la Repubblica, 6 maggio 2025
Marocco, fronte del porto per fermare le armi dirette in Israele. Le proteste imbarazzano Rabat
Fronte del porto a Tangeri, nel Nord del Marocco, in nome della solidarietà con il popolo palestinese: i lavoratori portuali hanno incrociato le braccia a più riprese ogni volta che da Tanger Med, il porto di containers più importante del Mediterraneo e dell’Africa, passa una nave carica di armi e componenti militari, destinata a Israele. Questo avviene in uno dei quattro paesi arabi, il Marocco, ad aver sottoscritto con Tel Aviv la normalizzazione dal 2020, grazie agli accordi di Abramo: Mohammed VI tiene duro sulla questione, nonostante la guerra a Gaza, ma le manifestazioni contro questa scomoda alleanza non cessano dal 7 ottobre 2023. Hanno ormai coinvolto decine di migliaia di persone.
L’ultima frontiera del dissenso passa per Tangeri. Lì nel mirino si ritrova la compagnia danese Maersk, le cui navi sono utilizzate per trasportare pezzi di ricambio del comparto militare verso Israele. Già nel novembre 2024 due portacontainer erano stati deviati verso il porto, dopo che quello spagnolo di Algesiras aveva rifiutato l’attracco, per i sospetti di violazione dell’embargo imposto dalla Spagna a Israele. A Tangeri alla fine la nave aveva attraccato, prima di continuare il suo viaggio, ma numerosi operai avevano incrociato le braccia. È andata peggio lo scorso 20 aprile. Ancora una volta una nave di Maersk proveniva dal Texas e a bordo (anche se ufficialmente la compagnia non l’ha riconosciuto) viaggiavano pezzi di ricambio made in Usa destinati agli aerei militari F35, utilizzati da Israele su Gaza.
A Tangeri il carico è stato trasferito da una nave all’altra (dalla Detroit alla Nexoe). Ma anche lì la maggior parte degli operai si è rifiutata di lavorare e le operazioni sono state portate a termine solo grazie a portuali non sindacalizzati, mentre sul viale davanti allo scalo sfilavano migliaia di persone, scandendo slogan come “Il popolo vuole il divieto della nave” e “Niente armi per il genocidio nelle acque marocchine”. Il carico ha poi continuato il suo percorso, ma lasciandosi dietro in Marocco polemiche, arresti di simpatizzanti e un grande imbarazzo delle autorità.
Le proteste sono organizzate dal Fronte marocchino di sostegno alla Palestina e contro la normalizzazione con Israele, che mette insieme associazioni, sindacati e partiti politici. Insieme agiscono forze molto diverse, come la potente Unione marocchina del lavoro, il principale sindacato del paese, e gli integralisti islamici di Al Adl wal Ihsan, movimento non riconosciuto ma tollerato dalle autorità marocchine e che è anti-monarchico. Lo stesso Fronte organizza le manifestazioni che si tengono regolarmente, soprattutto a Rabat, la capitale, ma anche il boicottaggio dei prodotti di società accusate di lavorare con Israele, come Carrefour, che dal 2019 è legata con un accordo di franchising al gruppo marocchino Label Vie.
Il 10 dicembre 2020 il Marocco firmò l’accordo con Israele che comprende il riconoscimento degli Usa della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, rivendicato da una cinquantina d’anni dagli indipendentisti del Polisario, sostenuti dall’Algeria. Dopo il 7 ottobre 2023, Rabat, spinta dalla solidarietà della popolazione con la causa palestinese, ha ufficialmente chiesto “il blocco immediato della guerra israeliana a Gaza”, senza per questo rimettere in questione la normalizzazione. La cooperazione economica prosegue, in particolare nell’agricoltura, nell’agroindustria, nella pesca, l’acqua e la cybersicurezza.
Gli acquisti di droni presso gli israeliani erano già iniziati prima degli accordi di Abramo, ma si sono moltiplicati dopo la firma, nel novembre 2021, di un accordo quadro di cooperazione nella sicurezza. Il Marocco ha già speso 22 milioni di dollari per acquisire diversi droni “kamikaze” Harop del costruttore Israel Aerospace Industries (Iai), il cui presidente è l’ex ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, originario del Marocco. Nuovi acquisti di materiale israeliano nel settore sono in corso in questi mesi. In parallelo dal 2018 Rabat ha rotto le relazioni con l’Iran, alleato di Hamas: Teheran è accusata di appoggiare il Polisario. Nel complesso, per Mohammed VI questa situazione contraddittoria diventa sempre più imbarazzante.