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 2025  maggio 06 Martedì calendario

Gipi: “I miei maschi in crisi svelati ma senza disegni”

«Saranno guai, lo sai, vero?»: la prima domanda la fa Gipi.
Pseudonimo di Gianni Pacinotti, nato a Pisa nel 1963, è uno dei più importanti fumettisti e illustratori italiani, ma non solo. Ha girato film come regista (L’ultimo terrestre, 2011 eIl ragazzo più felice del mondo,
2018), sigle tv (Le invasioni barbariche ), è stato a lungo ospite di Propaganda live per cui ha realizzato anche diversi, surreali cortometraggi. Con i suoi graphic novel ha ottenuti molti riconoscimenti in Italia e all’estero tra cui quello per il miglior fumetto al Festival di Angoulême nel 2006 con Appunti per una storia di guerra. Solo Hugo Pratt e Vittorio Giardino c’erano riusciti prima di lui. Inoltre, nel 2014 il suo unastoria è stato il primo romanzo a fumetti candidato allo Strega, entrando nei dodici finalisti e dimostrando come il fumetto possa essere riconosciuto come una forma di alta letteratura.
Adesso invece ha realizzato il suo primo romanzo, Zaki e gli altri.
Gipi aveva iniziato a scriverlo 18 anni fa, tanto che ha influenzato vari graphic novel, in primis l’autobiografico La mia vita disegnata male ma solo adesso vede finalmente la luce.
Perché saranno guai?
«Beh, forse perché c’è un linguaggio molto diretto e senza filtri, perché ci sono molti personaggi maschili che sono, almeno all’apparenza, molto maschilisti».
A me sembra esattamente il contrario: si parla di razzismo in maniera antirazzista e di personaggi maschilisti ma in realtà molto fragili. In primis il protagonista, Zaki, che nella fulminante prima riga del romanzo vuole solo fare sesso, ma quando si innamora di Marion, la ragazza francese, non riesce più a farlo e non sa perché.
E questa cosa diventa un’ossessione per lui.
«Sono molto affezionato a questo libro e alla fine sono contento che sia uscito, anche se mi fa sentire male per molti motivi, anche se ormai sono abbastanza vicino al nirvana sociale. E poi un libro senza disegni mi fa un effetto strano ma doveva essere così».
Non c’è un disegno neppure in copertina.
«Me l’avevano chiesto, ma non mi piaceva l’idea. Però ho disegnato il pene sulla sabbia che appare in copertina, quello sì.
Con un amico fotografo ne ho tracciati 400 sul litorale di Ostia e proprio quel giorno mi hanno detto che è passato il satellite di Google Maps (ride ).A un certo punto è arrivata un’onda che si è mangiata metà del pene e ho capito subito che il disegno giusto era quello: mi sembrava concettualmente perfetto».
Tutto si svolge su un’isola che però non si nomina mai.
«No. Io so che è la Corsica perché il libro l’ho cominciato a scriverelì. Ero affascinato da questi piccoli paesini sul mare e da questi ragazzi che si animavano d’estate poi si spegnevano in inverno. Però ho eliminato ogni riferimento geografico, una fissa che avevo anche nei fumetti: non dare mai indicazioni spazio-temporali nelle storie di fantasia».
Quando è stato iniziato?
«Nel 2006-2007, poi l’ho rielaborato nel 2008, nel 2009-2010 e fino al 2015 credo.
Sono stati Elisabetta Sgarbi e l’editor Oliviero Toscani a convincermi a pubblicarlo.
Allora ho riscritto dei capitoli nuovi e ho aggiustato un sacco di roba. All’inizio non lo volevo pubblicare perché c’era mia madre viva e non volevo che leggesse tutte quelle cose di sesso. Quando è morta ho pensato che forse lo potevo pubblicare. Stavo già per firmare un contratto una volta, ma poi ho fatto anche un sogno: andavo in libreria, c’era il mio libro, lo sfogliavo ed era tutto fatto di piccoli trattini grigi, mi aspettavo di trovarci colori dentro e rimanevo deluso. Nonho più firmato».
