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 2025  maggio 10 Sabato calendario

Prevost imprevist

A ogni conclave, vaticanisti e papologi ripetono il detto: “Chi entra Papa esce cardinale”. Poi però sono i primi a scordarselo. Nel 2013 i giornaloni avevano deciso per Scola, vescovo ciellino di Milano e amico di Formigoni che per migliorare il suo curriculum – svelò Rep – “faceva lezioni di filosofia ed etica a Berlusconi, Dell’Utri e Confalonieri” (con risultati eccezionali, specie sull’etica). Davano ordini allo Spirito Santo senza sentire ragioni: “Sarà Scola”. Zero speranze per quel tal Bergoglio che – ridacchiava Rep– “è candidato a racimolare qualche voto al primo scrutinio”. Il fatto che fosse il più votato dopo Ratzinger nel conclave precedente non li aveva insospettiti. Infatti diventò Papa, lasciando la Scola Cantorum con lo scolapasta in testa. Sono più o meno gli stessi esperti tuttologi che tre anni fa giuravano sulla sicura elezione di Draghi al Quirinale: “Sarà Mario”. Infatti non lo votò nessuno (perché portano pure fortuna).
Stavolta lo Scola e il Draghi di turno era Parolin. Youtrend aveva sondato i vaticanisti delle 9 maggiori testate italiane: Parolin 38%, Zuppi 15, Pizzaballa 14, Tagle 13, Aveline 7, López Romero 5, ultimi Erdo e Prevost col 3. Giovedì mattina, dopo la seconda fumata nera, Open sparava: “Pranzo a Santa Marta decisivo per i sostenitori di Parolin papa… fra un piatto di penne e un’orata”. Però il menu forse era giusto. Intanto il sito del Sole 24 Ore, diretto da Nostradamus, annunciava: “Flash, anticipazione: Parolin in arrivo”. Negli stessi istanti Parolin si ritirava e arrivava Prevost. Dopo la fumata bianca, tutti aspettavano l’Habemus papam, tranne il direttore del Sole Fabio Tamburini che lo anticipava urbi et orbi a Radio 24: “Credo di poter dire che tutto fa convergere verso Parolin. Manca ancora il timbro dell’ufficialità, ma il nuovo papa dovrebbe essere Parolin. Ho fondati motivi di ritenere che finirà così”. Si chiama 24 ore perché è sempre in ritardo di almeno un giorno. Paolo Mieli, dopo il bacio della morte a Zuppi (“È il mio candidato secco”), invocava “un papa italiano, europeo e occidentale”, come se esistessero italiani extraeuropei e orientali e la Chiesa fosse una filiale della Nato. Poi è uscito un nord-sud-americano e Mieli ora fa buon viso: “Ora credo nello Spirito Santo. Prevost rinforza l’America, è molto diverso da Bergoglio. Sarà un grandissimo papa, come Giovanni Paolo II”. Che non era né italiano né americano né occidentale. Mattarella e Meloni sono entusiasti per l’appello di Leone XIV alla pace (ripetuta 9 volte in pochi minuti). E che stavano facendo i due mentre veniva eletto? Un Consiglio Supremo di Difesa per buttare almeno altri 10 miliardi l’anno nelle armi e continuare ad armare Ucraina e Israele. È il loro fattivo contributo alla “pace disarmata e disarmante”.