fattoquotidiano.it, 13 maggio 2025
Strage di Cutro, la Regione Calabria si è costituita parte civile per “errore”: “Gli imputati sono militari, rispettiamo la divisa”
Lasciati soli in mezzo al mare, lasciati soli nell’aula del Tribunale di Crotone, dove è in corso l’udienza preliminare del processo per i mancati soccorsi che, il 26 febbraio 2023, hanno portato alla strage di Cutro. Su quella spiaggia morirono 94 migranti, tra cui 35 bambini, imprecisato il numero dei dispersi. I familiari delle vittime e i superstiti hanno chiesto di costituirsi parte civile nel processo a carico di quattro finanzieri e due ufficiali della guardia costiera accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Ritardi e inerzie, in sostanza, che hanno rappresentato una “grave negligenza, imprudenza, imperizia” da parte dei militari imputati che hanno violato, secondo i pm, la normativa europea e nazionale in materia di soccorsi in mare. Tornando all’udienza preliminare, sono 113 le richieste di costituzione di parte civile. Un elenco lunghissimo in cui ci sono i familiari delle vittime e i superstiti, oltre ad associazioni e organizzazioni non governative.
Ma se un’udienza preliminare così “affollata” era prevedibile, a causa dell’elevato numero di morti, l’assenza delle istituzioni a fianco delle vittime si è notata più della presenza di coloro che, come le ong, da sempre sono impegnate nel Mediterraneo a salvare vite. Al momento, infatti, non sono pervenute le costituzioni di parte civile dei Comuni di Crotone e di Cutro. Ma soprattutto il processo è stato “snobbato” dal governo italiano. Dopo la passerella in Calabria all’indomani della tragedia (con Meloni che ha promesso il suo impegno a “cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo”) e la “difesa d’ufficio” dei militari coinvolti da parte dei ministri Salvini e Piantedosi (“Sono certo che dimostreranno la loro estraneità”), il governo continua a non condividere le accuse contestate dalla Procura ai sei militari.
D’altronde, il commento di Salvini il 7 marzo 2023, pochi giorni dopo che il caicco “Summer love” si è schiantato nella secca a un chilometro dalla costa calabrese, era una sorta di assoluzione d’ufficio: “Attaccare un corpo d’eccellenza dello Stato – disse – mi sembra davvero bassa politica”. Piantedosi aveva bollato come “grave falsità” il “dire che i soccorsi sono stati ostacolati dal governo”. Per il ministro dell’Interno, inoltre, la colpa è sempre stata dei migranti che sono un “carico residuale” e che, salendo sui barconi, “mettono in pericolo la vita dei propri figli. Poche e sentite parole quelle della premier Giorgia Meloni che, il 23 marzo 2023, ribadì la linea del governo: “Sulla tragedia di Cutro calunnie contro lo Stato”. Stando a queste considerazioni, la mancata costituzione di parte civile del governo era quasi scontata, una decisione già presa prima che la Procura di Crotone e i carabinieri concludessero le indagini. Una decisione che non è (o meglio non sembrava essere), quella della Regione Calabria, unico ente che nell’udienza di ieri ha chiesto di essere inserito tra le parti offese.
La scelta del governatore Roberto Occhiuto però, non è piaciuta all’Usim, il sindacato della guardia costiera, che ha espresso il “proprio disappunto” perché “rischia di essere una minaccia alla garanzia di un giusto processo”. L’Usim “si augura che non ci siano ingerenze di natura esterna allo svolgimento del processo penale”. Per il sindacato dei militari della guardia costiera, infatti, i pm vogliono processare “sei servitori dello Stato, imputati per fatti avvenuti in servizio, mentre il giudice chiamato a valutare se siano stati commessi reati è sospettato di subire “ingerenze di natura esterna” prima ancora che inizi il processo.
Ma se la giustizia farà il suo corso, la politica può rimangiarsi le parole. In serata, infatti, la nota imbarazzata della Regione che si è accorta che gli imputati non sono scafisti: “Abbiamo appreso che il processo vede indagati esclusivamente quattro agenti della Guardia di Finanza e due militari della Capitaneria di Porto. Per il rispetto che nutriamo nei confronti di chi indossa una divisa, la Regione Calabria approverà una delibera ad hoc per ritirare la richiesta depositata”. Come per dire, Roma detta e Catanzaro obbedisce. Questo è più di un sospetto. Anzi, dopo la nota “serale” dell’Usim è una certezza. Il sindacato della guardia costiera, infatti, parla di “efficacia del nostro intervento” che ha portato “la Regione Calabria a fare un passo indietro sul caso Cutro”. Quello che Occhiuto, con un po’ di imbarazzo, ha voluto spacciare come un errore, l’Usim lo rivendica come successo politico prendendo “atto, con soddisfazione, della decisione di ritirare la costituzione di parte civile nei confronti degli appartenenti alla Guardia di Finanza e al Corpo delle Capitanerie di Porto, indagati nell’ambito del processo sul tragico naufragio di Cutro”.
Un risultato che ha pure un suo responsabile: “Fondamentale – si legge nella nota – è stato l’intervento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, informato sull’accaduto da parte del segretario nazionale dell’Usim, Paolo Fedele, e il capo dipartimento Relazioni Esterne, Gaetano Giannace”. Secondo il segretario generale Francesco Nastasia, “la sensibilità e il senso di responsabilità dimostrati dalla Regione Calabria con questo passo indietro, sono un segnale importante di rispetto e considerazione verso le donne e gli uomini in divisa. L’ammissione dell’errore e la pronta rettifica testimoniano una volontà di ristabilire una corretta percezione del ruolo delle forze dell’ordine e di evitare strumentalizzazioni in un momento così delicato”. Un modo “gentile” per non dire che Salvini detta e Occhiuto obbedisce rimangiandosi non solo la richiesta di parte civile della Regione Calabria ma anche le sue stesse parole pronunciate nel febbraio 2024, un anno dopo la strage di Cutro: “La popolazione di tutta Calabria è vicina a chi scappa dalla fame e dalla guerra. Il presidente della Regione cerca di interpretare questo sentimento e lo fa insieme ai sindaci e alle istituzioni”. Gli stessi sindaci e le stesse istituzioni che hanno lasciato i migranti da soli in Tribunale.