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 2025  maggio 06 Martedì calendario

Un libro su un delitto dell’800 rilegato con la pelle del condannato

Libri rilegati in pelle umana? Non è una leggenda, nera, esistono e se ne contano almeno una trentina, anche se in genere sono sepolti nelle biblioteche e non troppo pubblicizzati. Ora però un museo britannico, il Moyse’s Hall Museum, a Bury St Edmunds, nel Suffolk, ne ha scoperto uno piuttosto famoso e ha deciso di esporlo, non senza ricevere critiche.
Non è del resto la prima volta che un ritrovamento genere crea un problema diciamo così etico. L’hanno scorso la biblioteca di Harvard annunciò di avere rimosso (e forse sepolto?) la rilegatura di un volume simile, un’edizione di Des destinées de l’ame dello scrittore e poeta ottocentesco francese Arsène Houssaye, che aveva una storia non poco macabra.
Lo aveva rilegato il suo primo proprietario usando la pelle di una poveretta morta in un ospedale psichiatrico. Era un medico con un gusto discutibile per la battuta, visto che aveva anche inserito nel volume un codicillo dove spiegava che un libro sull’anima merita un trattamento altrettanto umano. Bizzarrie positiviste.
L’Università per lungo tempo se ne era vantata, pubblicizzandolo; ma dopo polemiche e discussioni aveva deciso appunto di distruggere la legatura. Niente del genere per quella del Moyses’s Hall Museum, dal titolo An Authentic and Faithful History of the Mysterious Murder of Maria Marten, che invece ne va fierissimo.
L’uomo che, è il caso di dirlo, ci ha rimesso la pelle, si chiamava William Corder e sparò alla sua amate, nel 1827. L’episodio divenne noto come “il delitto del granaio rosso” e fece molto scalpore (come racconta per esempio Giorgio Leonardi in Le pulci dei Rothschild e altre strane storie di libri e di scrittori, opera consigliatissima – l’editore è Capponi – per chi desideri approfondire l’argomento): se ne occupò persino Dickens, e in tempi recenti Tom Waits gli dedicò una ballata, Murder in the Red Barn.
Il volume che ricostruisce questa brutta storia venne stampato poco dopo l’esecuzione capitale del colpevole, avvenuta in piazza, un anno dopo: davanti a una folla immensa.
L’aspetto curioso della vicenda è che il Museo ne possedeva già un’altra copia altrettanto macabramente rilegata, questa molto nota; questa è la seconda, e di essa il direttore Dan Clarke si sarebbe dichiarato fierissimo.
Proprio il fatto che il libro sia stato rilegato per almeno due volte a quel modo rappresenta un capitolo a suo modo fondamentale nella storia di una pratica diciamo quantomeno discutibile che ha pure nome, bibliopegia andropodermica, e si è sviluppata a partire dal Settecento. Ha scatenando le fantasie degli amanti dell’horror, benché avesse una solida base veritiera. Giorgio Manganelli, grande scrittore e grande cultore di metafisiche spettrali, coniò – o riprese – in pieno Novecento una celebre battuta sul nostro rapporto coi libri: «forse noi non siamo che libri rilegati in pelle umana». Ma la sua metafora intendeva tutt’altro.