Il Messaggero, 8 maggio 2025
Roma, spuntano dall’ex deposito Atac i resti di una città sotterranea: fossili, edifici e sepolture di varie epoche
Oltre duemila anni di storia: dall’epoca preistorica fino al Medioevo. E poi, una ripresa dell’utilizzo nel 1800. Sotto l’ex deposito dell’Atac di via della Lega Lombarda, a due passi dalla stazione Tiburtina e da piazzale delle Province e piazza Bologna emergono i resti di una vera e propria città: strade, sepolture di ogni età, luoghi di culto. Più svariati locali di cui ancora non si è in grado di stabilire la funzione, se produttiva o residenziale, ma che dovrebbero essere appartenenti al mondo dei vivi.
L’INTERVENTO
Nel 2010 parte un cantiere per eliminare il vecchio deposito dell’Atac, costruito all’epoca del Fascismo, a via della Lega Lombarda. Al posto del deposito, un programma di recupero e riqualificazione: «la rigenerazione urbana – spiega l’assessore all’Urbanistica, Maurizio Veloccia – è l’occasione e non l’ostacolo, anche per la valorizzazione e per la fruizione dei beni archeologici e, soprattutto, la sfida della conciliazione tra rigenerazione e valorizzazione è una sfida che si può vincere, come in questo caso: qui, a Lega Lombarda, abbiamo un progetto di rigenerazione che trasforma un deposito bus dismesso in una serie di servizi per il territorio, biblioteca, piazze, uffici. E che ha consentito questi ritrovamenti eccezionali». Piano piano, da sotto il capannone, emergono una serie di reperti. Gli scavi vanno avanti per tre anni. E servono ben due varianti al progetto originario più un nuovo progetto per sistemare e rendere visitabili i reperti archeologici.
Dice la soprintendente, Daniela Porro: «L’imponente scavo archeologico realizzato dalla Soprintendenza Speciale di Roma sotto la Città del Sole ha restituito testimonianze di un ampio arco temporale, che dal pleistocene arriva al VI secolo dopo Cristo, epoca dove si colgono chiari i segni di abbandono e spoliazione. Gli studi sui reperti ancora sono in corso e presto saranno presentati, rivelandoci le storie e i segreti di questo luogo affascinante, che si trova al II miglio della Tiburtina antica, testimonianza di quanto fosse articolato e diffuso il territorio dell’Urbs. Proprio per la rilevanza di questo ritrovamento la Soprintendenza sta realizzando un importante progetto di valorizzazione, già a bando e del valore di 400mila euro, con i fondi del Pnrr Caput Mundi che sarà ultimato il prossimo anno, al fine di renderlo accessibile ai cittadini della Capitale e ai visitatori».
Dagli scavi emerge una lunghissima frequentazione del luogo che dalla preistoria, attraverso varie fasi arriva all’Ottocento. La fase più antica ha restituito fossili di grandi mammiferi. All’epoca arcaica, risale un primo e duraturo sistema di drenaggio e irreggimentazione delle acque di falda realizzato attraverso cunicoli, pozzi, canalette e. poi, alcune sepolture, illustra Cristina D’Agostini, l’archeologa della Soprintendenza che sta seguendo lo studio dei reperti. Successivamente sorgono diverse strutture affiancate da una vasca monumentale. Sulla sponda di un fosso viene costruito un muro lungo 32 metri, con diverse aperture, tra cui una provvista di chiusa per regolare il flusso dell’acqua: dettagli che fanno ipotizzare un’area soggetta a frequenti allagamenti.
Siamo al periodo che va da Giulio Cesare e la fine della Repubblica fino al periodo imperiale: in questo lasso temporale vengono edificati complessi edilizi fondati sopra le strutture precedenti. Le parti più rilevanti del complesso (anche per il buono stato di conservazione), sono costituite da costruzioni dedicate al culto e un colombario, due ambienti semi sotterranei ricavati nel tufo della collina. Come a spesso accadeva in processo di tempo il complesso subì interventi di rimodulazione degli spazi, connessi al cambiamento di funzione di alcuni ambienti adibiti ad attività produttive.
AREA FUNERARIA
L’area funeraria rinvenuta, molto vasta, comprende anche un piccolo mausoleo semi-ipogeo a pianta quadrata e, su entrambi lati della strada, un gruppo di tombe a fossa scavate nel tufo, nonché due pozzi, di cui uno con funzione votiva.
Nel Medioevo la frequentazione è testimoniata da resti di semplici murature all’interno del colombario e dal rinvenimento di ceramiche medievali. Durante il Medioevo, la zona viene progressivamente abbandonata fino all’800, quando venne costruita una strada, con carreggiate in pietre di tufo rosso recuperate spgliando preesistenti strutture romane rinvenute nell’area di fronte l’odierna Via Arduino.