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 2025  maggio 07 Mercoledì calendario

Aperta un’indagine sui Bronzi di Riace

Bisogna davvero fare uno sforzo di fantasia per trovare una giustificazione all’apertura, adesso, di una inchiesta sul ritrovamento, risalente a oltre mezzo secolo fa, dei Bronzi di Riace. I reati son tutti prescritti e moltissimi dei protagonisti (eventuali) e dei testimoni son passati a miglior vita. Eppure, la Procura di Siracusa ha deciso di investigare sulle due monumentali opere d’arte recuperate al largo di Riace nel 1972 perché – sospettano gli inquirenti – potrebbero avere nelle vene sangue siciliano e non calabrese. Una velleità di ricostruzione storica più che giudiziaria che mal si concilia con le criticità (mancano pm, personale amministrativo e investigativo) lamentate dall’Ufficio e con la stessa visione-missione della macchina della giustizia: perseguire i reati e non certo fare concorrenza ad Alessandro Barbero. E questo a maggior ragione considerando che si tratta di un fascicolo modello 45, relativo cioè ad atti non costituenti notizie di reato. Dunque, perché impiegare uomini e mezzi per inseguire i fantasmi del passato?
La tesi di fondo dei pubblici ministeri, guidati dalla procuratrice Sabrina Gambino, è che i due Bronzi di Riace si trovassero, fino al 1971, nei fondali di Brucoli, in provincia di Siracusa. Ne avrebbero memoria alcuni presunti testi dell’epoca tra cui un bambino, oggi attempato signore, che ricorda strani movimenti in mare. A riportarne le parole è stata l’edizione messinese della “Gazzetta del Sud”. «Galeoni spagnoli, anfore, c’era un po’ di tutto nei fondali al largo di Siracusa», ha spiegato al giornale Mimmo Bertoni, figlio di Pippo, titolare del ristorante “Il Trotilon” di Brucoli. «Avevo 10 anni e Jacques Cousteau (il grande esploratore e regista francese, ndr) realizzò un documentario: venne a trovare mio padre e, per condurre le sue ricerche, si avvalse di alcuni sommozzatori romani e calabresi. Secondo me, questi si accorsero delle statue ma non dissero nulla». Statue che poi il ragazzino avrebbe di lì a poco scrutato, probabilmente dopo il recupero da parte dei tombaroli avvisati dai sub. «Io le ho viste caricate da una barca piccola ad una più grande: quattro erano coperte ed una aveva la lancia, l’elmo e lo scudo. È un ricordo che avevo quasi rimosso. Ma anche altre persone lo hanno confermato». Dalle coste siciliane le sculture sarebbero poi finite in fondo al mare, a Riace, probabilmente per un problema alla barca che le trasportava oppure perché abbandonate frettolosamente durante un controllo.
Ipotesi che, peraltro, già in passato erano state battute dalle Procure di Locri e di Roma senza alcun risultato. A Siracusa però son convinti che dietro queste operazioni possa essersi nascosta la mano di un boss dell’archemafia che avrebbe avuto interesse a rivendere i preziosi reperti in Italia o all’estero. C’è addirittura una foto che mostrerebbe un “gemello” di uno dei Bronzi ripescato, proprio nel 1971, a Brucoli, da due sommozzatori. Se l’immagine fosse originale, e non ritoccata, creerebbe certamente un cortocircuito rispetto alla narrazione ufficiale che vuole la scoperta dei due colossi da parte del fotografo Stefano Mariottini a trecento metri dalla spiaggia di Marina di Riace durante una immersione. L’unica certezza è che ci troviamo di fronte a uno delle massime espressioni della genialità ellenica.
«I Bronzi di Riace sono tra i rarissimi originali del V secolo a. C. a noi pervenuti», spiega a “Libero” il professor Roberto Nicolucci, docente di storia dell’arte dell’università Guglielmo Marconi. «A lungo si è ritenuto potessero essere atleti, ma ormai ha preso piede l’ipotesi che si tratti di personaggi mitologici. Dinanzi a questi colossi, alti poco meno di due metri, e tuttora oggetto di infinite diatribe e discussioni, si resta sbalorditi e quasi annichiliti dalla potenza e dall’assoluta perfezione di ogni dettaglio, dalla solida e insieme sensibilissima percezione di ogni fibra del corpo alla saldezza titanica e sovrumana della posa».
Veri e propri tesori dal valore inestimabile che, pensano i dietrologi, furono segnalati a Mariottini con una soffiata per impedire che finissero nelle mani dei mercanti. «Dinanzi ai Bronzi la nozione della cultura classica che ancora ereditiamo dal ’700, quando la grande scultura greca in bronzo era rappresentata soprattutto dalle copie romane in marmo, si scioglie come neve al sole. Questi due eroi esprimono, al contrario, i portati di un naturalismo tutto sommato insuperato», conclude il professor Nicolucci.
C’è quindi da chiedersi: perché sciupare questa bellezza inarrivabile leggendola attraverso le lenti (ormai appannate dal tempo) del codice penale?