la Repubblica, 11 maggio 2025
Albania, l’ombra dei brogli sull’ultimo duello Rama-Berisha
L’esito delle elezioni dicono si sia deciso stanotte, in Albania. La tradizione resiste ai cambiamenti e nelle ultime ore, soprattutto nelle periferie delle città industrializzate dopo il socialismo, dentro le case degli albanesi non ancora baciati dalla tumultuosa e decennale crescita del Pil – gli stipendi medi sono sotto gli 800 euro al mese ma il costo della vita è ormai europeo – lì sono arrivate le squadre con i soldi in una mano e i santini nell’altra. Si gioca anche così la sfida elettorale in questo Paese che oggi va al voto con un copione che ha subito pochissime alterazioni dal 1992. Quando rassegnò le dimissioni, dopo una breve e poco credibile glasnost, Ramiz Alia, l’ultimo e unico erede del dittatore Enver Hoxha. Gli succedette un cardiochirugo quarantaseienne, Sali Berisha. Oggi ha 80 anni ed è ancora lui, leader del Partito democratico, lo sfidante del premier in carica, il socialista Edi Rama, dato per favorito.
Cercando in tutti i modi, in una nazione devota agli Usa, di legarsi a Donald Trump – il suo stratega è Chris LaCivita, lo stesso del presidente americano – Berisha continua a riempire le piazze: venerdì sera un serpentone infinito di gente si è concesso ai droni nel viale principale di Tirana. Stracolme anche le adunate di Rama, che in più è riuscito – complice l’amicizia con il governo Meloni – a prorogarsi di un giorno la campagna elettorale, ospitando fino a ieri il giro d’Italia. Così, nel giorno del silenzio elettorale, la città di cui è stato sindaco, appariva una meravigliosa e accaldata capitale europea, affollata da turisti e sportivi, e in fondo ai viali campeggiavano i cartelloni con la scritta “I love Europe”. Rama si è potuto anche esibire in un post incui, con il suo gustoso italiano, si è fatto celebrare dall’organizzatore del giro, Mauro Vegni: «Lui è il boss». «Io piccolo boss, lui grande», gli ha risposto il manager. «Propaganda alla vigilia delle elezioni», accusa Damiano Borin, della rete contro la detenzione dei migranti. Gli attivisti ieri hanno manifestato lungo il percorso del giro, a Tirana e a Gjader, il centro di permanenza e rimpatrio dove anche il governo italiano continua a far entrare, alla spicciolata, gli stranieri reclusi nei Cpr italiani, ai quali una sentenza della Cassazione ha equiparato ora anche il centro albanese.
In mattinata il premier si è presentato in tuta e scarpe da ginnastica all’hotel Maritime, dove erano riuniti gli osservatori dell’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. A loro attivisti albanesi hanno mostrato un database con i nomi di tutti gli elettori e i relativi problemi personali, perfino di salute, da risolvere. Girano elenchi dei cittadini che hannovotato, per capire in tempo reale chi non è ancora andato ai seggi e accompagnarlo. «Cavolate – ha replicato Rama – chiacchiere da bar». Il suo governo, però, ha deciso un gigantesco condono delle sanzioni – comprese quelle per inottemperanza alle misure anti-Covid – comminate agli albanesi negli ultimi dieci anni.
L’opposizione non contesta più di tanto la misura: «Molte multe erano abusive – dice il deputato Viktor Tushaj – il guaio è che non hanno colpito le grandi compagnie che evadono». Ma a Diber, a nord di Tirana, venerdì sera il Pd ha denunciato la presenza, a comizi chiusi, di un furgone dei socialisti con materiale elettorale e soldi per comprare il voto. «È grave che il principale partito di opposizione contrattacca il ministro dell’Interno Taulent Balla – sia guidato da 35 anni da una persona che non ha quasi mai riconosciuto il risultato delle elezioni. Sembra l’alibi per una possibile sconfitta».