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 2025  maggio 12 Lunedì calendario

“La Rai censura i referendum”, scontro sul silenzio delle tv

Da una parte, gli appelli all’astensione lanciati da esponenti di governo, big della maggioranza e massime cariche dello Stato, buon ultimo il presidente del Senato Ignazio La Russa. Dall’altra, l’indifferenza delle tv, che finora – a parte le polemiche di giornata riportate nei Tg – non hanno dedicato un solo minuto di approfondimento, né un dibattito, ai referendum in programma l’8 e il 9 giugno.
Secondo l’opposizione, una strategia orchestrata «ai piani alti di Palazzo Chigi» che, complice «il regolamento-truffa» approvato dal centrodestra in Vigilanza, di fatto si traduce in un «gravissimo boicottaggio» dei cinque quesiti proposti su lavoro e cittadinanza. I quali «a oggi non hanno trovato posto nei palinsesti Rai, nonostante gli inderogabili obblighi normativi» attacca Stefano Graziano, capogruppo del Pd nella bicamerale di controllo: «Un silenzio inaccettabile da parte di un servizio pubblico vincolato per legge a garantire pluralismo, completezza e imparzialità dell’informazione. Per questo abbiamo chiesto di convocare i vertici aziendali e di attivare al più presto le tribune politiche».
Se n’era accorta, già una settimana fa, l’Autorità garante delle comunicazioni, che in uno scarno comunicato aveva invitato «tutte le emittenti a dedicare un adeguato spazio informativo sulle questioni sottoposte a voto popolare, affinché i cittadini possano avere gli strumenti per decidere con piena consapevolezza». Un alert caduto nel vuoto.
«Storicamente i referendum vengono neutralizzati facendo mancare ai cittadini un’informazione adeguata sulla loro esistenza, ancor prima che sul contenuto del voto», spiega Riccardo Magi, segretario di +Europa e presidente del Comitato per la cittadinanza: «Con la mancanza di informazione vince l’astensione ed è ciò che vuole il governo». La prova fornita dal regolamento varato a fine marzo in Vigilanza: «È molto attento al fatto che il Sì non abbia 5 secondi di voce più del No, ma se non c’è alcuno spazio informativo il regolamento è rispettato».
Per assurdo, è sufficiente che i contrari rifiutino di partecipare alle trasmissioni per farle saltare e così oscurare ogni discussione. Come peraltro sta già accadendo. «Il No fin qui si è sottratto al confronto e tutte le tribune elettorali (poche e a orari con scarsi ascolti) inizieranno nella seconda metà di maggio», prosegue Magi. Tant’è che gli avvocati sono già al lavoro per impugnare al Tar il regolamento-truffa. E non è tutto. «Se aggiungiamo che la Vigilanza, chiamata a controllare la fase prima del voto, è bloccata dall’ostruzionismo della maggioranza, ecco che la censura è servita», conclude il leader di +Europa. Rendendo ancor più evidente a chi appartiene la manina che spinge per far fallire il quorum.
È stato Antonio Tajani il primo a schierarsi per «l’astensionismo politico», visto che «non condividiamo la proposta referendaria». Poi è intervenuto pure La Russa a dire che avrebbe fatto «campagna» per il non voto. «Uno sfregio all’altissima carica che ricopre e un attacco alla partecipazione dei cittadini costituzionalmente garantita», è andata giù dura l’Anpi. «Mai l’Italia ha avuto un presidente del Senato così fazioso e inadeguato. Se vuole fare il dirigente di partito lo faccia, ma si dimetta»