la Repubblica, 5 maggio 2025
I pentiti di Chinatown: “Ecco come è scoppiata la guerra delle grucce”
Nella comunità cinese di Prato, per la prima volta, qualcuno ha deciso di rompere il silenzio e vuotare il sacco con i magistrati. I primi collaboratori di giustizia svelano i retroscena sulla “guerra delle grucce”: una faida sotterranea per il controllo del redditizio mercato della produzione industriale, condotta con minacce, pestaggi e tentativi di omicidio. I “dichiaranti” descrivono un’organizzazione criminale che usa metodi mafiosi e regola il mercato tessile parallelo della città, con il suo carico di sfruttamento, immigrazione irregolare e riciclaggio di denaro. Siamo nel cuore industriale della Toscana, tra i capannoni polverosi di una città parallela che è cresciuta quasi sotterraneamente. Governata da regole antiche: omertà, paura e denaro. Adesso, per la prima volta, quella cortina di silenzio si è incrinata. Alcuni membri della comunità cinese, per decenni impenetrabile, decidono di raccontare ai magistrati la guerra sotterranea che insanguina la Chinatown più grande d’Europa che nell’ultimo anno sta mietendo vittime e creando terrore nella comunità di Prato, allargando la violenza fino a Roma e Madrid.
I collaboratori
Meng Chang Zhang, 43 anni, è tra i primi a parlare. Conosce a fondo i clan che controllano il mercato parallelo della produzione industriale. «Nel settore delle grucce c’è chi detta legge. Se abbassi i prezzi, vieni colpito», racconta ai pm. Aggiunge: «Mi hanno aggredito fuori dal Number One di Prato, colpendomi alla testa con una teiera di vetro e poi accoltellandomi all’addome». «Ho una ditta di grucce, ma formalmente il titolare è un’altra persona, mentre io sono di fatto l’amministratore», spiega il dichiarante, ricostruendo le scatole societarie. «In questa società siamo diversi soci, ma di alcuni non conosco il nome, solo il soprannome», aggiunge.
Oltre a Meng Chang Zhang e al fratello, vi sono altri due imprenditori cinesi e due lavoratori pakistani vittime di azioni violente che hanno scelto di collaborare con la giustizia.
Dall’appello de 6 febbraio scorso fatto dal procuratore Tescaroli, sono 56 i lavoratori pakistani, cinesi e del Bangladesh che hanno intrapreso la via della collaborazione o della denuncia con i magistrati di Prato. In cambio la procura assicura a chi collabora una sorveglianza e un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Questo tipo di permesso, però, non garantisce una protezione come quella che ottengono i collaboratori di giustizia.
Il sistema criminale
Dietro l’apparente innocenza di appendiabiti e stirerie si nasconde un sistema criminale che applica il metodo mafioso e regola un mercato da centinaia di migliaia di euro al mese. Chi osa ribellarsi viene minacciato, picchiato, sabotato. Una guerra economica degenerata in scontri fisici, culminata in una spirale di violenze: tentati omicidi, raid incendiari, pestaggi. E morte.
Changyong Zhang, 41 anni, ricorda bene l’inizio della faida: «Quando con mio fratello siamo entrati nel mercato, il prezzo era di 27 centesimi a pezzo. Siamo riusciti ad abbassarlo a 5,8 centesimi. Da quel momento sono iniziate le minacce: “Se non te ne vai ti ammazziamo”». Una competizione feroce, governata da riunioni clandestine dei membri dei clan dove si decide chi colpire e chi lasciare vivere. «Penso che la mia aggressione avesse anche l’intento di dare un segnale a tutte le persone che sono in concorrenza», dice Meng Chang Zhang.
Il dichiarante mette a verbale che teme le vendette e le ritorsioni anche nei confronti dei familiari e chiede se può a quel punto essere disposta l’espulsione degli indagati in Cina. Il procuratore Tescaroli assicura che il suo ufficio farà tutto quanto nelle sue possibilità per scongiurare i rischi di una ritorsione.
Prato sotto assedio
La città, un tempo simbolo del tessile italiano, oggi è campo di battaglia di una guerra senza quartiere che negli ultimi mesi si è spinta fino a Roma, con due omicidi, e un attentato incendiario a Madrid ad un deposito, sempre collegato ai cinesi di Prato. Al centro, il controllo della produzione di grucce e della logistica dei “pronto moda”. Ma dietro la faida si cela un sistema criminale ben più ampio: traffico di esseri umani, gioco d’azzardo, prostituzione, contraffazione.
Negli ultimi dodici mesi, le strade di Prato sono diventate teatro di almeno quindici episodi di violenza documentati. Una scia di sangue e paura che ora inizia a emergere grazie alle prime collaborazioni con la giustizia gestite dal procuratore della Repubblica, Luca Tescaroli. I nomi dei nuovi “dichiaranti” stanno sbucando fra le carte processuali dove vengono depositati i verbali con le loro accuse e rivelazioni. Sono parole che aprono gli investigatori ad un mondo criminale poco conosciuto in Italia, che però è diventato potente, anche per la forza economica.
Il denaro invisibile
Ma la violenza è solo la superficie. Sotto, scorre una fitta rete finanziaria occulta che collega Prato a Hong Kong, Pechino, Wenzhou. Attraverso il “Chinese Underground Bank System”, milioni di euro vengono trasferiti e riciclati fuori dai canali ufficiali. Un sistema parallelo che si avvale di triangolazioni con società fittizie in Ungheria e Slovenia, sfruttando il “Regime 42” dell’Unione Europea, che consente l’importazione sospendendo l’Iva.
Il procuratore Luca Tescaroli ha ricostruito una mappa impressionante: tessuti mai spediti, fatture false, container provenienti dai porti di Capodistria o del Pireo trasformati in bombe fiscali. Passaggi di grosse somme di denaro verso l’estero. Solo nel biennio 2023-2024, oltre 15 milioni di metri di tessuti sono stati sequestrati. E sono stati scoperti centinaia di milioni di euro di evasione fiscale.
Quando i magistrati chiedono a Meng Changyong Zhang l’origine dei finanziamenti, lui non esita: «600 mila euro versati a tranche sul conto della nostra azienda, in parte da società di abbigliamento di Prato, in gran parte dall’Ungheria». Ogni azienda dura poco più di un anno: il tempo di incassare, eludere i controlli e scomparire, lasciando prestanome ignari o compiacenti.
La sfida del futuro
Oggi Prato si trova a un bivio. Da un lato, l’energia imprenditoriale della comunità cinese che ha rivitalizzato il distretto tessile. Dall’altro, l’infiltrazione di un sistema criminale silenzioso che soffoca l’economia onesta. La guerra delle grucce è il simbolo di una battaglia più ampia: una lotta per il dominio, per il denaro, per il silenzio. E ora, con i primi collaboratori di giustizia che spezzano l’omertà, la città comincia a capire quanto alto sia stato il prezzo di quel silenzio.