il Fatto Quotidiano, 12 maggio 2025
“Io, l’onorevole SputtaNapoli: 30 volte in ospedale per le denunce web”
Francesco Emilio Borrelli è il primo videodeputato nella storia della Repubblica.
Rivelo i fatti, le nefandezze, le illegalità.
Settecentomila followers plaudenti. Assomiglia al giustiziere della notte, al vendicatore dei deboli.
Non sono moralista, non sono giustiziere. Voglio la legalità, voglio vedere vincere lo Stato e perdere i lazzaroni, come si dice a Napoli.
Lei è il politico che non liscia il pelo agli elettori. Anzi li martella, li condanna, li accusa e li piglia a male parole.
Li dipingo nel modo in cui sono. Sei camorrista? Ti chiamo camorrista. Sei farabutto? Ti chiamo farabutto. Sei ladro? Ti chiamo ladro.
A Napoli è su piazza da ormai due decadi.
Sempre solo, sempre a fronte alta anche se a volte la mia fronte, il mio naso, vede questo naso?
È andato in frantumi temo.
L’ultima volta in una colluttazione coi clan. Io documento tutto e con i social vivo la mia esperienza politica e civile.
Lei è una telecamera vivente.
I social ti fanno vincere battaglie che sembrano perse, perchè la telecamera è l’estrema difesa contro i camorristi che trasformano la realtà e con l’intimidazione arrivano a farla trasformare anche agli incolpevoli.
La chiamano onorevole Sputtanapoli.
Un modo per dire che le mie battaglie sporcano il volto della città. Ma io sporco soltanto le facce sporche.
A volte sembra un po’ ossessivo, corre da un luogo a un altro per fare a botte.
Fare a botte? Sono stato una trentina di volte al pronto soccorso, ho la retina inguaiata, il naso tutto storto, gli zigomi infranti, le braccia ferite. Almeno cento volte sono stato malmenato. Io le prendo, ma non sto zitto. A volte mi sento un po’ Gandhi.
Lei documenta tutto.
E così salvo la pelle e l’onore. Vuol vedere l’assalto del clan Contini contro il mio corpo, sulla mia faccia?
Ora ha la scorta.
Da quando sono deputato ho la scorta, sì.
Cinquantamila preferenze, un botto di consensi.
C’è un popolo che mi segue. Noi verdi siamo la terza forza a Napoli.
È stato consigliere regionale.
La città è preda di un vizio antico e per me insopportabile: la legalità le riesce insopportabile.
La votano nel segreto dell’urna ma in piazza ci va spesso da solo.
Io non mi pongo questi problemi, io agisco. Per dire: vado all’ospedale San Giovanni Bosco, parcheggio l’auto. Entro per un’ispezione, al tempo di consigliere regionale e mi dicono: il parcheggio è abusivo, sbarra e gabbiotto sono abusivi, come pure le macchinette automatiche per l’acqua e il caffè.
Tutto abusivo?
Abusivissimo. Sulle macchinette un adesivo: in caso di malfunzionamento rivolgersi a Gennaro. Chiamo questo Gennaro e gli dico: Ma tu chi sei? E lui: Io chi sono? Sto da vent’anni.
Si arrivò alle mani.
Lì me la sono vista brutta, volevano proprio staccarmi la testa. Per un pelo non mi mandarono in frantumi la cervicale. Una guardia giurata mi ha salvato. Grande paura ma grande soddisfazione: è dovuta intervenire la Procura, ho fatto smantellare tutto.
Lei accusa i napoletani.
Quelli disonesti assolutamente sì.
Li chiama in tutti i modi.
Mi infastidiscono chiamandomi a volte con fare confidenziale fratè. Io non sono tuo fratello, tu sei un delinquente e devi andare in galera.
Lei bastona, anche con le invettive.
Guardi questo video, guardi la polizia come arretra, lo Stato arretra davanti ai delinquenti. Guardi: questi si erano presi un pezzo di strada. L’avevano chiuso ed era divenuta loro. Ma si può? Non sono un coraggioso, è che non ce la faccio a sopportare queste schifezze. Poi mi chiamano, mi segnalano e io intervengo.
È un pronto soccorso vivente, diciamo così.
Dove c’è il sopruso c’è Borrelli.
Dov’è che va più spesso?
A liberare le abitazioni abisive. L’ultima mia battaglia contro una coppia di tiktoker, marito e moglie, che freschi freschi si erano fatti casa dove non potevano.
Lei sta nel gruppo parlamentare di Avs, con Bonelli e Fratoianni.
Ci sto benissimo.
La sua compagna è sempre in pensiero.
Non ho voluto figli anche per questa mia condizione pubblica.
E qui ci fermiamo.
Tre scooter andati a fuoco.
Non l’abbiamo già scritto?
E le ferite al braccio, le querele vinte?