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 2025  maggio 12 Lunedì calendario

La cantante Yu Yu è tornata: «Sedotta dal successo di Mon petit garçon e abbandonata da tutti. Ci ho messo 23 anni (e due figli) a ripartire»

Lo studio di registrazione è sempre quello: via Mecenate, Milano. Il produttore anche: Pippo Landro, una decennale carriera di scopritore di talenti musicali. E pure lei è la stessa, «anche se non del tutto». Ventitré anni dopo avere scalato le classifiche con Mon petit garçon, Yu Yu è tornata. E lo fa con un nuovo pezzo in uscita il 16 maggio.
Ci fa uno spoiler?
«È una rivisitazione in chiave moderna di La Bohème di Charles Aznavour».
Ambizioso.
«Ero addirittura terrorizzata quando me l’hanno proposta. Poi ci ho provato: la demo l’ho mandata a Milano da Ibiza (dove vivo ora) cantando con un karaoke portatile. Pippo Landro, il mio primo produttore, colui che nel 2002 aveva “inventato” Yu Yu, mi aveva chiamato: te la senti? Vuoi provare? Ho provato. Lui risponde nel giro di pochi minuti: questo pezzo è il tuo. Andiamo».
Dunque eccoli. Con l’etichetta New music riappare Giuditta Guizzetti, in arte Yu Yu, madre parigina e padre bergamasco, oggi 49 anni. La sua è stata una salita alle stelle, con caduta e ripartenza. Da hostess sui voli di linea è stata scoperta proprio da Landro e catapultata nel mondo delle hit con due canzoni diventate tormentoni, anche perché scelte per spot celebri, come quello della Lancia Y con Eva Herzigova in tenuta maschile. Una raffica di chiamate, esibizioni, ospitate, autografi, la corsa delle griffe per vestirla e farsi promuovere. Poi il nulla.
«Dopo Mon petit garçon è arrivata Bonjour bonjour, un successo esplosivo. Yu Yu era ovunque. L’etichetta Emi ha investito in un brano, Relax, che però non ha ingranato. Nel 2005 iniziavo anche a non stare bene: dimagrivo, ero triste. E come il successo era arrivato, puff, è sparito».
Di ciò che segue ha parlato in un diario diventato un libro nel 2008: anoressia.
«Sono arrivata a pesare 36 chili. Per mantenermi ero tornata a fare la cameriera in un locale di bergamo, il Daragi di viale Giulio Cesare, e la gente mi riconosceva e sentivo i commenti: guardala, cosa le è successo? Gli amici sedicenti erano spariti. Passavo il tempo a non mangiare senza farmi vedere. Mi sono resa conto solo molto dopo che era un grido disperato: “Io ci sono anche se sto sparendo”. A casa mia, a Bergamo, un giorno ho buttato giù un sacco di sonniferi: i pompieri hanno sfondato la porta. Lì ho capito che dovevo accettare l’aiuto di chi lo offriva».
Aveva un amico speciale.
«Il centro per i disturbi alimentari di Todi, in Umbria, con la dottoressa Laura Dalla Ragione, me l’ha indicato Maurizio Costanzo. Ero stata spesso ospite da lui e mi aveva preso sotto la sua ala. La scrittura è stata una sua proposta. Mi dicevo: o impazzisco o trovo qualcosa per andare avanti. E ho buttato giù Il cucchiaio è una culla (ed. Aliberti)».
È tornata a essere ricercata: tutti volevano sapere.
«E la dinamica ricominciava. Nel 2009 sono partita per Ibiza, da sola. In quel caso era stato Elio Fiorucci a darmi la dritta: “Ho un amico lì, vai a trovarlo, stacca”. Era vero: dovevo staccare del tutto. Ho preso una casa nel nulla, ho iniziato a lavorare nel turismo. Oggi vivo ancora sull’isola, ho un compagno meraviglioso, Pier, e due bambini. Sono diversa. Per più di vent’anni mi sono allontanata dalla musica: cantavo per i miei figli, mai in pubblico. Mi faceva male».
Adesso cosa è cambiato?
«Quando Pippo mi ha inviato l’arrangiamento ho fatto un respiro e detto: vediamo. E il pezzo l’ho sentito subito mio. Forse anche perché la mia amata nonna parigina, morta un anno fa, lo adorava: l’ho visto come un segno. Ormai ho un’altra età, ho lavorato su me stessa. So che certe cose si possono vivere come un gioco. Non ho aspettative se non divertirmi».
È guarita?
«Dall’anoressia, anche se la tieni sotto controllo, purtroppo non guarisci mai. Quando sono stressata lo capisco: tendo a mangiare meno. Ma oggi mi conosco, capita che mi scrivano genitori che hanno figlie con problemi alimentari, che mi seguivano e sanno la mia storia: la mia porta per loro è aperta. Il mio, anche ora, vuole essere un messaggio positivo: si può rinascere».
Il video del nuovo pezzo è girato a Ibiza. Preferisce non lasciare la sua isola?
«Ibiza si prestava come location. Non solo. Il team di professionisti ( Ezio Diaferia, Luca Grillo e Simona Diacci) ha deciso di spostarsi in blocco e raggiungermi, perché credeva nel progetto. Mi sono detta: pazzesco che accada una cosa del genere, con questa generosità, nel 2025. Invece...».
E Milano?
«Ho inciso i brani».
Plurale?
«Uno è nel cassetto. Prima di La Bohème avevamo fatto un’altra prova, ma non era il momento giusto. Poi è arrivata La Bohème. La rilettura non è semplice: è un pezzo molto impegnato ma abbiamo cercato un passo leggero. Il risultato ci piace».
La sua famiglia cosa dice?
«Nina ha 12 anni: è lei che mi consiglia il look. Somiglia molto a me alla sua età. Il piccolo, Tomas, ha passato le giornate a canticchiare il brano per casa».
Ricordi del primo giorno nello studio di via Mecenate?
«Nel 2001 un amico mi aveva proposto di registrare un parlato per il lancio della serata di una discoteca, il Fluid: fallo in francese, come gli annunci degli aerei su cui lavori (ero hostess, finché mi hanno chiesto di lasciare perché i passeggeri mi riconoscevano troppo spesso). Mentre incidevo è arrivato Pippo e ha chiesto: tu sai anche cantare? Con la chitarra ho intonato Je so’ pazzo di Pino Daniele. Bizzarro, ma così è nata Yu Yu».