insieme all’uomo a cui guarda il mondo intero. Ma chi si è ritrovato testimone della Storia come Davoli, difficilmente si scompone, anzi rilancia con la simpatia che lo contraddistingue.
Quindi Nino si è ritrovato a ‘dare una svegliata’ al Papa?
«(Ride) Ma per me lui è una persona come un’altra. L’organizzatore di quella festa mi disse che veniva pure un vescovo, come a dire persone importanti, ma io gli risposi che so’ ateo, che a me non fregava granché. Poi in realtà me lo ricordo l’americano, una persona semplice, carina. Pure un po’ impaurito dalla mia aggressività romana dai».
Ma è il primo Pontefice che incrocia?
«Oh ma per chi mi hai preso? Per quelli che vanno a cercare i papi? Ma non è la foto mia col Papa eh, ma casomai la prima foto del Papa con un artista, un attore! Il fatto forse impressiona altri ma io sono sempre stato circondato fin da ragazzino da persone di un certo livello, Elsa Morante, Alberto Moravia, Dacia Maraini, Pasolini ovviamente».
Come si dice a Roma se la sta ‘tirando’, giustamente direi pure.
«Ma no (ride di nuovo con quel suo vocione riconoscibile, ndr) e che sono stato sempre con persone culturalmente interessanti».
Ma avrà seguito tutto, dal funerale al Conclave, no?
«Che te devo di’, non tanto. Papa Francesco mi piaceva, era bravo ma se vogliamo dirla tutta non ha concluso nulla. I poveri so’ rimasti poveri, la guerra è rimasta come prima, tante parole ma alla fine – si può dire? – non se lo cagava nessuno. Il tempo dei papalini, i Papa Re per citare il film di Luigi Magni, è finito. Persino i preti avevano una certa autorità, alla fine non sono così forti, non contano».
E da romano verace qual è, cosa pensa della città? Lei cresciuto nelle periferie poi calato nei salotti degli intellettuali e del cinema. Come l’ha vista reagire a essere il centro del mondo?»
«Roma non è più Roma. Ha il suo fascino monumentale sì, ma rispetto al mio periodo è cambiata moltissimo».
In cosa è cambiata la città?
«Non esiste più dialogo, più contatto tra le persone, il volesse bene. Non c’è più il detto: quello che magno io magni te. A me non piace perché non c’è umanità. Una volta in pineta o nei giardini vedevi persone che leggevano libri o il giornale, si parlavano. Oggi il consumismo ci ha messo fuori strada, di testa, di sentimenti. Come disse anche Pier Paolo che all’epoca credeva al progresso e non all’evoluzione, aveva predetto che la gente sarebbe diventata egoista. Siamo stati catturati dal consumismo spietato, siamo tutti omologati, tutti soldatini. Pasolini diceva che una volta ti affacciavi da balcone e vedevi le distinzioni classe, borghesi, proletari, sottoproletari. Oggi siamo tutti uguali».
Sono passati 50 anni dalla morte del suo amico e lei non dimentica le sue parole, la sua visione del mondo.
«Uno come lui non nascerà mai più. Aveva un coraggio morale unico, diceva quel che pensava senza timori di nessuno, oggi siamo condizionati da tutto. Lui faceva i film per la storia».
Pier Paolo Pasolini che ne direbbe oggi di Roma?
«Sarebbe vissuto in Africa, nel deserto».
Addirittura? Ma vede così negativamente la città?
«Chi c’ha autorità qui a Roma mi lascia perplesso, si parla tanto ma non si conclude nulla, sembra che si fanno le cose per dare i contentini alla gente che intanto è esausta di tutto, il caos, il traffico. La verità è che ‘sta città non vuole salvatori, nessuno ci po’ mette mano, è destinata a morire!».
Ma proprio non c’è un luogo che ama, a cui torna con piacere?
«Ma dove vuoi che vado! Sinceramente quando esco da casa faccio un sospiro amaro. Mi viene da pensare quello che ho vissuto con Franco Citti o con Pier Paolo. Non c’è più nulla dei posti che amavamo, nemmeno più le persone, quelle vere, delle borgate».
Ninetto non torna nemmeno a Ostia dove andavate con Pasolini? Non va a visitare il monumento sul mare dedicato al regista, attore, scrittore? «Mai più tornato in quel luogo».
Fu Davoli a riconoscere il corpo martoriato dell’amico Pasolini su quel prato di Ostia mezzo secolo fa. L’attore di pellicole cruciali per il cinema italiano come «Il Vangelo secondo Matteo» o «Uccellacci e uccellini» confessa di non riuscire ad andare a quella commemorazione. Ma con la sua generosità condivide un’immagine con Pier Paolo, chiedendo pure con altrettanta gentilezza «vi piace?».