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 2025  maggio 12 Lunedì calendario

Vietato geolocalizzare dipendenti in smart working, sanzionata azienda della Regione Calabria

No, non si può geolocalizzare un dipendente in smart working. “Lo ha affermato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 50mila euro ad un’azienda che rilevava la posizione geografica di circa cento dipendenti durante l’attività lavorativa svolta in modalità agile”, annuncia lo stesso Garante.
Per altro, si tratta di un’azienda regionale. È l’Arsac, acronimo per azienda regionale per lo sviluppo agricolo della Calabria. Dall’istruttoria è infatti emerso che azienda monitorava i propri dipendenti per verificare l’esatta corrispondenza tra la posizione geografica in cui si trovavano e l’indirizzo dichiarato nell’accordo individuale di smart working, anche in base a specifiche procedure di controllo mirato.
La geolocalizzazione
Come funzionava il sistema illecito? Il personale, scelto a campione, veniva contattato telefonicamente dall’Ufficio controlli con la richiesta di attivare la geolocalizzazione del pc o dello smartphone. Doveva fare una timbratura con un’apposita applicazione (Timerelax) sia in entrata sia in uscita, e dichiarare subito dopo, tramite un’e-mail, il luogo in cui in quel preciso momento si trovava fisicamente. A tale richiesta, seguivano poi le verifiche e gli eventuali procedimenti disciplinari dell’azienda. “Il tutto – aggiunge il Garante – in assenza di un’idonea base giuridica e di un’adeguata informativa, oltre alle conseguenti interferenze nella vita privata dei dipendenti e a numerose altre violazioni” delle norme, come il regolamento privacy e lo statuto dei lavoratori.
Le diverse esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in smart working – ricorda il Garante – “non possono infatti essere perseguite, a distanza, con strumenti tecnologici che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del dipendente non consentito dallo Statuto dei lavoratori e dal quadro costituzionale”.
Il reclamo del dipendente
Il provvedimento del Garante nasce da un reclamo di una dipendente, a cui Arsac aveva contestato un addebito disciplinare sul presupposto della asserita “inosservanza nei tempi e nelle modalità delle procedure previste dal regolamento inerente lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile” e della rilevata “discordanza tra l’ubicazione dichiarata e la geolocalizzazione accertata dall’Ufficio Ispettivo nell’espletamento delle verifiche”, si legge nel provvedimento.
Le ragioni di Arsac
Arsac ritiene di essere nel giusto. Di rispettare lo statuto dei lavoratori, perché “i controllo della geolocalizzazione era finalizzato a un’esigenza organizzativa, produttiva e di sicurezza sul lavoro (la dipendente si trovava a decine di chilometri di distanza dal punto comunicato in sede autorizzativa del lavoro agile) e non a finalità disciplinari – si legge nel provvedimento. Motivo, “il procedimento disciplinare si è attivato non a causa della visione della posizione geolocalizzata (come sostiene la dipendente nella denuncia) ma per il fatto che l’interessata ha detto, al telefono, di non trovarsi nel luogo che aveva originariamente comunicato, e comunque tale procedimento è stato sospeso e l’interessata non avuto alcuna sanzione”. Per altro, dalla documentazione in atti si evince che l’impiego dell’applicativo Timerelax e, in particolare, della sua funzione di geolocalizzazione in relazione all’attività di timbratura dei dipendenti era stato oggetto di negoziazione tra l’azienda e le rappresentanze sindacali. L’azienda “comunque ha interrotto il trattamento oggetto del procedimento e ha intrapreso un percorso di completamento della conformità alla normativa in materia di protezione dati personali”.
Perché è vietato
Argomenti che non hanno convinto il Garante. Ricorda le norme dello statuto lavoratori secondo cui il datore non può usare “strumenti tecnologici a distanza, che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del lavoratore non consentito dall’ordinamento vigente e dal quadro costituzionale”.
In più, il datore di lavoro, titolare del trattamento dati del dipendente, “oltre alla normativa di settore applicabile, deve sempre rispettare i principi di protezione dei dati personali”. “L’eventuale presenza di un accordo con le rappresentanze sindacali in merito all’impiego di un determinato sistema che comporta trattamento di dati personali dei lavoratori costituisce, infatti, condizione necessaria, ma non sempre sufficiente, per assicurare la complessiva liceità del trattamento e il rispetto dei principi di protezione dei dati personali”.
Le regole della privacy
E il trattamento dati fatto dall’azienda con geolocalizzazione non è consentito dalle regole privacy, nota il Garante: contrasta “tanto con la disciplina in materia di protezione dei dati personali quanto con quella speciale in materia di lavoro agile”. “Ciò che sorprende è che le aziende ci cascano sempre, in questi errori privacy”, nota l’avvocato specializzato Paola Zanellati. “Geolocalizzazione dei dipendenti, videosorveglianza: le norme parlano chiaro, ma le aziende ancora le violano”, aggiunge. E chissà quante altre in Italia lo stanno facendo, ai danni dei lavoratori, in questo momento.