il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2025
La vera droga
Dopo 38 mesi di invasione russa, le migliori menti d’Occidente sono giunte alla sorprendente conclusione che noi, pacifinti putiniani, sostenevamo dal primo giorno: la guerra Russia-Ucraina si chiude con un negoziato di compromesso fra Russia e Ucraina. Quanti oggi plaudono alla resa di Zelensky alla realtà e la spacciano per un geniale “contropiede” (in realtà è Putin che l’ha invitato ed è Trump che l’ha pressato) sono gli stessi che hanno passato tre anni a demonizzare la diplomazia come “resa”, a vaneggiare di “vittoria ucraina” (contro la prima potenza militare e nucleare), ad allestire summit con tutti i paesi tranne la Russia, a ripetere idiozie tipo “non si tratta col nemico” e “si tratta solo se i russi si ritirano”, a spingere Zelensky a disertare il tavolo di Istanbul il 15.4.22, a vietarsi per decreto di negoziare con Mosca, a mandare al macello i suoi nella controffensiva del ’23 (il cui esito catastrofico era previsto dal generale Milley sin dalla fine del ’22), e a perseverare anche dopo aver ammesso il 18.12.24 di non poter riprendere le regioni occupate. È questa la vera droga che intossica l’Europa, non la coca che qualche svalvolato ha visto sul treno di Macron, Merz e Starmer: il fentanyl del bellicismo che s’è impossessato delle classi dirigenti e intellettuali europee. Questi pazzi criminali travestiti da amici di Kiev hanno sempre fatto il gioco di Mosca allungando una guerra che ogni giorno assottiglia l’Ucraina. E hanno drogato gli ucraini illudendoli a suon di propaganda, miliardi, armamenti e riarmi di potersela tirare da vincitori che lanciano ultimatum a Putin e dettano condizioni a Trump: tutto per non ammettere di essere i primi sconfitti.
Non sappiamo se lo storico incontro Putin-Zelensky si terrà e porterà a qualcosa. Dipenderà dal tasso di bellicismo nel sangue degli sconfitti e dalla loro capacità di ascoltare gli appelli dei due Papi a “disarmare le parole e le menti”. L’unica “pace giusta” è quella possibile in base al campo di battaglia e ai rapporti di forza. Si spera che Zelensky si presenti nel formato realistico di quando Trump lo disintossicò, avvisandolo che aveva perso la guerra e doveva salutare i territori occupati e firmare l’accordo sui minerali. Se invece è quello drogato dai finti amici che non cede nulla, detta condizioni, chiede tregue asimmetriche e spera pure di recuperare col negoziato le regioni perdute sul campo, il tavolo resterà subito deserto. E crescerà il rimpianto per l’altro negoziato di Istanbul, sabotato dalla Nato tre anni e centinaia di migliaia di morti fa, quando Putin non chiedeva territori, ma solo la rinuncia ucraina alla Nato. Quelli che lo fecero saltare dovrebbero evitare di minacciare nuove Norimberga, perché i primi a meritarne una sono loro.