ilmessaggero.com, 6 maggio 2025
Resinovich, la confessione del preparatore anatomico: «La frattura sul collo potrebbe essere opera mia». Come cambia la posizione di Visintin
Svolta nel giallo sulla morte di Liliana Resinovich. «Potrei aver procurato io quella frattura alla vertebra della signora». A sostenerlo è il preparatore anatomico che l’11 gennaio 2022, nella sala anatomica dell’obitorio di via Costalunga, partecipò all’esame autoptico sul corpo di Liliana. Come scrive il quotidiano Il Piccolo, lo specialista nei giorni scorsi si è presentato spontaneamente dagli inquirenti e dovrebbe a breve essere ascoltato dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, che dirige le indagini sul decesso della 63enne triestina trovata senza vita il 5 gennaio 2022.
Liliana Resinovich, i dubbi sulla frattura sul collo
Il tecnico – preparatore anatomico, o tecnico di sala settoria – è un giovane triestino il quale, come scrive Il Piccolo, non esclude che alcune manovre da lui stesso eseguite sul cadavere possano aver causato la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2, rinvenuta nel corso della seconda autopsia eseguita sui resti della donna, effettuata dall’antropologa forense Cristina Cattaneo. La frattura sulla vertebra è stata di recente oggetto di attrito tra la difesa di Sebastiano Visintin, il marito di Liliana indagato per l’omicidio della moglie – che non esclude sia stata procurata nel momento del ritrovamento del cadavere – e i consulenti dei familiari, di parere contrario.
Le dichiarazioni dello specialista, dunque, alimentano i dubbi.
La posizione di Visintin cambia?
Anche se la frattura non è un elemento che possa confermare o confutare la «dinamica omicidiaria estrinsecatasi a mezzo di soffocazione esterna». Il Piccolo ricorda che la frattura non era stata rilevata dalla Tac eseguita l’8 gennaio 2022, due giorni prima dell’autopsia.
I dubbi dei periti: come è morta Lilly?
È guerra di consulenze, dopo la relazione della Cattaneo che non esclude il suicidio, ma sposa la tesi dell’omicidio. Liliana, che lo scorso 26 aprile avrebbe compiuto 67 anni, sarebbe stata uccisa il giorno in cui è scomparsa e il suo corpo non sarebbe mai stato spostato dal punto in cui è stato ritrovato.
Intanto, a Sebastiano Visintin, unico finito nel registro degli indagati sono stati sequestrati indumenti e coltelli. L’uomo, continua a sostenere di essere estraneo ai fatti. E la sua difesa torna a parlare di suicidio. La tesi del suicidio, infatti, riemerge dal perito di parte incaricato dalla difesa (Raffaele Barisani) che, dopo aver analizzato le due perizie ordinate dalla procura di Trieste, sostiene che in nessuna delle due viene esclusa l’ipotesi del suicidio anche se nella nuova perizia, condotta dopo la riapertura del caso, è dato più peso all’intervento di terzi nella morte della 63enne, scomparsa il 14 dicembre del 2021 e trovata cadavere il 5 gennaio del 2022. Tra i dettagli della consulenza Cattaneo, si legge che Resinovich potrebbe essere stata soffocata con un braccio intorno al collo, nella cosiddetta manovra chokehold, Barisani ritiene che siano smentite da alcuni elementi individuati sul cadavere. «Questo tipo di soffocamento provoca di norma delle petecchie congiuntivali, si formano delle emorragie sottocongiuntivali, nel bianco degli occhi vediamo dei punti rossi, che non sono stati rilevati in Liliana» ha spiegato il perito incaricato da Visintin a Chi l’ha visto?, aggiungendo: «Il soffocamento da sacchetto invece di norma non determina questo tipo di emorragia».
Per Barisani l’asfissia sarebbe stata provocata da “plastic bag suffocation”, ovvero indotta dal fatto che la donna indossasse dei sacchetti di plastica sulla testa, tenuti con un cordino: l’anatomopatologa Cattaneo ha preso in esame questa possibilità, tuttavia l’ha esclusa poiché questa modalità suicidiaria è accompagnata da assunzione di alcol o farmaci, in questo caso non presenti. Per Barillari quindi è da prendere in considerazione anche l’ipotesi del suicidio con sacchetto. «La persona espira e inspira e il sacchetto si attacca alle vie respiratorie più volte. Procedendo con questa manovra perde i sensi e non ha l’istinto di togliersi il sacchetto dalla testa».
