Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  maggio 09 Venerdì calendario

Ancora droni contro Port Sudan: «Bloccati gli aiuti per gli sfollati»

Dal 4 maggio Port Sudan è sotto attacco. I droni delle Forze di supporto rapido hanno ripetutamente bombardato la roccaforte dell’esercito sudanese. È la prima volta dallo scoppio delle guerra civile due anni fa che l’importante scalo sul mar Rosso viene colpito. Gli attacchi condotti con droni suicidi contro la città dove si è trasferito temporaneamente il governo militare con le organizzazioni umanitarie, le Ong e le congregazioni religiose dopo chela capitale Khartum era stata conquistata dai paramilitari nemici delle Forze di supporto rapido (Rsf), hanno preso di mira siti strategici come l’aeroporto – che viene usato sia dai militari sia dai civili – e i depositi di stoccaggio del petrolio causando grandi esplosioni che hanno fatto salire dense colonne di fumo nero verso il cielo.
Colpita anche la principale base dell’esercito nel centro di Port Sudan, con testimoni che hanno riferito che è stato colpito anche un hotel vicino. Un ulteriore attacco ha preso di mira un deposito di carburante nei pressi del porto. Finora gli attacchi non hanno causato morti, ma almeno 17 feriti.
Ora fanno notare, diversi osservatori, la situazione di insicurezza mette a rischio gli aiuti umanitari che arrivavano a Port Sudan considerata sicura fino a domenica scorsa. Il bilancio umanitario del conflitto in Sudan è pesantissimo, con 11 milioni di sfollati e tre milioni di profughi e milioni di persone a rischio fame. A seguito degli attacchi il governo sudanese martedì interrotto le relazioni diplomatiche con gli Emirati Arabi Uniti dichiarando uno stato di aggressione e accusando gli emiratini di aver fornito armi strategiche alle Rsf. Abu Dhabi ha subito respinto la rottura, sostenendo che l’esercito non rappresenta l’intero paese. Secondo Amnesty International in Sudan sono state identificate in effetti “sofisticate” armi cinesi fornite dagli Emirati Arabi Uniti alle forze paramilitari, “in palese violazione dell’embargo sulle armi delle Nazioni unite”. Immediatamente dopo l’ambasciata cinese in Sudan ha esortato i suoi cittadini a lasciare “immediatamente” il Paese in guerra, per l’aumento dei combattimenti e attacchi di droni da cinque giorni.
Resta invece a Port Sudan la rappresentanza diplomatica. I droni potrebbero essere partiti da Bosaso, nel Puntland somalo, sospettano o militari sudanesi, dove gli Emirati hanno una base. Le autorità locali hanno smentito. Se la parte orientale è stata colpita, ad ovest, in Darfur, la situazione umanitaria sta precipitando dopo gli attacchi delle Rsf alla città di El Fasher, ultima enclave dell’esercito nello stato ricco d’oro e al vicino campo profughi di Zam Zam dove le Rsf e le milizie a loro affiliate hanno compiuto stragi di civili seminando terrore. Magatte Guisse, Rappresentante dell’Unchr in Ciad ha espresso «profonda preoccupazione per il rapido aumento del numero di rifugiati sudanesi che attraversano il confine con il Ciad orientale». Secondo l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite solo nelle ultime due settimane sono arrivate quasi 20.000 persone, per lo più donne e bambini esausti e traumatizzati. Una rapida valutazione della situazione da parte dell’Unhcr e dei suoi partner dice che il 76% dei rifugiati appena arrivati ha subito gravi violazioni dei diritti umani, tra cui estorsioni, furti e violenze sessuali. Altre 10.000 persone starebbero cercando disperatamente di raggiungere il confine per sfuggire alle violenze.