Corriere della Sera, 11 maggio 2025
«Roma non è isolata» Palazzo Chigi punta sulla conferenza di luglio per replicare alle accuse
La sedia vuota, l’Italia isolata, il governo irrilevante. Le opposizioni picchiano duro, disegnano un Paese ai margini dell’Unione e attaccano Giorgia Meloni per aver scelto di collegarsi in videoconferenza, invece di salire sul treno che ha portato a Kiev gli altri leader dell’Europa. Lo stesso treno, dal punto di vista simbolico, su cui nel giugno del 2022 erano saliti Draghi, Macron e Scholz per portare solidarietà e aiuti all’Ucraina aggredita dall’esercito di Putin. È da quella storica foto che partono le forze di minoranza per attaccare la premier. Perché è rimasta a casa? Perché lascia che sia il polacco Donald Tusk a occupare la sedia un tempo destinata a Roma, nel vagone di testa dell’Europa?
Domande che, all’apparenza, non incrinano la linea di Palazzo Chigi. La premier, per quanto infastidita da ricostruzioni e critiche, pensa che l’Italia sia «tornata centrale» e dipingerla come isolata è un danno alla nazione. Lei non è una che corre dietro alle fotografie, spiegano i collaboratori. Se voleva farsi immortalare con Macron, Starmer, Merz, Tusk e Zelensky prendeva il treno e andava a Kiev. Aggiungono che la storia non si fa con le foto, ma con le scelte politiche e per un giorno dimenticano quanto la comunicazione social di Meloni punti sulle immagini per produrre consenso.
«Non siamo affatto isolati», è la linea che la premier ha affidato ai fedelissimi. «Non conta la foto di Kiev, non è da scatti del genere che si misura la forza di un governo o di un leader». Come, secondo Meloni, non contava la foto che ha immortalato Trump, Zelensky, Macron e Starmer a San Pietro, il giorno dei funerali di papa Francesco. L’assenza della premier non passò inosservata, tra i meloniani ci fu chi se la prese con il presidente francese e ieri diversi «big» di FdI ricordavano che lo scorso anno era stato Macron a non andare a Kiev e nessuno aveva parlato di isolamento della Francia.
I dubbi
Ai dubbi nel governo i meloniani rispondono: a Kiev i governi che vogliono inviare truppe
Per arginare l’onda polemica, dai piani alti ricordano che Meloni è rimasta sempre al fianco del popolo ucraino: posizione riaffermata tre giorni fa al Quirinale dal Consiglio Supremo di Difesa. Il governo dunque sostiene la tregua, appoggerà nuove sanzioni e lavora «con determinazione» per la conferenza sulla ricostruzione che si terrà a luglio a Roma, alla quale potrebbe partecipare Donald Trump. Quel giorno, anticipano fonti di governo, ci sarà un nuovo vertice con Zelensky e tutti i leader del fronte occidentale. Venerdì a Roma, per parlare di Ucraina, si vedranno i ministri della Difesa di Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia. E forse è in segno di rispetto verso Zelensky che Meloni ha rinviato dal 13 maggio al 3 giugno l’incontro con lo slovacco Robert Fico, unico leader europeo presente alla Giornata della Vittoria di Putin.
Dubbi e interrogativi aleggiano anche nel governo. Perché Meloni non era ieri a Kiev quando Zelensky e la moglie scortavano i leader tra le pietre ferite di piazza Maidan? «Perché il nostro governo non è tra quelli che hanno proposto di inviare truppe europee in Ucraina», è la risposta che arriva dai piani alti. E poi perché l’incontro era programmato da tempo in forma di videocall e anche i vertici della Ue e leader come lo spagnolo Sánchez hanno partecipato da remoto. Ma la premier italiana non c’era nemmeno quando il presidente ucraino, il francese, il tedesco, il polacco e il britannico si sono collegati in video con Trump per un vertice sulle prospettive di pace, che a Kiev definiscono «fruttuoso». È stata davvero la scelta giusta, non salire su quel treno? O ha ragione il ministro Antonio Tajani, quando sprona la Ue a essere «più unita e protagonista di pace nel mondo»?
Per Palazzo Chigi sì, è stata la scelta giusta. Non tanto perché in quelle stanze cresce il sospetto che il sostegno anche militare all’Ucraina non porti voti, ma per restare ancorati all’idea di Roma come «ponte» tra Washington e Bruxelles: Meloni sente «spesso» Trump, vedrà Merz venerdì a Tirana e potrebbe avere un bilaterale con il cancelliere tedesco domenica, giorno dell’intronizzazione di Leone XIV. Quel che conta, per la premier, «è la sostanza». Raccontano che le abbia fatto piacere, ieri, sentir rilanciare la sua proposta dell’articolo 5 della Nato come scudo per l’Ucraina. E che non si parli più di truppe Ue sul terreno.