Gli oggetti sequestrati e i dubbi sulla sosia
Nel frattempo com’è noto, sarebbero stati sequestrati per le indagini oltre 700 coltelli, oltre che alcuni vestiti, in particolare quelli indossati da Visintin il giorno della scomparsa della moglie, come si nota nei filmati girati da lui stesso con la GoPro. Ma ora c’è un dettaglio che potrebbe cambiare tutto, ancora. Parliamo del video di sorveglianza in cui si vede una donna – giaccone chiaro, mascherina Covid, borsa a tracolla – camminare con dei sacchi della spazzatura in mano. Secondo gli inquirenti, quella donna è Liliana. Ma se non fosse lei? Nel video la donna indossa pantaloni grigi chiari. Ma Liliana, quando è stata trovata, aveva pantaloni grigio scuro. Pino Rinaldi, giornalista e volto storico di Chi l’ha visto?,e un’analista forense, Sara Capoccitti, che al caso si è dedicata con strumenti di precisione e – soprattutto – senza certezze assolute, il dubbio se lo sono posto. E se non è Liliana, allora cade l’alibi del marito Sebastiano Visintin, che a quell’ora si trovava altrove. Cade anche la ricostruzione dell’uscita volontaria. E soprattutto, si rafforza la pista dell’omicidio premeditato.
I pantaloni grigi non coinciderebbero, neanche la borsa nè tantomeno lo scaldacollo. Lilly, quel martedì mattina – giorno riservato all’incontro con l’amico speciale Claudio Sterpin – aveva lasciato a casa tutto: telefono, portafogli, e anche il mazzo di chiavi principale. Con sé aveva solo una copia che apriva una sola serratura. Ma il marito giura che la porta era chiusa con entrambe. Inoltre c’è un’altra cosa che non torna dalla ricostruzione. Alle 8.22 Liliana chiama l’amante, ma la telefonata si interrompe in modo brusco. Sterpin disse: «Mi congedò in modo sbrigativo». E alle 8.30, più o meno, secondo i video, sarebbe uscita di casa. Ma cosa è successo in quei minuti? Qualcuno era già dentro? O forse è entrato subito dopo?
La “sosia” smentisce
In rete si parla, supportati da ipotesi dell’amico speciale Claudio Sterpin, di come la donna ripresa dalla videosorveglianza la mattina della scomparsa non sarebbe affatto Liliana Resinovich, bensì una “sosia”: Lilly sarebbe rimasta a casa quel giorno e lì sarebbe stata uccisa. Ma non c’è traccia in realtà di un’altra donna.
Tranne per una dettaglio. C’è una persona le cui immagini stanno circolando sui social network: si tratta di una donna, anche lei di Trieste, che compare, in uno scatto pubblicato sul suo profilo Facebook, accanto a Visintin. Secondo molti utenti, quella donna potrebbe essere la “sosia”. Tuttavia questa persona smentisce seccamente a “Chi l’ha visto?”: «Non so dove ci sia tutta questa somiglianza», ha commentato riferendosi a un’immagine in cui indossa cappello occhiali e sciarpa. La donna in questione inoltre avrebbe un alibi: il 14 dicembre 2021 stava lavorando nella sua frutteria, e conoscerebbe non solo Visintin, ma tutte le persone che hanno avuto un ruolo, più meno di primo piano, in questa vicenda.
Le dichiarazioni dell’albergatrice
Nell’intricato giallo sulla morte di Liliana Resinovich entra ora in scena anche Jasmina Zivkovic, albergatrice di Gorizia amica della vittima. L donna è stata sentita in Procura dalla pm Ilaria Iozzi, titolare dell’ inchiesta sulla morte di Liliana ed ha rilasciato importanti rivelazioni. Nessuna notizia è trapelata in merito ai contenuti del colloquio ma è molto probabile che i magistrati l’abbiano convocata per mettere nero su bianco dichiarazioni che la donna aveva già fatto in passato alla stampa. Secondo la donna, Lilly e Sebastiano Visintin, ora unico indagato per omicidio volontario, erano alla fine della loro storia, tanto che Liliana avrebbe più di una volta chiesto di prepararle un altro letto per evitare di dormire insieme con il marito, se non forse in un’altra stanza. Di tutt’altro avviso invece Sebastiano che ha sempre detto che il rapporto con Liliana era sereno e felice.