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 2025  maggio 09 Venerdì calendario

Alessandro Buongiorno: "Il no alla Juve questione di cuore Napoli è felicità il Toro la mia vita"

Il mare, da Posillipo, è una compagnia rassicurante. Lo è per la sua bellezza perché sempre uguale, sempre diverso. «Lo guardo e mi trasmette serenità...», così Alessandro Buongiorno, a Napoli per continuare un viaggio ricco di sorprese.
Quanto della nuova avventura le è già rimasto dentro?
«La città è bella, allegra, passionale: qui si vive di calcio, lo capisci non appena scendi per strada».
Cuore e pallone, sintesi perfetta.
«Cuore e pallone come a Torino: la vera differenza è nei tempi perché noi torinesi ci mettiamo di più per manifestare i nostri sentimenti».
C’è un posto dove Napoli le sembra familiare?
«La terrazza di casa: il panorama ti toglie il respiro, è là che passo il tempo con gli amici, leggo, studio».
Un passo indietro: il sei giugno scorso va a cena per i suoi venticinque anni e incontra Antonio Conte.
«Incontro del tutto casuale, ma scatta subito qualcosa».
Casuale?
«Lo so, può essere difficile crederlo. Il ct Spalletti ci dà un giorno di riposo prima degli Europei e, così, organizzo una serata in un ristorante di Torino: siamo una decina, il cameriere mi avvicina: “Ale c’è il tuo nuovo mister nell’altra sala"».
Casuale, ma il cameriere ne parla come il «suo nuovo mister...».
«Che il Napoli mi volesse non era un mistero, ma, io, era la prima volta che parlavo con Conte».
Ti entra nella testa, si dice di lui.
«Non è un luogo comune: ti entra nella testa per come lavora, per i consigli che ti dà, per le motivazioni che riesce a tirarti fuori».
In quelle settimane c’era il Napoli, ma anche la Juve: voci o vero interesse?
«Interesse vero: mi hanno cercato prima che da Napoli manifestassero la volontà di portarmi qui, ci ho parlato, ma ho parlato, spesso, con me stesso: non potevo tradire la mia storia, sono nato e cresciuto granata».
Tradotto: grazie, ma non se ne fa niente.
«L’ho spiegato a Thiago Motta, per me un grande allenatore. Quando si era fatta viva l’Atalanta, avevo deciso di rimanere al Toro dopo un giro di consultazioni (sorride, ndr) con familiari, amici, conoscenti. Quando si è fatta viva la Juventus ho deciso da solo...».
Meno tre al traguardo della stagione, più tre sull’Inter. Ci siamo?
«No, un passo alla volta».
Chiuda gli occhi: come si immagina una festa scudetto sotto al Vesuvio?
«Non li chiudo, ormai sono scaramantico».
Si sforzi.
«Non ha senso farlo, meglio l’effetto sorpresa».
Quando avete capito di poter duellare fino all’ultimo colpo?
«Napoli-Inter, 1-1: segna Billing, pareggiamo sul finale una partita giocata alla pari, se non meglio. “Allora siamo forti”, ci siamo detti tra di noi».
Conte ti entra nella testa e ti migliora: va così?
«Va così. Io credo di essere migliorato nella gestione della palla sotto pressione, nel dialogare con i compagni, nel guadagnare metri: ma, prima, bisogna saper difendere, guai a dimenticarselo».
Lukaku è l’attaccante che le toglieva il sonno: sue parole. Ora con Lukaku state vivendo un sogno insieme.
«Siamo amici, molto: ci cambiamo uno accanto all’altro. La nostra conoscenza è stata divertente: lui, per me, era un problema; io, per lui, anche. Giocando insieme eliminavamo ogni possibile contrattempo, ce lo siamo detti».
Quanto Toro è rimasto nei suoi pensieri?
«L’ho già detto: il Toro è la mia vita».
Superga, gli Invincibili, il 4 maggio...
«La commozione di Duvan (Zapata, ndr) mi ha dato i brividi: gli ho scritto un messaggio prima che leggesse i nomi di quella squadra unica al mondo e di chi se ne è andato insieme con loro».
Duvan capitano coraggioso.
«Capitano giusto, per qualità morali, atteggiamento e forza d’animo, in campo e fuori».
Scherzi del calendario, la spinta decisiva per il titolo potrebbe arrivare dai suoi ex compagni: domenica pomeriggio c’è Toro-Inter.
«Scherzi del destino, possono farmi un bel regalo...».
Il livello del nostro calcio si è abbassato o sta recuperando sempre più terreno?
«Sposo la seconda ipotesi».
Chi arriva da fuori, però, diventa (quasi) subito indispensabile.
«Ci sono casi e casi. Da noi, ad esempio, McTominay si è imposto perché ha caratteristiche uniche».
Calcio e studio, un rapporto che dà qualcosa in più: la pensa sempre così?
«Questione di metodo: studiare ti mette nelle condizione di migliorare l’attenzione durante la partita, ti offre gli strumenti per prendere la decisione migliore con maggiore lucidità. Ne sono convinto, posso testimoniarlo».
Studio e giochi investigativi o rebus o puzzle.
«Passa il tempo libero anche così: sono tutte attività che allenano la mente».
Un aneddoto napoletano?
«Mi piace raccogliere i proverbi in un quaderno: ce ne sono già moltissimi. E provo a farli miei».
Uno?
«Ero appena atterrato all’aeroporto, primo giorno in città: oltre al ritardo del volo, ecco l’inconveniente dei bagagli che non arrivano. “Cchiù nera ra mezanotte nun po’ venì”, dice una signora. Ci ho ripensato mentre lasciavo il campo per infortunio contro il Toro due settimane fa».
Più nera la notte non può essere... giusto?
«Spero di sì».
C’è la possibilità di rivedere Buongiorno sotto i riflettori prima della fine del campionato?
«Lavoro per la gara con il Cagliari, l’ultima al Maradona».
Già, Maradona...
«Sono andato due o tre volte sotto il murales di Diego: mi ero messo di tutto per non farmi riconoscere».
Cosa apprezza la gente di Napoli di lei?
«Do tutto me stesso, su ogni palla».
Il sei giugno l’Italia vola in Norvegia per la gara più delicata sul cammino delle qualificazioni mondiali.
«Spalletti si è informato sulle mie condizioni, vedremo».
Superga, gli Invincibili, il 4 maggio. Tornerà a Torino?
«Mai dire per sempre, mai dire mai...».
Dalla terrazza il mare è sempre uguale, sempre diverso. —