Alcune cose del libro sono già presenti in altri lavori.
«Nel romanzo ci sono non so quante cose che poi sono fiorite nei fumetti. All’inizio pensavo di toglierle, ma non mi sembrava giusto perché era il romanzo il proprietario originale di quelle storie, non viceversa. Poi mi sono arreso al fatto che giro intorno alle mie ossessioni da sempre. E questa era la versione originale di quelle ossessioni».
Il romanzo riflette sul maschile (così come sul femminile) in maniera forte. Ad esempio affrontando un tema intimo di cui non si parla mai come l’impotenza.
«Uno dei motivi per cui ho deciso di farlo uscire sono state due email. Avevo parlato in un paio di interviste di questo romanzo su un ragazzo con questo problema, e mi scrissero due ragazzi chiedendo se si poteva leggere.
Glielo mandai anche se era inedito. Le loro lettere di risposta sono una delle cose più commoventi che mi siano successe. Mi dicevano quanto per loro era stato importantesentire quei temi raccontati in quel modo. Si sono sentiti meno soli. I ragazzi di oggi sono sotto un fuoco di fila spaventoso, oltre a essere sostanzialmente ignorati nei loro bisogni. Sono anche bersagliati da tante cose che li fanno stare male, a partire dall’idea della mascolinità tossica o che ogni uomo è un potenziale stupratore, tutte cose che io rifiuto completamente.
L’idea che il libro potesse essere anche un po’ utile, che potesse dare conforto a ragazzi che si sentivano soli come cani, mi ha convinto a pubblicarlo».
L’ansia di prestazione oggi è terribile, visto anche come è possibile accedere facilmente alla pornografia.
«Quando ero un ragazzotto trovavamo i giornalini porno nei campi, nei cantieri, lungo le strade. Dentro vedevi immagini di due persone normali che facevano sesso. Ora c’è l’americanizzazione del sesso, con dei membri e delle prestazioni che sono a metà tra le arti marziali e Cirque du soleil. Se tu sei un ragazzo normale e sei in continuo confronto con quello che vedi, inevitabilmente ti senti inadeguato. I ragazzini sono sottoposti a un fuoco di fila spaventoso, di inadeguatezza, e anche le ragazze sono sottoposte a delle domande quasi impossibili da soddisfare. Non vorrei passare da moralista ma vorrei solo che ci fosse un po’ più di compassione per i giovani maschi che stanno attraversando un pessimo periodo».
Nel libro ci sono riflessioni molto personali: per esempio quando Zaky pensa a quanto potrebbe essere bello essere gay. Nel gruppo di amici era un tema?
«Era il tema dominante. Noi eravamo veramente emarginati, le ragazze non ci consideravano. Il desiderio di tenerezza e di innamoramento è arrivato tardissimo per tanti di noi e soprattutto per me. Ho baciato la prima ragazzina a 17 anni, fatto l’amore a 18, quasi 19. Se sei brutto, con le orecchie a sventola, sei tagliato fuori. Quindi c’era questo pensiero che veniva spesso, soprattutto nei momenti in cui la nostra amicizia viveva giornate particolarmente belle: perché non ci piace anche fare sesso tra noi? Poi magari lo provi e non ti piace, però il pensiero c’era. È una riflessione che mi sembrava onesto mettere nel romanzo».
Ha sempre avuto una scrittura molto libera, anche rispetto al “politically correct”.
«Io oggi sono arrivato a un punto di chiarezza assoluta: non riconosco nessuna autorità morale a chi interpreta e giudica. Nessuno può sindacare le mie parole in un romanzo che non è obbligato a leggere. Non riconosco nessuna autorità ai censori moderni, di nessuna fazione politica. E ciò mi dà una libertà che difendo con forza».