Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  maggio 10 Sabato calendario

Il clima è un “problema” risolto: il tycoon non fa archiviare i dati

È difficile tenere il conto delle iniziative “green” rottamate del presidente Donald Trump. Nei primi cento giorni del suo secondo mandato alla Casa Bianca ne sono state contate almeno 145: più di tutte quelle lanciate durante la sua prima legislatura. L’ultima riguarda la chiusura dell’ufficio della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) che quantifica i costi dei disastri meteorologici legati al cambiamento climatico. Per più di quarant’anni, la Noaa, che è parte del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, ha tenuto il conto, per mezzo dei suoi centri sul territorio, dei danni oltre il miliardo di dollari causati dai fenomeni meteorologici avversi.
Non solo tempeste e uragani ma anche incendi, grandinate, siccità e gelate di particolare intensità. Dati assemblati in un database, chiamato Billion-Dollar Weather and Climate Disasters, che Trump ha deciso di mandare in soffitta. Tutte le informazioni raccolte dal 1980 al 2024 saranno archiviate ma continueranno ad essere accessibili. Gli eventi del 2025 e degli anni successivi finiranno dunque nel “dimenticatoio”.
Il database è unico nel suo genere perché traduce in dollari – parametro comprensibile a tutti, non solo agli addetti ai lavori – la portata della calamità causate dal riscaldamento globale. Tra il 1980 e il 2024, questo è l’ultimo bilancio, si sono verificati 403 disastri naturali per oltre 2.900 trilioni di dollari di danni. Stime utili non solo alle agenzie statali per programmare i lavori di ripristino delle infrastrutture danneggiate ma anche alle compagnie assicurative travolte negli ultimi tempi da una pesante crisi innescata dai prezzi folli dei premi chiesti a chi deve assicurare proprietà esposte, per esempio, al rischio incendi o inondazione.

Secondo Jeff Masters, meteorologo di Yale Climate Connections, la rottamazione del database della Noaa «è una perdita grave, perché avviene proprio nel momento in cui dobbiamo capire meglio quanto il cambiamento climatico stia aumentando i danni provocati dai disastri». Chiuderlo, ha sottolineato Kristina Dahl, vicepresidente scientifica dell’associazione Climate Central, «è anche rinunciare alla possibilità di aiutare il pubblico a percepire che il cambiamento climatico è reale e sta già avendo effetti concreti». Il senatore democratico Ed Markey ha liquidato la mossa come contraria alla scienza e alla sicurezza. In una parola, ha sintetizzato, «anti-americana». La decisione non è solo il risultato del noto “scetticismo climatico” del presidente che, appena tornato alla Casa Bianca, ha ordinato il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi sul clima di Parigi. L’ordine di chiusura sarebbe maturato nell’ambito delle politiche di snellimento dell’amministrazione federale messe a punto dal miliardario Elon Musk, il consigliere all’efficienza governativa di Trump, che ha licenziato centinaia di meteorologi e altri dipendenti Noaa. La portavoce dell’Agenzia, Kim Doster, si è limitata a chiarire «che la decisione è in linea con le priorità dell’Amministrazione, i mandati normativi e i cambiamenti nell’organizzazione del personale». Nelle ultime settimane, Trump, va detto, ha pure licenziato gli scienziati che dal 2000 lavorano ogni anno al piano climatico nazionale. Si navigherà a vista.