Corriere della Sera, 7 maggio 2025
La difesa e i numeri (reali)
Possiamo anticipare che, con tutta probabilità, nel prossimo vertice della Nato, in agenda il 24 e il 25 giugno all’Aia, in Olanda, i leader europei accetteranno la proposta di Donald Trump di portare il livello di spesa militare fino al 5% del prodotto interno lordo. In quella percentuale, però, saranno comprese anche voci genericamente collegate alla sicurezza, come la protezione delle infrastrutture strategiche e altro. La quota strettamente destinata agli armamenti e ai mezzi militari dovrebbe aggirarsi intorno al 3,5-3,7%.
Da quando Trump è alla Casa Bianca, il tema della difesa è diventato centrale per la definizione di un nuovo punto di equilibrio tra gli Usa e la Ue. Il presidente americano e il suo vice J.D. Vance accusano noi europei di essere «parassiti». Non che sia una novità assoluta. Barack Obama, nel 2016 ci aveva dato degli «scrocconi».
Ma allora, visto che i governi europei, Italia compresa, si preparano a un aumento dell’impegno militare così impegnativo e così controverso, vale la pena porsi la domanda. Fino a che punto siamo i «parassiti» degli Stati Uniti? O, rovesciando il quesito: quanto spendono davvero gli americani per proteggere il Vecchio Continente?
Nella classifica Nato per spesa militare, gli Usa sono nel gruppo di testa con il 3,38% del prodotto interno lordo. Ben al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato nel vertice dell’Alleanza Atlantica, nel 2014, in Galles. Nove Paesi, tra i quali l’Italia, sono per ora in ritardo. In media, la spesa dei Paesi Ue si aggira intorno al 2% del Pil.
Messa così, è difficile dare torto allo Zio Sam. I numeri, però, andrebbero letti anche in un altro modo, perché spesso nascondono delle sorprese. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno destinato 841 miliardi di dollari alle forze armate, il celebrato 3,38% del pil (prendiamo questo anno per completezza dei dati). Ma in realtà solo una piccola porzione è stata utilizzata per difendere l’Europa, come risulta dal bilancio 2025, presentato dal Pentagono e approvato dal Congresso. Nel dettaglio le voci «European defence initiative», «Support to Nato» e altre minori totalizzano 16 miliardi di dollari (e nel 2025 saranno 15,4 miliardi di dollari) vale a dire l’1,9% della spesa militare totale. Tuttavia, si può obiettare che questa somma non tenga conto della quota parte di investimenti generali per l’acquisto e la manutenzione di armamenti e mezzi usati anche in Europa. Per avere un’idea più precisa possiamo, allora, rivolgerci agli studi più seri che risalgono al 2018 e sono tuttora considerati validi, poiché la struttura militare americana è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi sei anni. Sono due ricerche condotte dal Csis (Center for strategic and international studies) di Washington e dalla Commissione Affari Esteri del Senato Usa. Entrambe vengono citate nell’ultimo libro di un analista importante come il britannico Keir Giles: «Who will defend Europe?» chi difenderà l’Europa? (Edizioni Hurst,2024, non ancora pubblicato in Italia). Ebbene, il risultato finale è una forbice formata da due percentuali: il 4% e il 15% del bilancio della Difesa Usa. Vale a dire, ogni anno gli Stati Uniti stanziano, nell’ipotesi più prudente, circa 33 miliardi di dollari; oppure 126 miliardi (tutto compreso) per contribuire alla sicurezza dell’Europa. La prima cifra è pari più o meno a quanto spende oggi l’Italia per la difesa. La seconda equivale alla somma di Italia e Germania, ai valori attuali.
In conclusione, il contributo finanziario degli Usa è reale. Nessuno lo nega. Però da qui a dire che i contribuenti americani si stiano dissanguando per mantenere al sicuro gli alleati europei ce ne vuole. E parecchio. Il grosso dello sforzo militare Usa è diretto altrove: Medio Oriente, Africa, e, soprattutto, Indo-Pacifico.
Ma allora perché gli europei sono pronti ad aumentare il proprio contributo nel quadro della Nato? Secondo l’Istituto Bruegel di Bruxelles, serviranno 250 miliardi di euro per passare dall’attuale media del 2% al 3,5% sul Pil. La risposta è nei documenti preparatori in vista del summit di giugno. Gli europei non possono fare a meno dell’ombrello atomico americano e quindi per ancora un lungo periodo non possono immaginare un’Alleanza Atlantica senza gli Usa. Nello stesso tempo la guerra in Ucraina ha dato uno spessore diverso alla minaccia russa. Qui il dibattito è aperto. Sappiamo che per alcuni Paesi, come Polonia e baltici, il tema non è se Putin attaccherà l’Europa orientale, ma quando lo farà. Al momento, però, quasi tutti sono d’accordo che, in ogni caso, sia necessario predisporre una forza di deterrenza efficace. Da qui la convinzione che occorra investire di più. Nello scenario migliore l’apporto americano resterà costante; ma potrebbe anche ridursi. I Paesi europei saranno chiamati a provvedere alle nuove esigenze militari. Trump ha minacciato che neanche si presenterà all’Aia se non si fisserà la soglia al 5%. Nel breve periodo questo è un livello insostenibile anche per i conti pubblici degli Stati Uniti. Ma il presidente americano ne ha fatto un feticcio. A Bruxelles sta maturando la soluzione: concedere a Trump una vittoria politica simbolica, concordando sul 5%, ma aggiungendovi capitoli di spesa in altri settori, come la cybersicurezza, la vigilanza delle reti energetiche e altro ancora. Vedremo se sarà sufficiente.