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 2025  maggio 08 Giovedì calendario

«Il duetto con il Principe per un debutto da sogno»

Il suo primo concerto romano se lo ricorda a malapena: «Sono passati parecchi anni. Era il 1977. Suonai in un teatrino a Trastevere. Avevo fatto solo due dischi. In platea c’erano Renzo Arbore e Mariangela Melato, curiosi di ascoltare questa cantautrice partita da Siena per prendersi le classifiche», dice Gianna Nannini. Sono passati quarantotto anni, da allora, e quella cantautrice in erba che prima di firmare un contratto discografico con la Dischi Ricordi lavorava nella pasticceria di famiglia è diventata un’autentica icona del rock italiano, complici successi come I maschi, Fotoromanza, Bello e impossibile, Sei nell’anima, Meravigliosa creatura, Latin Lover. Tutte hit che, insieme ai brani più recenti, a partire dal nuovo singolo Panorama (esce domani), non mancheranno il 26 giugno nella scaletta del concerto che vedrà la 70enne rockeuse esibirsi per la prima volta in carriera al Circo Massimo: «Sarà un’emozione unica. Con la sua storia, questo posto ha un valore sonoro oltre che storico e fa risuonare bene la mia musica. E con me – annuncia – ci sarà anche Francesco De Gregori: la regina del rock incontra il Principe».
Cosa canterete insieme?
«Una versione in italiano di It’s All Over Now, Baby Blue di Bob Dylan, adattata da Francesco».
Cosa la lega al Principe?
«Nel 1995 scrisse per me Ninna nera, un brano con il quale omaggiai il folk della mia terra, la Toscana. E poi duettando su Diamante, nel 2021, abbiamo scoperto che le nostre voci, insieme, funzionano. Ma di un disco insieme non se ne è parlato. De Gregori è sempre stato un mito, per noi cantautori. I discografici dicevano a noi emergenti: “Non sarete mai come Venditti e De Gregori”. Roberto Vecchioni ci stava male: il Principe era irraggiungibile. Io mi buttai sul rock, con California».
Il disco di “America”, inno alla masturbazione: sulla copertina, la Statua della Libertà teneva in mano un vibratore. Era il 1979. Reazioni?
«Brutte. La gente ai concerti mi lanciava i pomodori. Per non parlare dei fischi che ricevevo quando cantavo Me and Bobby McGee di Janis Joplin, un’altra intoccabile. Non era ancora l’epoca del rock, quella».
Quando riuscì a convincere finalmente il pubblico?
«Con Fotoromanza. Uscì nel 1984. Per scriverla, persi la mia identità: le parole mi venivano contro. Ritrovarmi è stato un lungo percorso. Ho anche provato a iscrivermi a Medicina all’Università. L’anno precedente Vasco con Bollicine aveva sdoganato il rock in Italia».
Con il re del rock, a parte il duetto del 2014 su “C’è chi dice no” per Hitalia, non c’è mai stato modo di fare qualcosa insieme?
«All’epoca dovevamo fare dei concerti insieme. Poi non se ne fece più niente. Ma ci siamo sempre rispettati. Quando nel 2014 gli dissi che stavo registrando una cover di C’è chi dice no accettò di intervenire: uno dei pochissimi duetti fatti da Vasco con altri artisti».
Chi sono il Vasco Rossi e la Gianna Nannini del 2025, in Italia?
«Bisogna cercare tra i rapper: forse Salmo e Anna. Alla censura dei testi rap sono contraria: è sbagliato attribuirgli le colpe di quello che accade nella società».
Oggi si è riaperto il dibattito sul corpo della donna. E delle popstar. Gino Paoli lo scorso anno ha detto: “Ieri avevamo Mina e Vanoni, oggi le cantanti che mostrano il cu”. Lei come la pensa?
«Elodie ha fatto bene a rispondergli. Una deve vestirsi come le pare. Punto. Io le gambe non le mostro perché non voglio rubare la scena alle altre (ride). La mia ribellione l’ho portata avanti in modi diversi, non adeguandomi alla famiglia, al business musicale».