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 2025  maggio 07 Mercoledì calendario

Di “Bene” in peggio: il flop. Carmelo stroncato a Cannes

Carmelo Bene non voleva essere un duro, voleva essere Orson Welles. Alla Settima Arte lo avviano Luigi Chiarini, allora direttore della Mostra di Venezia: “Sono sicuro che se farai cinema, sarà cinema”, e Flaiano, già “dolcemente rimproverato” per averne preso sul serio la Salomè in “un Paese dove niente si fa sul serio ma guai ad aver l’aria di voler scherzare. Tutti sono anticonformisti nel modo giusto, approvato, ma guai a essere anticonformista senza essere conformista”. “Che ne dice, vorrei fare del cinema”, e Ennio: “Il cinema lo faccia di corsa!… Non c’è più nessuno capace di sbagliare”.
Ciak, si gira: Carmelo in appena sei anni realizza cinque lungometraggi, Nostra Signora dei Turchi (1968), Capricci (1969), Don Giovanni (1970), Salomè (1972), Un Amleto di meno (1973), e quattro cortometraggi, A proposito di “Arden of Feversham” 2 (1968), Hermitage (1968), Il barocco leccese (1968) e Ventriloquio (1970). Il luogo d’elezione del Bene cinematografico è la Francia, e segnatamente Cannes: nel ’69 alla neonata Quinzaine des réalisateurs presenta Nostra Signora e Capricci, nel ’70 Don Giovanni e Hermitage, Ventriloquio nel ’73, anno in cui Un Amleto di meno trova il Concorso principale. Carmelo, nel memoir Vita, gongola: “A Parigi non potevo girare per le strade. La gente qualunque mi fermava, mi chiedeva autografi. Jacques Prévert si prese una passionaccia per il mio cinema” – e Truffaut adora Nostra Signora, “è appunto il film di un tipo che sa rendersi interessante”.
A ripercorrere la liaison tra il genio italico e i cugini d’Oltralpe è il bel saggio Carmelo Bene a Cannes di Carlo Alberto Petruzzi (in libreria da venerdì con Mimesis), che fotografa quel lustro, e poco più, di fondamentale importanza per la ricezione dell’opera beniana in Francia attraverso le interviste inedite a Pierre-Henri Deleau, fondatore della Quinzaine, Jean-Paul Manganaro, che organizzò la trasferta sulla Costa Azzurra, i critici Jean Narboni e Noël Simsolo. Un focus è dedicato al corto perduto Ventriloquio, tratto dal passo di Controcorrente di Huysmans in cui Des Esseintes scopa la ventriloqua che grida dal ventre: “Ti ammazzo, apri la porta! Che fai con mia moglie?”. Bene, osserva Simsolo, “recitava la scena in un modo straordinario ed è una delle cose più belle che ha fatto e anche una delle più azzeccate”. Lo stesso critico, sodale di Wenders e altri cineasti tedeschi, prova a fargli stringere amicizia con Werner Schroeter: “Tutti e due venivano dal teatro. Ma Carmelo voleva essere un eterosessuale sfavillante, mentre Schroeter, nonostante vivesse con Magdalena Montezuma, il nome che le aveva dato (era nata Erika Kluge), non nascondeva le sue avventure sessuali con dei ragazzi… Ma attenzione, Bene non era omofobo. La sua era solamente un po’ di gelosia…”.
Carmelo non era un compagnone, “non chiamava gli amici tutte le sere per vederli. Se non mangiava a casa andava Dal Bolognese, in Piazza del Popolo accanto al caffè Rosati. E dopo c’erano dei bar dove andava a bere un bicchiere o due, se non di più”. Nemmeno fraternizzava con i colleghi: ricorda Simsolo, “era lusingato che Godard e Truffaut lo stimassero ma niente di più…”, e “il solo cineasta con cui ho visto che succedeva qualcosa, dell’ammirazione reale, è stato Glauber Rocha”. Per il resto, “gli piaceva meno il Godard politico, lo innervosiva. Non si interessava a Chabrol. Aveva un vago interesse per Resnais ma, in compenso, Orson Welles era quello che sognava di essere”. Più che Orson, Bene si rivelerà orso, giacché l’estroversione scenica si accompagnava all’isolamento diurno, con reminiscenze leopardiane: “La natura è nemica dell’uomo. Non si deve uscire di casa”. L’avrà di certo pensato a Cannes ’73, dove il suo Un Amleto di meno viene oscurato da La grande abbuffata di Ferreri e La maman et la putain di Jean Eustache, che scatenerà l’ira della giurata Ingrid Bergman – e fuori concorso c’erano Truffaut con Effetto notte, Bergman con Sussurri e grida, Losey con Casa di bambola. Rammenta Simsolo, “la proiezione non fu un successo e poche persone vollero intervistarlo… ci siamo quindi trovati al bar dell’Hôtel Martinez e mi ha accusato di non aver fatto il lavoro necessario per la promozione del film, incarico del tutto volontario e amichevole… Abbiamo litigato un po’ e abbiamo cominciato a bere della chartreuse verde: Carmelo ne ha ordinate dodici per me e dodici per lui”. L’indomani, i postumi della sbornia non perdonano, e “a causa del nostro stato la conferenza stampa non andò troppo bene”. Insomma, il film cambiò titolo: di Bene in peggio.