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 2025  maggio 09 Venerdì calendario

Lavoro, rassicurati soltanto a parole

Declassato inevitabilmente al rango di notizia secondaria dal fragore mediatico del Conclave e della successiva fumata bianca, l’incontro di Palazzo Chigi sulla “sicurezza sul lavoro” avrebbe meritato in realtà ben altro rilievo, per la drammaticità del tema (di morti si parla, di tante, troppe morti sul lavoro). E per la timidezza con cui è stata finora affrontata a livello governativo quella che a tutti gli effetti è una piaga di dimensione nazionale.
Avrebbero dovuto accendere i riflettori sull’evento i più recenti dati statistici: quasi 500 morti dall’inizio dell’anno (456 per la precisione), il 10% in più tra il periodo gennaio-marzo 2024 e il medesimo trimestre 2025. E la stessa natura dei più recenti lutti.
Quasi una decina di vittime nei giorni immediatamente successivi a un Primo Maggio celebrato all’insegna della strage del lavoro. In parte giovani (troppo giovani per morire), in parte anziani (troppo anziani per lavorare).
Personalmente, mi ha colpito in particolare la morte, due giorni appena prima di quel summit governativo, di Roberto Vitale, schiacciato da una motrice in movimento all’interno del polo logistico di Carpiano, nel milanese: aveva 62 anni, era in pensione (!), ma continuava a giocarsi la vita sul lavoro perché altrimenti non sarebbe arrivato, con la sua famiglia, a fine mese.
È il simbolo della condizione miseranda a cui è ridotta una parte significativa del mondo del lavoro italiano, stretto tra retribuzioni tra le più basse in Europa e condizioni di lavoro tra le meno tutelate.
Pare che al termine delle quattro ore di “confronto” (aperto da un intervento della Presidente del Consiglio), si siano dichiarati tutti soddisfatti: gli esponenti del governo, che hanno potuto così mostrare senza troppi sforzi la propria “sensibilità sociale”; e i rappresentanti sindacali che si sono compiaciuti del “cambio di clima”.
Certo, a leggere i resoconti e i lanci d’agenzia sui contenuti dell’incontro, la sensazione è che di parole se ne siano spese tante, ma di fatti se ne siano visti pochi. Alcuni provvedimenti già noti ri-vendicati (la “patente a crediti” per i cantieri edili, i 1600 ispettori del lavoro annunciati da tempo…).
I 650 milioni aggiuntivi reperiti, che saranno destinati al finanziamento di “misure concrete” a favore della sicurezza dei lavoratori, che però sono ancora allo studio.
Il ricorso allo strumento del Bonus/Malus per incentivare (facendo leva sul calcolo del premio Inail) chi investe in prevenzione e penalizzare chi ne scarseggia. Poi un gran parlare della “formazione” dei lavoratori e dei datori di lavoro, tema che va sempre bene per alimentare retoriche rassicuranti, in genere costa poco, e quasi mai, da solo, produce risultati (di quanti corsi inutili, o utili solo per i formatori, ognuno di noi è stato testimone nella propria vita?).
Quanto al tema caldo dei subappalti (in particolare quelli a cascata), che sono una delle maggiori fabbriche di morte, si direbbe che non si è andati al di là delle rassicurazioni formali promettendo un generico “aggiornamento delle regole nella catena dei subappalti con l’obiettivo di rafforzare i controlli” ma non un’esplicita dichiarazione di responsabilità diretta delle grandi stazioni appaltanti per gli incidenti riguardanti le microimprese appaltatrici su cui scaricano costi e colpe,
Tanto comunque dev’essere bastato alle grandi organizzazioni sindacali, da tempo bisognose di riconoscimenti ufficiali che ne certifichino un’esistenza messa in seria discussione dal flebile potere contrattuale, per tirare un sospiro di sollievo, rallegrarsi per la disponibilità manifestata “per la prima volta” dal governo “almeno sulla carta ad affrontare questi temi”, e preservare la propria faticosa unità di facciata