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 2025  maggio 07 Mercoledì calendario

Israele, cresce la protesta dei riservisti: “Una follia l’idea di occupare Gaza”

«Einstein diceva che ripetere la stessa azione aspettandosi conseguenze diverse è stupidità». Probabilmente la citazione è apocrifa o un po’ aggiustata, ma rende bene l’idea di come il colonnello Eran Duvdevani, ex paracadutista in pensione, già ufficiale dell’Antiterrorismo, pilota d’aereo e animatore della protesta dei riservisti israeliani contro lo Stato maggiore, consideri l’operazione “Carri di Gedeone”, con cui Netanyahu conta di occupare, non si sa bene come e per quanto, la Striscia di Gaza. «Metterà ulteriormente a rischio la vita degli ostaggi, dei civili palestinesi e dei nostri soldati. Non si capisce il motivo. Perciò molti stanno evitando di tornare in servizio».
Si chiama grey refusal, rifiuto grigio. È quando, di fronte alla chiamata del comandante, il riservista non dice né sì né no, né bianco, né nero: la risposta è una sfumatura di grigio. «Antepongono ragioni familiari, riferiscono che non hanno più soldi, che verranno licenziati, che le mogli li stanno per lasciare…», spiega il colonnello sessantenne. «Non dichiarano esplicitamente di non voler più combattere perché incorrerebbero in guai legali. Ci sono due brigate di paracadutisti con cui sono in contatto, 3 mila uomini ciascuna, beh, so che solo il 40 per cento di loro ha accettato di partecipare alla nuova offensiva a Gaza. Dopo il 7 Ottobre si presentavano più di quelli che erano stati chiamati».
Parlare con Duvdevani e con alcuni giovani appena entrati nella riserva è utile per capire che lo Stato ebraico stavolta dovrà faticare per reperire un numero sufficiente di militari disposti a mettere in pratica il piano di Netanyahu. Che Smotrich, ministro della destra estrema e messianica, sintetizza così: «Distruggere completamente Gaza e Hamas, concentrare i palestinesi nel sud da dove potranno emigrare in paesi terzi, liberare gli ostaggi». Incurante della palese violazione del diritto internazionale e dell’accusa di stare attuando un piano di pulizia etnica.

Israele ha circa 300 mila riservisti a disposizione: fanno altri lavori, sono professori, ingegneri, baristi, informatici, ma possono essere richiamati per esigenze nazionali. «Di questi 300 mila, solo 100 mila sono combattenti», spiega Duvdevani. «Il resto sono amministrativi. Per “Carri di Gedeone” serviranno almeno tre divisioni in più, circa 20-25 mila soldati». Lo Stato maggiore intende spostare a Gaza i soldati di professione dispiegati al confine col Libano e in Cisgiordania, e di sostituirli con i riservisti.
Che, appunto, al 19 esimo mese di guerra inconcludente, sono riluttanti.
«Se mi richiamano forse andrò, ma solo perché non voglio abbandonare i miei commilitoni», fa Menachem, 24 anni, ex commando d’assalto. «Occupare Gaza è un’idea folle, priva di senso strategico. Siamo in mano a un governo di estremisti sulle cui scelte incide il timore di Netanyahu di finire travolto dalle inchieste penali». Menachem racconta che il “rifiuto grigio” non sempre funziona: «Dipende dal comandante, qualcuno è comprensivo e posticipa la chiamata, qualcun’altro fa rapporto e rischi la galera».
Un’inchiesta del quotidiano Haaretz sostiene che a questo giro fino al 50 per cento dei riservisti non tornerà in servizio, tra cui molti comandanti. «Il governo è preoccupato», osserva Michael Milshtein, uno dei più preparati analisti politici israeliani e anch’egli riservista. «Per questo girano numeri del reclutamento gonfiati e c’è tensione nella società». Un mese fa l’ex colonnello Duvdevani ha dato il via, insieme ad altri piloti civili, a un fiocco di neve diventato valanga: una lettera firmata da 970 aviatori, tra cui una 70 di riservisti, chiedeva al comandante dell’Air Force di riportare a casa gli ostaggi «anche a costo di terminare immediatamente la guerra». Gli alti vertici hanno reagito male, minacciando congedi irrevocabili e facendo pressioni sui firmatari perché ritirassero l’adesione. «Quindi la lettera è stata appoggiata da 2.534 paracadutisti e ora l’appello è arrivato a 120 mila firme, di cui 100 mila civili e il resto ex militari e riservisti». Duvdevni sostiene che i reparti dell’aviazione siano arrabbiati col Comando sud perché ricevono le coordinate degli obiettivi da bombardare senza essere informati della presenza di civili.
L’esercito non può permettersi defezioni, anche perché, tra feriti e traumatizzati, ha 16 mila unità che non può usare per eseguire l’ordine di Netanyahu. Che sarà dato solo dopo la visita di Trump in Medio Oriente la prossima settimana. «Dico a Hamas: vi faremo a pezzi, rilasciate i nostri ostaggi», avverte il premier in un video postato su X che sa di ultimatum. Ma il movimento islamista palestinese, a queste condizioni e con queste premesse, non sembra più disposto a negoziare.