Corriere della Sera, 13 maggio 2025
I sedentari? Sono sempre meno
La morsa della sedentarietà in Italia si sta allentando. In un Paese in cui l’età media cresce aumenta anche la quota delle persone che hanno deciso di praticare sport e attività fisica. Gli ultimi dati statistici sono del 2023 e mostrano un progressivo miglioramento: 16,2 milioni di cittadini lo praticano in modo continuativo, 4,9 milioni lo fanno in modo saltuario, 16 milioni qualche volta. Ma 20 milioni non praticano alcuna attività nel tempo libero, persone definite sedentarie. Sono il 35%, ma erano il 41,2% dieci anni prima, nel 2013. Al Centro Nord si fa più attività fisica rispetto al Sud, perché si può contare su più impianti e spazi per fare sport. Nel meridione ce ne sono di meno e il 20% non funziona più. I dati sono stati raccolti da Sport e Salute, la società dello Stato che lo promuove assieme ai corretti stili di vita, e dall’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale nel rapporto «Sport 2024».
I numeri fanno ben sperare, in una società in cui l’età media è passata dai 44 anni del 2013 ai 46,4 nel 2023. «Misuriamo sia l’attività fisica sia quella sportiva. Abbiamo trovato – commenta Rossana Ciuffetti, direttrice dell’Area Sport Impact di Sport e Salute e co-curatrice del rapporto -. un’Italia meno sedentaria. Sono i dati migliori di sempre visto che nel complesso 21,1 milioni di italiani sono entrati in rapporto con la pratica sportiva». La società pubblica sta promuovendo voucher per le famiglie che ne hanno diritto per sostenere l’attività fisica e nel Pnrr sono ancora previsti interventi per recuperare impianti nelle aree urbane o realizzarne di nuovi. Il rapporto riporta il numero degli impianti esistenti in Italia: quasi 77.000 e più di 140.000 spazi di attività. Il 70% sono di proprietà pubblica e la loro costruzione risale per la maggioranza all’epoca dei grandi eventi come i Giochi Olimpici del 1960 e i Mondiali di calcio del 1990. «Oggi – commenta ancora Ciuffetti – c’è l’idea di disporre dei playground, piattaforme più semplici e aperte a tutti. Ne saranno realizzati molti nelle zone periferiche o dove c’è più bisogno d’impiantistica sportiva. Il Paese deve adeguare la sua offerta, perché cresce la domanda». Più aree per lo sport possono facilitarne la pratica. «Ma abbiamo ancora una concezione vecchio stampo dell’impianto. Lo consideriamo – spiega Simone Digennaro, docente di pedagogia all’Università degli Studi di Cassino e Lazio Meridionale – un luogo accessibile solo ai professionisti o in modo mono-disciplinare, con il calcio e pochi altri sport che monopolizzano. È un’impostazione tipicamente italiana. Nel Nord Europa, ad esempio, gli impianti sono aperti a tutta la cittadinanza senza limiti di accesso». C’è poi la questione di genere: con l’avanzare dell’età aumentano le incombenze lavorative, familiari e i carichi di cura che allontanano le donne dallo sport. «Un’altra questione – aggiunge Digennaro – è quella scolastica e culturale. A scuola non si dovrebbero insegnare le discipline sportive, ma utilizzare il potere educativo del movimento, del gioco e dello sport per favorire la crescita individuale. La nostra società invecchia sempre di più, una popolazione più anziana e molto fragile può essere una grande spesa per il sistema sanitario. L’attività fisica può contribuire a reggere l’urto». In prima linea per la diffusione della pratica ci sono le grandi associazioni che promuovono lo sport di base, ma hanno bisogno di poter contare su più spazi che devono essere ben tenuti. Come Uisp, che tessera un milione di persone e gestisce 12.000 circoli, o il Centro Sportivo Italiano (Csi), che ne conta 1,5 milioni con 13.000 circoli. «Viviamo un momento storico di difficoltà, ma anche di opportunità. Da quando la Costituzione – commenta il presidente di Uisp Tiziano Pesce – ha riconosciuto il valore educativo e sociale dell’attività sportiva in tutte le sue forme siamo in una nuova fase: è giunto il momento che sia considerato veramente una politica pubblica». Gli enti gestiscono impianti in maggioranza pubblici. «Sono situazioni pesanti, perché – aggiunge Pesce – sono vecchi e hanno bisogno di riqualificazione ambientale ed economica. Sei istituti scolastici su dieci non hanno una palestra, mancanza ancora più marcata nel sud. Serve un sostegno strutturale allo sport di base».
«L’associazionismo – aggiunge il presidente del Csi Vittorio Bosio – fa tutto ciò che è possibile per una pratica sportiva che sia rivolta a tutti. Servono allenatori qualificati, preparatori con qualifiche. Non bastano solo i volontari. Ci piacerebbe avere più voce in capitolo sui progetti istituzionali, c’è un dialogo aperto che avrà risultati, anche perché noi raccogliamo le istanze della base». Le persone hanno sempre più bisogno e desiderio di fare attività fisica anche per contrastare gli effetti dell’invecchiamento. Ma l’Italia deve rispondere con più convinzione.